IL BELLO, IL BRUTTO E IL CATTIVO – di Laura Trappetti
Peppino Impastato, ammazzato dalla mafia nel maggio del 1978, disse “Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà (…) perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”. Il problema è: come si insegna la bellezza? In teoria si fanno tanti discorsi, si parla di arte, di valorizzazione del paesaggio, di monumenti, con tutti gli annessi e connessi, tipo che in Italia potremmo vivere solo di questo. Concetto ripetuto così tante volte, da sembrare quasi una favola. In realtà è vero: potremmo vivere, se non solo, in larga misura di questo. E’ anche vero che avere esperienza del bello stimola l’intelligenza, aiuta a progettare cose migliori, ci rende più attivi e partecipi. Eppure in pratica tutto sembra remare contro. Ti guardi intorno e vedi incuria, abusi, degrado urbano, consumo di territorio, opere devastanti, bruttezza che invade ogni scorcio. Perché? Parrebbe voluto, perché se è vero che creare cose belle costa fatica e denaro, è anche vero che pure quelle brutte costano e ci vuole impegno. Viene dunque da pensare che la creatività, che tanto si decanta, sul piano concreto si traduca in esiti pessimi, ché creativi sono anche quelli che immaginano brutti luoghi, brutte opere, brutti interventi. Questi sono instancabili, una fucina di idee orribili che non si arresta mai. Ci si prova pure a insegnare la bellezza, si fanno progetti, si lanciano idee, ci si impegna nella tutela del territorio, per diffondere buone pratiche, per promuovere cultura,arte, teatro, benessere, qualità. Gli apostoli della bruttezza sono più forti: frenano, mettono paletti, ti rendono complicata ogni azioni e nel frattempo erigono sempre nuove, indecenti cattedrali. Sotto si muove un magma di indefinizione, tutto è uguale a tutto e viene scambiato per parità: un’iniziativa è come un’altra, non ci sono più gli strumenti cognitivi per distinguere. Invece no: il brutto non è uguale al bello. Se proprio non si può fare a meno di lesinare i centesimi, gli spazi, le opportunità, che almeno sia tagliata prima la bruttezza: chi produce cose brutte e volgari avvelena anche te, diciamogli di smettere.