AREA, la storia di una band “controcorrente” Pt 2

Nel 1974 Ares Tavolazzi entra in pianta stabile nel gruppo prendendo l’eredità del basso e questa è la formazione che rimane più stabile nel tempo. Anche il suono cambia abbandonando ancora maggiormente la formula canzone popolare per accostarsi sempre di più a quella “rivoluzionaria” in tutti i sensi. Il nuovo lp si intitola “Caution Radiation Area”, con quella copertina raffigurante il simbolo di “pericolo radiazioni”, angosciante quanto premunitore, pensando che di lì a pochi anni di distanza succederanno disastri quali Seveso e Chernobyl! L’attività live è sempre più frequente, il fenomeno si trasmette di voce in voce sempre più velocemente sino a raggiungere la nomina di “evento”. Ma tornando al disco, la prima cosa che balza all’ascolto è la chiara voglia dei ragazzi di non ripetersi, in questo vinile c’è solo un brano popolare, il primo: “Cometa Rossa”. Questo in qualche modo richiama alla mente il suo più famoso predecessore “Luglio, Agosto, Settembre (nero)”. Free Jazz ed elettronica i due binari su cui poggia il treno Area. In generale resta un disco non semplice da digerire e si conclude con la volutamente fastidiosa “Lobotomia”, quattro minuti e mezzo di crescendo sonoro rumoristico al limite della sopportazione.

Ma è nel 1975 che il quintetto raggiunge l’apice dell’ispirazione artistica con il disco più bello della loro carriera a detta di molti critici: “Crac!”. Gli Area ridisegnano, come in un famoso quadro di Escher, se stessi proponendoci una musica senza tempo. Ora sembra che abbiano trovato il perfetto equilibrio fra la sperimentazione e la musica più cantautoriale. Nel disco c’è citata una frase di Buenaventura Durruti “Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te” e questo è l’attuale pensiero Area. I due pezzi più importanti del disco sono “L’elefante Bianco” e “La Mela Di Odessa (1920)”, ma questa volta è l’insieme che convince. I tempi ora sono maturi per un disco live.

E’ la volta di “Are(A)zione”, che viene registrato in diverse date, dal concerto al teatro Uomo di Milano del 1974, alla festa del Proletariato Giovanile nel Parco Lambro sempre a Milano, ed ancora Tournèe di Lotta Continua per il Cile (ottobre 1973) e sempre festa Proletaria alla Palazzina Liberty di Milano il 1° maggio 1975. Questo prodotto è così ricco di grandi sonorità che ancora oggi mette ko la grande maggioranza di dischi ottici live. Impressionante l’energia che fuoriesce dai solchi, molti cavalli di battaglia quali “Luglio…”, “La Mela Di Odessa”, “Cometa Rossa” ed una bella esecuzione dell’ “L’internazionale”. Ascoltando il concerto è palese che il gruppo è nato per essere fra la gente, per la gente.

Gli anni passano, come nuvole che volano sopra le nostre teste, facendo il buono ed il cattivo tempo del nostro modo di vivere, infatti anche in ambito musicale qualcosa sta mutando, inevitabilmente. La cultura, lo sviluppo e quant’altro, nel contesto, fanno si che il Progressive cominci a dare i suoi primi segni di cedimento. Gli Area lo sanno, se ne accorgono, lo vivono ed è per questo che danno alla luce questo lp disperato , come un grido nel buio, dal titolo “Maledetti (Maudit)”. Non è proprio un vero canto del cigno, ma al contrario è la risposta ad una società che cambia, la voglia di non morire (artisticamente parlando), il fatto di dire “ci siamo sempre e non ci arrendiamo”! Più la musica è Pop più gli Area si discostano perseguitando quei lidi dove il Pop si incontra con l’improvvisazione del Jazz ed il Rock. Demetrio porta al limite la sua voce ed il prodotto rimane molto ostico (anche se bellissimo) al più del popolo musicale. Ma, nella musica, non si può far finta di nulla ed ignorare il cambiamento che si sta manifestando, ricordiamoci che essa è sempre il mezzo di comunicazione più diretto con la massa (almeno in questi tempi), quando ancora la tv non è pregna di tutti questi canali e personaggi che la farciscono. Allora ecco la naturale necessità di collaborare con artisti differenti e di arricchire il proprio bagaglio culturale sonoro, il gruppo assorbe in se artisti del calibro di Eugenio Colombo (Kazumba), Hugh Bullen (Basso elettrico), Walter Calloni (Batteria), Steve Lacy (Sax Soprano), Auton e Josè Arze (Txalaparta), Paul Lytton (Percussioni), Umberto Benedetti Michelangeli (Violino), Armando Burattin (Viola), Paolo Salvi (Violoncello) e Giorgio Garulli (Contrabbasso). Per dirla in parole povere, questo è il fare della necessità virtù. Il disco di per se pulsa di vita propria ed accontenta chi l’ascolta, almeno coloro che credono nel mondo Area e scontenta tutti quelli che nella musica cercano la spensieratezza o quanto meno pezzi alla “Luglio….”. “Maledetti” è l’elevazione alla massima potenza del rapporto fra arte e vita.

Il disco “Event’76” chiude un periodo storico artistico che mai più potrà ritornare è un album scontato, non tanto per la commercialità che si presenta agli antipodi del prodotto stesso, ma quanto per l’esagerata voglia di apparire “Diversi”. Questo viene registrato dal vivo nell’aula magna dell’università statale di Milano e non dalla totalità del gruppo ma bensì da Fariselli, Stratos e Tofani coadiuvati da Paul Littoni (percussioni) e da Steve Lacy (Sax Soprano). Il disco si dirama in due suite dal titolo “Caos pt.2”, il lato A e da “Caos pt.2” e “Event ’76” il lato B. Stupefacente l’alchimia fra il pubblico ed i componenti del gruppo, evidentemente sanno colloquiare con gli stessi in maniera eccelsa, dimostrando che anche con una musica difficile ci si può far capire. Se dovessimo nel tempo cercare un aggettivo che possa sposare la causa Area è sicuramente “Sincerità”, cosa assolutamente rara (se non unica) in questo mondo artistico composto da sette il cui unico scopo è vendere. Certo, tutti lavoriamo per il denaro, ci mancherebbe altro, dobbiamo “sopravvivere” ma è proprio questo il punto che voglio sottolineare a tutti coloro che non conoscono il gruppo: gli Area sono vissuti per un IDEALE (giusto o sbagliato che sia), aggettivo che oggi non esiste quasi più e di questo ne dobbiamo prendere atto. Testimonianza di questo periodo musicale è il bel live “Parigi-Lisbona”.

Nel 1978, il Punk prende in mano le redini della rivoluzione sonora con Sex Pistols e compagni, ma chi vive di ideali non si vuole assolutamente rassegnare al sistema “media”, come un cieco continua per la sua buia strada e questa, purtroppo per Demetrio, risulta essere un vicolo cieco. Il disco si intitola “1978 Gli Dei Se Ne Vanno, Gli Arrabbiati Restano!” e si adegua in qualche modo al mondo Pop, ritornando inaspettatamente alla formula canzone lasciando la strada delle composizioni logorroiche ed improvvisate. Questa scelta è molto intelligente, permette all’idea di intrufolarsi nella gente senza morire in disparte come un animale che si allontana per espletare il termine della sua esistenza. Ma questo disco è il capolinea per il povero Stratos che, come detto in precedenza, ci abbandona per una cattiva leucemia nel 1979.

Da segnalare, per concludere questo excursus , il buon disco strumentale del 1980 dal titolo “Tic & Tac” (CGD) dove il brano “La Torre Dell’Alchimista” la fa da padrona. Ma oramai siamo nel Free Jazz più puro, il mondo Area si conclude qui, ci sono moltissime altre uscite come raccolte dei migliori brani, cofanetti live e collaborazioni dei singoli componenti, ma questo è tutto.

Concludo non con una solita considerazione, ma con una domanda: oggi, chi sono gli Area?  (Salari Max)

ASCOLTO: Comenta Rossa: https://www.youtube.com/watch?v=YatiMoCVcNs

                          Gioia E Rivoluzione: https://www.youtube.com/watch?v=I25uz8Tpfug

                          La Mela Di Odessa: https://www.youtube.com/watch?v=dNGZYm0hzCg

RECENSIONE

HOLOCAUST – Covenant

Neat Metal Records

Genere: NWOBHM  –  Supporto: cd – 1997

Piccoli gioielli spesso sono soffocati da migliaia di uscite discografiche di basso spessore, ci si accorge sempre troppo tardi della loro esistenza, oppure al tempo non si è dato il giusto peso all’opera in questione. Accade sempre più spesso, anche se il caso dei mitici Holocaust è davvero particolare. Sono una band di Boston, ma si formano nel 1977 a Edimburgo in Scozia. Fanno parte della famosa corrente NWOBHM (New Wave of British Heavy Metal), quando alla fine degli anni ’70 il Punk va ad incrociarsi con l’Hard Rock. Per fare alcuni nomi vi cito Iron Maiden, Judas Priest, Def Leppard, Elixir ed i Praying Mantis. Ebbene, agli esordi sono un quintetto capitanato dal vocalist Garry Lettice. Le influenze dei Black Sabbath sono marcate e la chitarra di John Mortimer padroneggia in ogni solco. E’ proprio questo il problema, John, o meglio la sua personalità, è troppo ingombrante nel gruppo e questo farà si che gli Holocaust si sciolgano molto presto, salvo poi ricomparire nei più recenti anni ’90 (precisamente1992) sotto la forma di trio e con solo John superstite del combo.

Ma ritorniamo per un momento indietro nel tempo per ricordare un gioiello che i cavalieri metallici ci hanno lasciato, ossia quel “The Nightcomers” (1981) che racchiude in se gioielli come “Shoot The Moon” e “Death Or Glory”. Indispensabili per la NWOBHM ma veramente sfortunati in campo di vendite.

Detto questo, veniamo a “Covenant” che è inaspettatamente spettacolare, quel disco che non ti aspetti, oscuro, greve, a volte mastodontico nel suo caracollare ritmiche pesanti, eppure tutti i brani godono di una melodia stupenda, di facile memorizzazione. Brani che si stampano facilmente in testa e che non restano difficili da cantare assieme a loro.

Con John Mortimer suonano Steve Cowen alla batteria e Graham Hall al basso. Dieci brani per più di un ora di musica, compresa una strepitosa suite dal titolo “The Battle Of Soaring Woodhelven”. Ci sono pezzi addirittura quasi radiofonici da quanto sono orecchiabili, come ad esempio “We Shall See Him As He Is”, ma non per la durata (più di sei minuti). Buono il cantato e tutto il Metal degli anni ’80 rivive in ogni nota dell’album. La chitarra è roboante, un macigno che ben si sposa con il mastodontico suono del basso. Un equilibrio così perfetto come raramente si può ascoltare in questo ambito.

Gli Holocaust nel tempo danno alla luce altri due buoni dischi, “The Courage To Be” nel 2000 e “Primal” nel 2003.

L’unica cosa negativa di “Covenant” sicuramente è la copertina, li si che qualcosa di meglio si poteva fare.

Da ricordare anche un triste episodio, Il bassista originale Robin Begg è morto nel 1990 per una caduta accidentale. MS

ASCOLTO : Return To Dust https://www.youtube.com/watch?v=cEEqM19MZ-w

SUCCEDE A FABRIANO

Il libro di Max Salari ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 – 2013 è stato stampato dalla Arcana Edizioni. Uscirà il primo marzo.

Il libro che sino ad ora è mancato nelle librerie musicali!  Perchè?  Dove tutti si fermano a dire che il genere è morto nella fine degli anni 70, io inizio a dare luce a tutti coloro che invece esordiscono discograficamente  proprio dal 1980  al 2013. Se il Progressive Rock oggi in Italia ha ancora vita, è proprio grazie a questi artisti che hanno lottato contro le mode e contro i tempi.Non si parla dunque di discografia di PFM, BANCO, AREA, ORME etc. etc., tuttavia i citati vengono sempre tenuti in considerazione come punti di riferimento.A tutti gli effetti è una mini-enciclopedia sul genere, la prima!

Il libro contiene:

– Una  prefazione riguardo il Progressive Rock Italiano.

– Schede descrittive delle band che esordiscono negli anni senza la discografia “Live” ma solamente in studio”.

– Interviste ai protagonisti di questa nuova linfa musicale: Nico “Nik” Comoglio, Lucio Lazzaruolo, Claudio Milano, Mauro Montobbio, Alessandro Papotto, Walter Pini, Edmondo Romano, Cristiano Roversi, Luca Scherani, Alessandro Seravalle, Alessandro Seri, William Toson, Gianni Venturi e Fabio Zuffanti.

– Conclusioni con le impressioni sul significato oggi del termine “Progressive Rock”.

Uno sforzo di ricerca annosa dettato dall’esperienza di recensore da parte mia, con la fortuna di avere con me molti dischi al riguardo, il resto lo ha fatto la mia curiosità nel web. Spero che sia di vostro gradimento, un lavoro enciclopedico, consultivo, da leggere ed esaustivo.

IL LIBRO USCIRA’ L’1 MARZO. Per tutte le info al riguardo, e le future presentazioni  vi rimando alla pagina facebook:

https://www.facebook.com/rockprogressivoitaliano19802013