Dottoressa Rosa Rita Silva: “Curare con cura”, un 8 marzo dedicato alle donne guerriere

“Curare con cura”, un motto che da anni accompagna l’instancabile impegno professionale della dottoressa Rosa Rita Silva, direttore Dipartimento Specialità Mediche AST Ancona e direttore della Struttura Complessa Oncologia Medica presso l’Ospedale Profili di Fabriano. Al netto dell’affetto e della stima che personalmente nutro per Rosa Rita, ho ritenuto che fosse la persona più giusta oggi per augurare un felice 8 marzo a tutte le donne coraggiose che vivono sulla propria pelle la sofferenza della malattia oncologica. Un cammino di cura, speranza e volontà di reagire che la dottoressa Silva, con la sua straordinaria equipe, ha saputo perfezionare nel tempo migliorando la qualità della vita dei suoi pazienti.

Dottoressa, quanto conta, anche in una giornata come questa, ricordare l’importanza dello screening delle principali patologie oncologiche?

La mortalità per tumore continua a diminuire in maniera significativa negli ultimi anni come risultato di più fattori, dalla prevenzione primaria, ai progressi terapeutici (chirurgici, farmacologici, radioterapici), ma anche grazie alla diagnosi precoce e ai miglioramenti diagnostici. Gli screening per la diagnosi precoce dei tumori sono strumenti efficaci per la lotta ai tumori. Nel nostro paese sono raccomandati e offerti gli screening per il tumore del collo dell’utero (Pap test e/o HPV test) raccomandato e offerto ogni tre anni (Pap- test) alle donne fra i 25 anni e i 64 anni di età; il nuovo test di screening HPV test, (Test del Virus del papilloma umano) si basa sulla ricerca dell’infezione dell’HPV ad alto rischio. Il prelievo è simile a quello del Pap-test. L’esame deve essere effettuato non prima dei 30 anni ed essere ripetuto con intervalli non inferiori ai 5 anni in caso di negatività. Se il test HPV risulta positivo la donna dovrà sottoporsi a un Pap-test che quindi diventa un esame di completamento, per individuare eventuali modificazioni cellulari e indirizzare, in caso positivo, alla effettuazione di una colposcopia. Se, invece, la citologia non presenta alterazioni importanti la donna ripeterà il test HPV dopo un anno. Per il tumore della mammella, con l’offerta ogni due anni della mammografia alle donne tra 45 e 74 anni; per i tumori del colon-retto con una offerta rivolta a uomini e donne tra i 50 e i 69 anni di un test per la ricerca del Sangue Occulto nelle Feci (SOF) ogni due anni (con colonscopia come test di secondo livello nei casi positivi al SOF).
Come sono i dati nazionali di adesione agli screening?
Purtroppo nel 2022 il dato nazionale di adesione allo screening mammografico è del 43%, con riduzione di 3 punti percentuali rispetto all’anno precedente: nella macro area centro, dove è inserita la nostra regione, l’adesione è sostanzialmente stabile. Da una analisi eseguita, tra le motivazioni addotte per la non adesione troviamo al primo posto la percezione di “non averne bisogno”, seguita da “ pigrizia” , “ non avere tempo” , “ aver paura del risultato “ “ non essere stata consigliata all’esecuzione dell’esame” “ aver paura del dolore durante l’esecuzione”, “ sentirsi imbarazzata”. Per lo screening dei tumori del collo dell’utero l’adesione nazionale è del 41% e per il colon retto il dato del 27 %, in calo rispetto all’anno precedente. L’obiettivo di raggiungere il 90% di adesione come stabilito dall’Unione Europea, appare ancora lontano. Credo quindi che sia necessario favorire sempre più l’adesione delle cittadine agli screening con campagne conoscitive e con il coinvolgimento del medico di medicina generale e degli operatori sanitari.

Quante sono attualmente le donne in cura nel nostro territorio e per quali patologie?

Dai dati che emergono dal volume “I numeri del cancro in Italia 2023” che raccoglie dati provenienti dai registri tumori italiani, nel nostro paese nel 2023 saranno 395.000 le nuove diagnosi di cancro e di queste 198.000 nelle donne. Saranno diagnosticati 55.000 nuovi casi di tumore della mammella che rappresenta il 1^ tumore nelle donne, seguito dai tumori del colon retto, del polmone e del corpo dell’utero. Dai dati del registro tumori della regione Marche (vengono esclusi i tumori della cute e del cervello non maligni) nelle donne i casi incidenti sono stati 13.372, età mediana 69 anni, con il tumore della mammella il più rappresentato, (3.949 casi) poi tumore del colon retto, (1.819 casi) utero (842 casi) e polmone. Sono stati registrati 360 casi di tumore dell’ovaio Questi dati sono perfettamente in linea con i dati di incidenza nazionali.

Abbiamo degli aggiornamenti dalla ricerca riguardo la cura dei principali tumori femminili?

I tassi di mortalità per tutti i tumori appaiono in diminuzione in entrambi i sessi. In 13 anni (2007-2019) in Italia sono state evitate 268.471 morti oncologiche. La prevalenza quindi appare in ulteriore incremento stimando in oltre 3.600.000 le persone vive dopo la diagnosi di cancro, corrispondente al 5,7% della popolazione italiana. Questi risultati sono legati a molti fattori ma soprattutto a 3 elementi che pesano in maniera significativa: le nuove conoscenze biologiche e i nuovi farmaci, l’organizzazione del percorso diagnostico terapeutico assistenziale, la multidisciplinarietà e multi professionalità. Questi elementi insieme contribuiscono al miglioramento della prognosi di gran parte dei tumori. Negli ultimi anni si è assistito ad un importante progresso nell’ambito della comprensione dell’eziopatogenesi del tumore ovarico, con nuove acquisizioni riguardanti i meccanismi di biologia molecolare. Inoltre si è assistito ad un lento ma progressivo aumento della sopravvivenza delle pazienti con stadi avanzati di carcinoma ovarico, soprattutto grazie al miglioramento delle tecniche chirurgiche e all’introduzione di farmaci biologici nel trattamento di tale neoplasia, comprendenti anche i cosiddetti farmaci intelligenti a bersaglio molecolare, quali gli anti-angiogenetici e i PARP-inibitori [Poli-(ADP-ribosio)- polimerasi]. Per quel che riguarda il tumore della mammella, negli ultimi 20 anni stiamo assistendo ad un significativo cambiamento nella storia di questa malattia. AI calo della mortalità hanno contribuito da un lato i miglioramenti diagnostici che hanno permesso diagnosi sempre più precoci, (per merito dello screening che quindi va sempre più implementato nell’adesione) e dall’altro le sempre maggiori conoscenze che hanno messo a disposizione trattamenti medici sempre più efficaci: mi riferisco agli inibitori delle cicline nel Carcinoma della mammella ormonoresponsivo, ai farmaci antiHER 2, agli Anticorpi coniugati e alla Immunoterapia. È inoltre fondamentale che l’approccio terapeutico del carcinoma mammario preveda l’integrazione delle conoscenze di diversi specialisti e la loro stretta collaborazione nello stabilire la miglior strategia terapeutica e assistenziale delle pazienti affette da tale patologia: questo lo abbiamo ottenuto con il percorso nell’ambito delle così dette Breast Unit, presenti in ogni singola azienda sanitaria della nostra
regione.

Lei che ha sempre messo il paziente al centro, crede che si possa essere straordinariamente donne oltre le neoplasie?

Pur essendo personalmente contraria alle metafore del cancro come lotta e del malato vincente, ritengo che le donne, nell’affrontare le difficoltà della malattia, sono delle “ guerriere” perché sono molto consapevoli di essa, sono abituate a parlarne, a non nascondersi, a non vivere la malattia come qualcosa di discriminante, a essere donne straordinarie nella quotidianità, nella continuità che riescono a dare alle loro vite, gestendo la famiglia il lavoro, la casa, spesso guardando “oltre” la malattia. Sono straordinarie nella ordinarietà della vita di tutti i giorni.

Come vivono le pazienti, principalmente a livello emotivo, il percorso di diagnosi e quello di cura?

La complessità dell’oncologia pone il paziente di fronte a un continuo alternarsi di contesti e scelte assai diverse. Dalla diagnosi, ai trattamenti e ai follow-up le persone entrano in setting spesso drammaticamente diversi. Come il protagonista di un racconto, ad ogni capitolo inizia una nuova storia e quel che chiamiamo benessere può cambiare enormemente. Come per ogni evento difficile della vita, la risposta psicologica e in particolare emotiva alla comunicazione di una diagnosi di tumore è soggettiva. Ci sono, però, reazioni molto frequenti, comuni a gran parte delle pazienti. Il tema del tumore è sempre strettamente collegato a quello della morte ma con il passare dei giorni, possono farsi strada altri pensieri e preoccupazioni, come quella di provare dolore e sofferenza, di non riuscire più a prendersi cura dei propri cari o a mantenere lo status professionale. E ancora, altri timori riguardano i possibili cambiamenti del proprio aspetto in seguito alla malattia e alle terapie. Ciò porta a vivere una serie di emozioni che nel percorso di malattia vengono vissute in maniera diversa da ogni paziente ma che insieme ai professionisti sanitari e con il supporto psicologico che viene fornito alle pazienti che lo desiderano, vengono affrontate, comprese, e possibilmente incanalate nella giusta direzione.

Quali attenzioni e delicatezze offre la sua equipe alle pazienti oncologiche?

Abbiamo sempre pensato che è necessario intercettare i bisogni delle pazienti sia quelli espressi che quelli inespressi insomma abbiamo cercato di imparare da loro. L’idea di umanizzazione richiama la centralità della relazione e dell’unicità umana nella pratica clinica. Il grande filosofo Martin Buber una volta ha scritto che «le persone sono tali solo quando entrano in relazione con altre persone». L’umanizzazione delle cure è dunque considerabile come un «impegno a rendere i luoghi e i percorsi assistenziali orientati quanto più possibile alla persona» e così facendo garantire una qualità adeguata dell’assistenza. “Curare con cura “ è il nostro motto e quindi le attenzioni sono rivolte alla qualità dell’accoglienza con la nostra sala d’attesa, piccola e spesso sovraffollata ma ricca di colori, le attese con la musica di sottofondo, la colazione e le tisane; l’attenzione alla qualità della vita con lo”scalp cooler “ per ridurre il rischio della caduta di capelli, gli ambulatori “ salute dell’osso in oncologia” per ridurre il rischio di osteoporosi correlata ai trattamenti, quello di cardio- oncologia per prevenire i danni cardiologici da farmaci, l’ambulatorio di supporto nutrizionale, l’ambulatorio ginecologico, e siamo in procinto di attivare l’ambulatorio di genetica oncologica per la valutazione di 1^livello delle pazienti con tumori che possono essere legati a ereditarietà. Un altro progetto concluso è stato quello relativo a” lavorare è vivere è rinascere” progetto realizzato al fine di permettere il reinserimento, nel mondo del lavoro, delle donne che hanno avuto una diagnosi di carcinoma mammario. Tutto questo è stato possibile grazie alla integrazione di tutti i professionisti che collaborano quotidianamente nei progetti portati avanti perché, per dirla con Michael Jordan “ il talento consente di vincere le gare ma è il lavoro di squadra che permette di vincere i campionati”.

C’è solidarietà femminile sia tra le pazienti che condividono il programma di cura ma anche con voi dottoresse?

La solidarietà femminile si esprime quotidianamente, esiste collaborazione tra tutte le colleghe, nonostante le età diverse e le diverse caratteristiche di ciascuna, ma è proprio la singolarità che consente l’unicità di vedute, di obiettivi comuni nel quotidiano ma anche nell’affrontare le sfide del futuro perché essere uniti moltiplica i risultati e riduce gli sforzi. Anche dal punto di vista delle pazienti spesso c’è la ricerca di condividere i problemi affrontati nel percorso di cura con una professionista donna, con l’idea di una maggiore attenzione e comprensione.

Molto attiva e collaborativa è l’Associazione Noi Come Prima. Come riuscite a fare rete con l’associazionismo ed in che modo questa collaborazione viene messa a servizio delle pazienti oncologiche?

L’Associazione “Noi come Prima Fabriano” opera nell’ambito socio sanitario del comune di Fabriano, con lo scopo di facilitare il recupero e la riabilitazione psico- fisica delle donne colpite da tumore mammario e operate al seno. Da 15 anni l’Associazione affianca in un percorso di crescita e consapevolezza donne che desiderano riappropriarsi della propria stabilità emotiva condividendo quanto attraversato con altre donne che hanno fatto la stessa esperienza di malattia. Molte sono le attività che l’associazione porta avanti per rinsaldare l’autostima, la consapevolezza del proprio valore e capacità delle donne che affrontano un tumore al seno. E’ stato creato un laboratorio creativo, un laboratorio teatrale, attività sportive (acqua gym, yoga). A queste attività principali se ne alternano, periodicamente, altre come: corso di acquarello, corso di ginnastica dolce; corso di taglio e cucito. Credo che per le donne la presenza dell’Associazione “Noi come Prima” rappresenti un luogo sicuro dove poter approdare dal mare in tempesta di una diagnosi e di un percorso di cure per poter “mattoncino dopo mattoncino, dire e far dire “ce l’abbiamo fatta!!!”

Quale augurio desidera rivolgere in questa giornata alle donne e, soprattutto, alle sue pazienti coraggiose e combattive?

Alle donne auguro di non aver paura, di non nascondersi dietro il timore di avere una diagnosi oncologica ma di ascoltare il proprio corpo e aderire agli screening che ci possono salvare la vita. Alle pazienti che affrontano una malattia oncologica, fragili come vasi preziosi, auguro di “riparare la frattura “ tra la vita prima della diagnosi e la vita dopo la diagnosi con l’oro (Kintsugi) perché , ne sono convinti i giapponesi, ma io più di loro “ un vaso rotto possa divenire ancora più bello di quanto già non fosse in origine”.

Gigliola Marinelli

Foto di Copertina: La dottoressa Silva con la presidente Gianna Catufi e alcune socie dell’Associazione “Noi Come Prima”