Una tesi sui pizzini degli operai del Comune di Fabriano: il racconto di Elisa Ruspini
Questa settimana spazio ad Elisa Ruspini, venticinquenne fabrianese che, dopo aver frequentato il Liceo Classico “Francesco Stelluti”, ha raggiunto una laurea triennale in Letteratura, musica e spettacolo specializzandosi in Filologia moderna presso l’Università La Sapienza di Roma. Elisa si è laureata poche settimane fa con una tesi in sociolinguistica e dialettologia focalizzata sui famosi 94 “pizzini” degli operai del Comune di Fabriano. Da giugno 2022 lavora con contratto a chiamata presso la Biblioteca Comunale “Romualdo Sassi” di Fabriano, l’abbiamo contattata per conoscere le motivazioni che hanno spinto questa studentessa ad analizzare i “pizzini” dal punto di vista sociologico e dialettale.
Elisa, come hai avuto l’idea di scrivere una tesi di laurea sull’analisi dei famosi “pizzini”?
L’idea è nata nel 2021, quando al termine di un corso universitario in sociolinguistica e dialettologia era stato richiesto ad ogni studente di presentare un elaborato finale incentrato sull’analisi di testi in dialetto della propria regione. Da lì, l’idea di portare all’esame l’analisi linguistica di alcuni esemplari dei famosi “pizzini”. Il professore del corso, rimasto profondamente colpito dalla ricchezza linguistica ed espressiva dei biglietti, mi ha incoraggiato in un ulteriore percorso di approfondimento tramite la tesi magistrale.
Quale obiettivo ti sei posta nella stesura di questo lavoro?
L’obiettivo principale della tesi è stato quello di condurre un’analisi linguistica dell’italiano scritto, impiegato nei famosi “pizzini” degli operai del Comune di Fabriano. Ma il lavoro svolto è servito anche per un altro obiettivo, che ho molto a cuore, ovvero quello di conservare e tramandare il patrimonio linguistico regionale e dialettale che sta gradualmente scomparendo.
Dal punto di vista linguistico, cosa è emerso dallo studio dei “pizzini”?
Dal lavoro svolto sui “pizzini”, è emerso l’impiego di un italiano scritto che si pone a metà tra “l’italiano regionale” (ovvero una varietà di italiano che risente fortemente dell’influsso del dialetto) e “l’italiano dei semicolti” (ovvero una particolare varietà di italiano contenente errori, tipica di persone non avvezze alla scrittura). Durante la stesura dell’analisi si sono tenuti in considerazione i recenti sviluppi degli studi linguistici, volti a concepire l’errore non più negativamente come una devianza dalla “norma grammaticale”, ma positivamente come una fase di passaggio dal livello base al livello avanzato di una determinata lingua (in questo caso l’italiano).
Come hai strutturato la tesi?
La tesi è stata divisa in tre sezioni. La prima parte è dedicata alla spiegazione dei concetti linguistici di “italiano regionale”, “dialetto” e “italiano popolare” o “italiano dei semicolti”, a cui si aggiunge un breve excursus sulla storia e sullo stato attuale degli studi a riguardo; la seconda parte è dedicata al contesto storico dei “pizzini”, ovvero la città di Fabriano nel corso degli anni Ottanta, a cui si aggiungono la storia dei biglietti e la tabella che raccoglie e cataloga i 94 “pizzini” analizzati; la terza parte è incentrata sull’analisi linguistica dei biglietti, suddivisa in quattro sezioni, ognuna delle quali corrispondente a uno dei quattro livelli linguistici di analisi (grafia, fonetica, morfosintassi e lessico). In ciascun livello, si sono analizzati differenti fenomeni linguistici presenti nei “pizzini” riconducibili alla varietà di “italiano regionale” o “italiano popolare”.
Nello svolgimento della tesi hai mantenuto l’anonimato riguardo gli autori dei “pizzini”?
Sì, durante lo svolgimento del lavoro ho mantenuto l’anonimato degli autori dei “pizzini” per questioni di privacy, inoltre tengo a precisare che il lavoro è stato svolto nel massimo rispetto degli operai e del loro lavoro, riconoscendo anche l’importanza culturale e linguistica degli stessi “pizzini”.
Tra i 94 “pizzini” analizzati, quale secondo te è più rappresentativo del nostro patrimonio dialettale?
Ogni “pizzino” possiede proprie caratteristiche e peculiarità, ma penso che il più rappresentativo del nostro patrimonio dialettale sia il biglietto contenente il messaggio: “Non so porzuto venire perché mia molie cià vuto na toccatella e strascina unpo na zampa viengo domani pazienza”. Dal punto di vista linguistico, questo biglietto presenta fenomeni interessantissimi per capire la commistione tra italiano e dialetto, come il dialettismo toccatella per ‘colpo apoplettico’ o la forma morfologica regionale porzuto per ‘potuto’ (tipica dei dialetti del centro e del sud Italia), o ancora la riduzione fonetica del suono -gli- nella parola molie ‘moglie’.
Raggiunto il prestigioso traguardo della laurea, hai un sogno nel cassetto da realizzare per questo nuovo anno?
Mi piacerebbe molto continuare ad approfondire lo studio del dialetto locale, magari intraprendendo un master in linguistica. Inoltre, ho iniziato a lavorare all’adattamento della tesi in libro e spero di riuscire a pubblicarlo nel più breve tempo possibile.
Gigliola Marinelli