DON ALDO BUONAIUTO: SIAMO TUTTI IN MISSIONE PER CONTO DI DIO

Un intenso e costruttivo dialogo con don Aldo Buonaiuto, parroco della Parrocchia di San Nicolò di Fabriano, direttore diocesano per migranti, esorcista e figura di rilievo dell’associazione Papa Giovanni XXIII°, fondata da don Oreste Benzi, con cui ha condiviso gli ultimi quindici anni della sua vita terrena. Con don Aldo abbiamo affrontato temi delicati quali l’accoglienza dei migranti, la lotta alla prostituzione coatta ed il disagio giovanile che sta portando all’attenzione della cronaca sempre più frequenti atti di violenza e vandalismo, anche nel nostro territorio. Un’allarmante crisi educativa in cui gli oratori possono costituire un’occasione per le giovani generazioni per costruire un futuro più umano, quali luoghi di aggregazione di energie e valori, con spirito inclusivo e fraterno.

Don Aldo, stiamo vivendo un momento storico particolarmente difficile. Il tragico conflitto in Ucraina, dove la gravità delle violenze, delle atrocità e delle violazioni dei diritti umani hanno costretto alla fuga molti civili, in cerca di salvezza lontano dalle loro case. In che modo possiamo trovare la forza per costruire un futuro di inclusione, volto all’accoglienza   ed all’integrazione dei migranti e dei rifugiati?

La forza e la direzione vanno costantemente ricercate in una coscienza cristianamente formata. La fonte è sempre il Vangelo. L’opera della misericordia ha proprio lo scopo di riportare dentro tutti. Sull’accoglienza e le urgenze sociali abbiamo in papa Francesco un modello quotidiano. Dalla sua storia personale il Santo Padre ha imparato che i personalismi, le decisioni brusche e gli autoritarismi stancano e non portano lontano. Se n’è accorto quando, diventando vescovo, iniziò a lavorare con i poveri di Buenos Aires. Per questo le sue attenzioni sono prima alle persone che non alle strutture preposte. Non categorie sociologiche, ma luoghi dove essere Chiesa e far vivere il messaggio evangelico. Se parla della donna è perché ha ascoltato realmente le donne di Plaza de Majo in Argentina.  Se parla di periferie è perché la sua missione era incentrata sui “barrios”. Se parla di migranti è perché ha dovuto accogliere peruviani, boliviani e paraguayani giunti a Buenos Aires e finiti nel vortice della spaventosa crisi argentina del 2003. Questa è la Chiesa nel mondo contemporaneo. E’ il mandato della “Gaudium et Spes” che siamo tutti chiamati a testimoniare.

Parliamo del suo impegno nei confronti delle “donne crocifisse”, vittime della tratta e del racket della prostituzione coatta. Come si potrà nel tempo abbattere la barriera dell’indifferenza nei confronti di queste creature così fragili e tanto bisognose di aiuto?

Per abbattere le barriere dell’indifferenza servono ponti di condivisione. Il lungo tratto di vita trascorso di notte sulle strade italiane, prima con don Oreste Benzi e con i fratelli della Giovanni XXIII, hanno cambiato irreversibilmente il mio modo di sperimentare e condividere la fede. Nelle periferie geografiche ed esistenziali si incontra Cristo nelle piaghe delle nostre vittime. “Nostre”!! Perché tutte le volte che si parla di legalizzazione della prostituzione non si ceda alla tentazione diabolica di normalizzare l’inaccettabile. Neppure dovrebbe essere un’ipotesi quella di poter acquistare un corpo come se fosse un nostro diritto.  Una notte mi trovavo a Perugia nella zona di Pian di Massiano dove si ritrova un gruppo (chiamato Goel, il Dio che liberatore, che riscatta nel giubileo gli schiavi), a pregare ogni sabato il Santo Rosario a mezzanotte. Un’invocazione a Dio per le donne schiavizzate, che sono li accanto, sui cigli delle strade e spesso impossibilitate ad attraversarle per aggregarsi a noi nella preghiera. Un Rosario recitato nella cattedrale del cielo al cospetto di una modesta statua della Vergine di Fatima, illuminata da quelle piccole fiaccole che continuano incessantemente ad accendersi da decenni per donare la speranza di una rinascita e il coraggio di abbandonare la strada strappando le catene della servitù. Da quel fazzoletto di terra macchiata di sangue sono venute via molte ragazzine vittime della prostituzione coatta, recuperate dalla Vergine Maria. E sempre da quel piazzale, frequentato negli anni da migliaia di uomini e donne, giovani desiderosi di condividere questa esperienza unica di evangelizzazione, sono nate conversioni e anche vocazioni al sacerdozio. La mia missione non potrà mai allontanarsi da quelle ostie viventi che, negli angoli più bui della nostra “civilissima” società occidentale, hanno forgiato la mia esistenza. Attraverso il mio umile servizio vorrei che la testimonianza delle loro sofferenze arrivasse soprattutto alle nuove generazioni”.

Come sacerdote quotidianamente è in contatto con la nostra comunità cittadina: siamo umanamente accoglienti e caritatevoli con i “forestieri” o ancora l’ipocrisia e l’egoismo vincono sul bene?

La stella polare è quella che il Santo Padre chiama la “Chiesa ospedale da campo”. E cioè non giudicare e non condannare, ma perdonare e donare, restando lontani dalle “chiacchiere”, dalle parole mosse da gelosia ed invidia e cogliendo il buono che c’è in ogni persona, diventando strumenti del perdono. Siamo tutti “in missione per conto di Dio” con il cuore rivolto alle periferie esistenziali, portando consolazione, misericordia, solidarietà e attenzione a quanti vivono situazioni di precarietà e sofferenza nel mondo di oggi, alle tante persone private della dignità. Papa Francesco ci esorta a fare in modo che il loro grido diventi il nostro. Affinché insieme possiamo spezzare la barriera di indifferenza che spesso regna sovrana. Spezzando le catene dell’ipocrisia e dell’egoismo. Il nostro territorio è abbastanza generoso con i migranti anche se c’è ancora tanto da fare per abbattere una certa ignoranza sempre in agguato per distruggere a cuor leggero. Per costruire una comunità inclusiva richiede saggezza e umiltà, apertura mentale e stima del prossimo aldilà della lingua e del colore della pelle.

Mi ha molto colpito una sua riflessione su Madre Teresa di Calcutta, la “santa degli ultimi” che lei ha avuto modo di incontrare da adolescente. Quanto questo incontro ha “parlato al suo cuore”, come lei ha spesso dichiarato, ed influenzato il suo cammino di Fede?

Era veramente una “matita nelle mani del Signore”, come lei si definiva. Il mio primo incontro con Santa Madre Teresa di Calcutta risale all’adolescenza. Avevo tredici anni e alcuni parenti mi portarono al palazzetto dello sport di Porto Sant’Elpidio dove Madre Teresa era attesa da tantissime persone. Vederla dal vivo e poterci scambiare due parole fu una gioia grande che ancora oggi conservo nel cuore. Era una donna fisicamente così minuta che solo al vederla trasmetteva tenerezza e quando parlava, in inglese, già il suono della sua voce infondeva calore e conforto. Era una sensazione inspiegabile che si è ripetuta nei diversi incontri che ho ricevuto in dono da questa grande donna di Dio. Il suo modo di essere l’ho ritrovato poi nel Servo di Dio don Oreste Benzi che ha benevolmente condizionato tutto il mio sacerdozio.

Tante sono le attività che lei ed il suo gruppo di lavoro organizzate in Parrocchia ed all’Oratorio “Carlo Acutis”. Su quali progetti state lavorando e che risposta avete avuto, soprattutto da parte dei ragazzi? C’è partecipazione alla vita della parrocchia e dell’oratorio?

E’ una iniziativa che evolve ogni giorno camminando sulle gambe di tante persone che nella comunità condividono il progetto di far dialogare le generazioni e sostenere i più fragili. Oggi più che mai la presenza di validi punti di riferimento come gli oratori è fondamentale per sostenere la crescita sana dei giovani. Fornendo loro un contesto di aggregazione in cui campeggiano valori positivi. E’ proprio all’interno della parrocchia di San Nicolò che è scaturito l’anelito verso un nuovo oratorio inclusivo aperto a tutti. E ispirato al santo dei Millennials, il quindicenne Carlo Acutis. Un’ispirazione capace di trasmettere a tanti suoi coetanei la bellezza di riconoscersi nel Vangelo. Continueremo su questo solco coinvolgendo l’intera comunità parrocchiale. Al momento abbiamo aperto le iscrizioni anche per gli anziani con un centro diurno a loro dedicato ed è già in funzione una mensa che ogni giorno ospite chiunque abbia bisogno di un piatto caldo da condividere con amici. È iniziato il sostegno scolastico per i bambini e i ragazzi delle scuole elementari e medie e stiamo dando vita a corsi di inglese, musica, attività sportive e laboratori per coinvolgere ed occupare le persone più fragili e bisognose di accompagnamento.

La cronaca, purtroppo anche questa cittadina, vede protagonisti di episodi di violenza e vandalismo gruppi di giovanissimi. Come si può costruire un dialogo nuovo con le generazioni più giovani e quanto può essere importante ripartire proprio dagli oratori per cercare di interagire con i ragazzi?

Esiste una crisi educativa alla quale è urgente dare risposta. Sull’esempio di san Filippo Neri e di san Giovanni Bosco, gli oratori hanno la missione di preservare i ragazzi e i giovani dalle occasioni diseducative. Inviandoli a vivere l’esperienza della preghiera, della catechesi e del gioco come momenti di formazione integrale. Dopo la Cresima tanti rischiano di allontanarsi e di essere abbandonati a se stessi. L’intervento di strutture adeguate, come gli oratori e i circoli giovanili, offrono alle nuove generazioni una sollecitazione che faccia sentire loro le esigenze vitali di una formazione continua e completa. Non solo liturgica e catechistica, ma anche ludica, sportiva, relazionale. Aggregare energie e valori per costruire un futuro più umano. E questo è il tempo di unire, di fare squadra, di abbattere gli inutili steccati per dare le vere risposte di cui questi figli hanno bisogno. La stagione estiva appena trascorsa ci ha regalato tre mesi intensi di attività con circa 220 bambini che hanno frequentato l’Oratorio esprimendo quella bellezza interiore che commuove e rianima anche noi adulti spesso pessimisti e abbacchiati. Questi giovanissimi hanno tanto da insegnarci e dobbiamo dare loro fiducia mettendoci a disposizione con tutto ciò che umilmente possiamo trasferire. Per noi tutto parte da Gesù e con Lui scopriamo che un mondo migliore, inclusivo e fraterno è ancora possibile e realizzabile.

Gigliola Marinelli

 don Aldo Buonaiuto

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