“PERFETTA” IL NUOVO ROMANZO DI NORA DE GIACOMO

“Perfetta” è il nuovo romanzo della scrittrice Nora De Giacomo, edito da Sometti, in questi giorni sugli scaffali delle principali librerie italiane. Nora ha vissuto a Fabriano l’infanzia, l’adolescenza e parte dell’età adulta. Dopo il diploma di Maturità Classica al Liceo “Francesco Stelluti”, ha studiato Scienze Politiche a Roma. Negli anni Novanta ho lavorato come ricercatrice all’Istituto di Metodologia delle Scienze Sociali della L.U.I.S.S. diretto da Dario Antiseri. Dal 2006 vive a Mantova con la sua famiglia, collabora con la casa editrice Sometti, ha fondato e dirige il Centro Bella Penna Corsi e Percorsi di Scrittura Creativa. L’abbiamo raggiunta per conoscere di più la figura di Margherita, protagonista del romanzo, in cui Nora affronta, con delicatezza e sensibilità, le problematiche dell’anoressia e dei disturbi alimentari che proiettano Margherita verso una dimensione di effimera “perfezione”, celando un profondo male dell’anima.

Nora, raccontiamo ai nostri lettori l’origine della tua passione per la scrittura. Quando hai compreso che questo sarebbe stato il percorso comunicativo da intraprendere?

Un signore distinto e severo, tanto tempo fa, individuò in me una scrittrice. Era il mio maestro di scuola. Facevo la quinta elementare quando lui mi fece notare che avevo una buona predisposizione per la parola scritta e una bella fantasia. Apprezzava questa mia inclinazione così tanto da perdonarmi tutti i disastri che combinavo in matematica e in modo talmente entusiastico da convincere un po’ anche me. È stato lui a suggerirmi di comunicare col resto del mondo attraverso la scrittura. Da ragazza mi divertivo con i diari, le lettere, qualche volta inventavo brevi storie, ma si trattava di scritti che non uscivano dalla sfera privata. Le mie prime produzioni destinate al pubblico sono state il frutto di lavori di ricerca e il primo ambito editoriale conosciuto quello della saggistica. Ambito interessante, critico, stimolante, di grande soddisfazione, certo, ma mi mancava lavorare di inventiva. Per questo, in un secondo momento, ho voluto sperimentare seriamente anche la narrativa.

Il tuo nuovo romanzo, “Perfetta”, affronta un argomento sensibile quale l’anoressia ed i disturbi alimentari. Perché hai scelto di focalizzare l’attenzione su questo tema così particolare e delicato?

C’è uno spunto autobiografico. Anch’io da ragazza ho sofferto di anoressia. Per fortuna a casa se ne sono accorti in tempo, sono stata subito aiutata e ben seguita e non sono mai arrivata a manifestazioni estreme come quelle delle forme più gravi. C’è voluto un po’ di tempo ma ho superato tutto, grazie alla mia famiglia. Questa esperienza, però, mi ha lasciato una sensibilità particolare nei confronti di un problema che ancora oggi è di molti e che ho sempre sognato di trattare pubblicamente, fino a quando ho trovato la chiave per farlo, cioè raccontando la storia di Margherita. Voglio però sottolineare che la storia di Margherita non è la mia, la famiglia di Margherita non è la mia, il tempo di Margerita non è il mio. Margherita è un personaggio che nasce dalla mia fantasia, a cui certamente mi sono divertita ad attribuire alcune delle mie antiche emozioni, ma che è diverso da me. In ogni caso, il suo percorso è assolutamente verosimile. Infatti, oltre a considerare il suggerimento autobiografico, ho studiato molto l’argomento, ho chiesto la supervisione di esperti, ho cercato di individuare le sostanziali differenze tra il mio tempo e quello dei giovani di adesso per potere ambientare il tutto, nella maniera più fedele possibile al vero, ai giorni nostri. Dunque, Margherita potrebbe essere davvero una ragazza della nostra contemporaneità.

Come si sviluppa la trama del romanzo e chi sono i protagonisti?

Margherita è una bella ragazza di sedici anni, capace, studiosa, oltre che una ginnasta talentuosa, ma ha comunque sempre paura di non essere all’altezza delle aspettative e crede di dovere essere leggera per non deludere il mondo. La sua sensibilità estrema la porta però a deformare alcuni messaggi che riceve dall’esterno, così come a vedere deforme il suo corpo naturalmente armonioso. La ricerca della perfezione diventa ossessione e Margherita decide di rifiutare il cibo. I genitori inizialmente fanno fatica a riconoscere il problema, ma poi capiscono. Oltre a loro ci sono altri personaggi funzionali allo sviluppo della storia: Anna è la gemella di Margherita, diversa da lei, ma sensibile e reattiva nei confronti del dramma famigliare; Agata è una ex ballerina di flamenco che rappresenta la personificazione della libertà interiore e del volere essere; Alberto, mutilato e invalido di guerra (da piccolo, nell’immediato dopo guerra, giocando si ferì gravemente, con un ordigno bellico rimasto fino a quel momento inesploso) è un esempio di vita per tutti.

La postfazione del romanzo è stata curata dallo psichiatra mantovano Giancarlo Madella. Che chiave di lettura introduce per analizzare questo disturbo così subdolo, che va ricondotto ad una “male” dell’anima?

Madella sostiene che la società contemporanea, enfatizzando l’esteriorità, la superficialità dell’esistere, la tirannia del giudizio, ha allontanato troppo l’uomo dalla sua interiorità. L’uomo sta perdendo il contatto con l’anima. Madella ci parla dell’ “identificazione di massa con la Mente, con la Ragione, da cui non può scaturire altro che il pensiero di per se stesso solo separativo e giudicante” e vede in Margherita una rappresentazione di questa deviazione: “Così avviene per Margherita, la figlia anoressica di Piera e Francesco che, nonostante la bellezza naturale, resa ancora più straripante dalla ginnastica ritmica, riesce ad inflazionare la sua mente con giudizi di inadeguatezza e incapacità, fino a diventare vittima e così sacrificare il suo corpo sull’altare della magrezza, fino all’auto distruzione”. Margherita sarebbe salva se riuscisse a liberarsi dal dominio del pensiero e a ritrovare un contatto con la propria anima.

La società contemporanea propone modelli di perfezione che, facendo leva sulle fragilità umane, possono trasformarsi in vere e proprie ossessioni. Quanto la famiglia può essere di aiuto per un figlio o una figlia che manifesta questo disagio?

La natura del problema non è semplice da individuare subito, perché i disturbi del comportamento alimentare sono solo il sintomo di un disagio che risiede nell’anima. Certamente la famiglia può essere di aiuto. Innanzitutto, non vanno sottovalutati alcuni campanelli d’allarme come i comportamenti innaturali nei confronti del cibo e ossessivi nei confronti dell’immagine. In secondo luogo, non bisogna opporre resistenza nel processo di riconoscimento e accettazione del problema. Il rifiuto potrebbe svilupparsi anche a livello inconscio nei famigliari, perchè è ancora troppo radicato nel pensiero collettivo quel cliché che vuole la famiglia unica responsabile di tragedie di questo tipo. Ma non sempre, anzi raramente, è così. Nel caso di Margherita i genitori non hanno colpe rilevanti, se non quella di essere umani e commettere qualche errore come tutti; c’è, invece, un contesto, ci sono circostanze particolari e tanti elementi, tra cui i tristissimi modelli di perfezione proposti dalla società, che si combinano tra loro incontrando una personalità molto sensibile. Riconosciuto e accettato il problema, poi, bisogna affidarsi ad esperti.

Parliamo di progetti futuri, un nuovo lavoro letterario o magari una presentazione del tuo romanzo nella nostra città?

Mi piacerebbe dedicarmi ad una raccolta di racconti. Ne ho già alcuni nel cassetto a cui potrei aggiungerne di nuovi. Ma, per ora, sarei felicissima e onorata di potere presentare il mio libro a Fabriano: Fabriano è la mia città e sarebbe bello condividere con i fabrianesi questa soddisfazione. Spero anche che il mio lavoro possa essere in qualche modo d’aiuto alle famiglie che vivono il dramma che ho voluto raccontare.

Gigliola Marinelli