PAOLA GIORGI: “TRASFORMIAMO LE MARCHE IN HUB PRODUTTIVO TEATRALE NAZIONALE”
Un’appassionata riflessione dell’attrice Paola Giorgi da cui si evince un amore totale per il teatro, la profonda dedizione ed immutato impegno per la Bottega Teatro Marche, fondata nel 2008 dall’indimenticato genio di Tommaso Paolucci, la cui direzione artistica è affidata alla stessa Paola. L’abbiamo intervistata per capire come la pandemia da Coronavirus inciderà sul sistema teatrale, sia a livello nazionale che regionale.
Paola, al netto dell’emergenza sanitaria e di tutte le complicazioni ad essa correlate, qual è la situazione reale del settore del teatro ai tempi del Coronavirus?
Il Teatro è uno dei settori più danneggiati dall’ emergenza coronavirus, l’impatto negativo sui lavoratori, sulla produzione, sull’ esercizio teatrale oggi è pari al 100%. I Teatri sono stati i primi ad essere chiusi, ancor prima delle scuole e, stando alle bozze di riapertura che circolano, saranno gli ultimi. Parliamo di un comparto che muove una notevole macchina economica della quale non c’è consapevolezza e che quindi vive in uno stato di perenne precarietà, instabilità cronica che in questo periodo si tramuterà in morte certa per molti. Parliamo di un comparto che produce cultura, che svolge un ruolo sociale forte, che crea sapere, pensiero, benessere dell’anima che si ripercuote positivamente nella salute. Il Teatro in particolare e la cultura in generale dovrebbero essere annoverati tra i bisogni primari accanto alla salute e all’istruzione. In realtà il Teatro vive da sempre in una situazione di scarse tutele lavorative, in una perenne litigiosità tra pubblico e privato, che invece dovrebbero fare sinergia. Con un sistema di finanziamenti troppe volte chiuso su rendite di posizione che drenano gran parte delle poche risorse pubbliche disponibili. Va da sé che se non si cambia modo di pensare sia nel teatro che nella politica, all’ esperienza del Coronavirus sopravviveranno solo alcuni, probabilmente i più corrazzati di relazioni, ma questo sarà un disastro per tutto il comparto in cui l’elemento di sussidiarietà è vitale. Il sistema teatrale è come il sistema circolatorio, ci sono sì le arterie maggiori, ma ci sono una infinità di capillari che mantengono vivo tutto il tessuto: ecco, se non si cambia rotta e non arriva linfa ai capillari, le periferie, le scuole, i piccoli paesi, le aree interne tutti i luoghi estremi e marginali che dal teatro traggono grande beneficio sociale, culturale e civico rischiano di degenerare.
Il Coordinamento della Realtà della Scena Contemporanea (C.Re.S.Co) ha inviato in questi giorni una comunicazione al premier Conte e all’onorevole Franceschini, Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Quali soni gli aspetti che preoccupano di più il mondo degli operatori teatrali e le richieste di massima urgenza avanzate dagli stessi al Governo del nostro Paese?
Credo che l’aspetto che più preoccupa in questo momento è la mancanza di un riferimento credibile: il Ministro Franceschini non ha mai fatto del gran bene al teatro. E non vedo nessuno, da nessuna parte politica, che abbia assunto una posizione o avanzato una proposta sensata. Dal mondo del Teatro ci si è mossi subito e anche con una auspicabile, ma non scontata, considerata la poca compattezza interna del settore, unità. L’ AGIS Associazione Generale Italiana Spettacolo, ha fatto subito una sintesi dei bisogni e subito ha aperto proposte concrete al Ministero, così Federculture, Federvivo., CReSCo. Nel concreto gli interventi dovrebbero essere di doppia natura: immediati e strategici per il futuro; paradossalmente questo forzato stop del teatro potrebbe portare un beneficio se i tempi venissero valorizzati da un continuo e proficuo confronto tra Ministero e addetti ai lavori. Ristorare i tantissimi lavoratori precari che non sono rientrati in nessuna delle iniziative messe in atto e sono la maggior parte degli artisti è oggi una priorità. Tra i miei collaboratori artistici, sempre di eccellente qualità, c’è chi aspetta l’emanazione del reddito d’emergenza. Una misura, che spero sia approvata nel più breve tempo possibile, ma che esalta l’ingiustizia che i lavoratori dello spettacolo, gente che ha studiato e continua a studiare durante tutta la sua carriera lavorativa, che ha fatto e fa sacrifici, deve subire. Credo che un Paese che riduce così i suoi artisti non si possa dire civile. Quindi sostegno immediato a tutti i lavoratori del comparto. Sostegno e liquidità alle imprese teatrali, ci sono fornitori e personale da pagare: l’attività è stata interrotta all’improvviso con produzioni avviate, con i costi di produzione da ammortizzare nell’ arco di tournée improvvisamente annullate e con l’incertezza della ripartenza. Garanzia per accedere a finanziamenti, con percorsi preferenziali e non contagiati da burocrazia. Pensate all’ esercizio teatrale (gestione dei teatri): affitti e utenze da pagare senza nessun tipo di entrata, lavori di adeguamento che andranno eseguiti per adattare le strutture a nuove norme di sicurezza sanitaria, personale da salvaguardare: occorrono sgravi fiscali, la possibilità di rinegoziare gli affitti, l’esenzione dalle tasse comunali e regionali. Qualche provvedimento specifico sta prendendo consistenza, 20milioni di euro di risorse destinate ai soggetti extra FUS, e poi i 130 milioni di euro destinati a cinema e teatro da definire ulteriormente.
Quanti lavoratori nel settore teatrale sono a rischio, sia a livello nazionale che regionale?
Dalle stime si parla di circa 300 mila lavoratori nel settore, di cui oggi il 90% è a casa. Quello dello spettacolo è un mondo professionale complesso e multiforme, e oltre ad attori, registi, musicisti e danzatori conta anche tutti coloro che lavorano dietro le quinte: tecnici, distributori, assistenti, sarti, imprese, scenografi, truccatori, amministratori, organizzatori, trasportatori, maschere, addetti alle biglietterie eccetera. A livello regionale si sta ora provvedendo ad una raccolta dati relativa ai lavoratori a rischio. Si parla di circa 10mila lavoratori e credo che le percentuali di rischio siano le stesse del livello nazionale. Il Teatro nelle Marche in realtà è molto fragile, perché accanto a qualche Ente di medie dimensioni, c’è un sistema produttivo professionale molto sviluppato, ma di piccolissime dimensioni che rischia moltissimo se non tutelato.
Il teatro vive di relazioni e di rapporti empatici con il pubblico. Come cambierà il teatro nell’ottica della cultura del distanziamento sociale, imposta dall’emergenza sanitaria?
Faccio molta fatica ad immaginarlo. Faccio fatica a pensare a gente che va a teatro e si deve sedere a distanza, faccio fatica a pensare al distanziamento ai botteghini, un quarto d’ora prima dell’inizio dello spettacolo, come al distanziamento nelle file al bar e ai bagni durante l’intervallo. Faccio fatica a pensare agli attori con le mascherine (in scena gli attori sputano), ad un teatro dove non ci si possa toccare: il corpo per un attore è il primo strumento espressivo. Faccio fatica a pensare ad una tournée in cui non si può mangiare insieme, viaggiare insieme, scaldarsi il corpo e la voce insieme. C’è un documento AGIS presentato al Ministero in cui si disegnano probabili regole: ti assicuro che la sua lettura ti fa subito capire quanto la strada sia difficilmente percorribile, anche discriminatoria. Il pubblico dovrebbe celebrare gli stessi riti di protezione, oramai quotidiani, in un luogo che rappresenta svago e condivisione e questo ne condizionerebbe negativamente l’approccio. Inoltre la forte diminuzione dei posti causerebbe una forte contrazione degli incassi, elementi forse non lesivi per chi ha sostegni pubblici, ma significativi per gli altri, che sono la maggioranza.
Cosa ne pensi delle varie proposte che si alternano in questo periodo di un teatro in Tv o su web?
Il pensiero di un teatro sul digitale, a partire dalla proposta di Franceschini non è stato ben accolto dai teatranti: penso che sia stata più una boutade che un progetto ben pensato. Però, in realtà, ragionando oggi sul tema, persistendo una certa indifferenza rispetto al settore che è allo stremo, stanno emergendo progetti che possono garantire lavoro, in questo periodo di stop forzato. Dicevamo prima di un teatro altro da sé stesso, con le regole del distanziamento sociale: soprattutto un teatro che non può garantire lavoro per tutti; cambiando il paradigma rispetto al digitale si potrebbe, in questa fase intermedia, che non sappiamo quanto durerà, elaborare progetti intelligenti. Il teatro è spettacolo dal vivo, la sua unicità è che accade nel momento in cui si va in scena, questo è sacro, ma per tornare ad essere questo dovremo forse sporcarci le mani.
Al termine di questo momento durissimo che stiamo vivendo, la gente avrà ancora voglia di cultura e di tornare a teatro o ad assistere a spettacoli in luoghi aperti al pubblico?
Chi ama il teatro ne sente la mancanza, però la diffidenza verso l’altro, che questa chiusura sociale ha generato in noi, sarà dura da superare e anche questo è un tema sociologico da prendere in seria considerazione per il futuro del nostro settore.
Parliamo della tua struttura, la Bottega Teatro Marche. Come state affrontando questo momento e quali sono i vostri punti di forza che vi permetteranno di superare questa situazione difficilissima?
Bottega Teatro Marche è una piccola impresa di produzione teatrale che negli ultimi due anni ha avuto importanti sviluppi. Il nostro lavoro si svolge in ambito regionale e nazionale. In questo momento l’impegno maggiore è quello di recuperare i crediti che vantiamo dalla pubblica amministrazione per avere liquidità e far fronte al periodo, oltre che ai pagamenti. Abbiamo dovuto interrompere la tournèe di D la Principessa Diana e la palpebra di Dio, costringendo i nostri collaboratori a casa, speriamo di riprendere lo spettacolo il prossimo anno. Sempre in tema di produzione, a novembre sarebbe dovuto ripartire, sempre dalle Marche, il musical La Piccola Bottega degli Orrori che abbiamo coprodotto con OTI Officine del Teatro Italiano di Roma, con cui abbiamo una intensa attività di collaborazione, credo che se riparlerà nel 2021. Incertezza anche per la nuova co -produzione, sempre con OTI, dello spettacolo “Gli Insospettabili, con Massimo Dapporto e Daniele Liotti, prevista per i primi mesi del 2021. Noi lavoriamo per ripartire con tutto. Certo il mio punto di forza è proprio questo rapporto romano, tra l’altro abbiamo aperto anche una sede di OTI nelle Marche, per potenziare la produzione nella nostra Regione e portare linguaggi innovativi anche in progetti per le l’Aree Interne.
Se è vero che da ogni profonda crisi può nascere una grande opportunità, quale visione è necessaria per far sì che il settore teatrale sopravviva a questa crisi?
Credo molto in questa accezione positiva del termine crisi e ci stiamo confrontando in merito a quali potrebbero essere le strategie per la rinascita del teatro. La politica raramente ha avuto visioni perché poco ha compreso, o ha voluto comprendere, del ruolo del Teatro. Un’ opportunità per questa fase intermedia può essere proprio quel digitale di cui si parlava sopra ragionando da un’altra prospettiva: quella del lavoro. Abbiamo teatri chiusi e palcoscenici vuoti; per dare lavoro immediato alle masse artistiche, creative e tecniche, a teatri chiusi appunto, senza quindi il pubblico, nel rispetto dei protocolli di sicurezza, si può avviare la costruzione di una library di un teatro in video. Una sinergia spettacolo dal vivo – mondo dell’audiovisivo. Le imprese di produzione potrebbero realizzare opere teatrali per il video, partendo dai classici fino al teatro contemporaneo: una quantità di lavoro che non escluderebbe nessuno. Un progetto in cui il ruolo pubblico è indispensabile. Si potrebbe creare una RAI – Teatro con un investimento pubblico per un progetto triennale, l’introduzione per il teatro del Tax Credit al 100% con tetto per genere di produzione e si creerebbero le condizioni per rigenerare il lavoro riducendo la precarietà che ci rende così fragili. Sarebbe veramente rivoluzionario per il lavoro nel settore. E penso subito ad una declinazione regionale con una forte collaborazione con la nostra Film Commission, che grandi risultati ha ottenuto con il suo lavoro. Ma mi piace guardare anche oltre, quando torneremo alla normalità e una proposta che metta la nostra Regione al centro l’ho maturata e trova conforto in alcune dichiarazioni pubbliche rilasciate in questi giorni dal sempre lucido Ingegnere Francesco Merloni, dal dott. Loccioni e anche da Tito Boeri. Vengano le aziende nelle Marche, ma vengano anche le compagnie teatrali. Abbiamo il più grande patrimonio di strutture teatrali pubbliche – i nostri gioielli di famiglia, i Teatri Storici – che sono sedi ideali per allestimenti produttivi e che agiscono in comunità accoglienti. Possiamo trasformare le Marche in un hub produttivo teatrale nazionale. Si dovrebbe creare un fondo di finanziamento per compagnie professionali o collettivi di artisti, regionali, nazionali ed internazionali che, attraverso l’incentivo economico, garantiscano la produzione artistica nei nostri teatri per progetti almeno triennali. Non parlo di risorse esclusivamente regionali, parto di risorse europee e nazionali che necessariamente dovranno essere ripensate se si vuole rilanciare il Teatro dopo una crisi così dolorosa, come quella che stiamo vivendo. Pensate ai benefici economici e sociali che questo progetto potrebbe portare anche alle nostre aree interne! Credo nella valorizzazione delle eccellenze, nell’incontro tra le emergenze, credo che sia tempo di guardare oltre, uscire dagli schemi classici: il Teatro per sua natura è questo.
Gigliola Marinelli