KOBE, CAMPIONE E ICONA SIMBOLO DI GENERAZIONI
La serata di domenica 26 gennaio, una serata di cinema in piena tranquillità, viene raggelata da una notizia che ci ha lasciato tutti con un senso di vuoto, sgomento e stordimento…la morte di Kobe Bryant, della sua giovane figlia e di altre sette persone in un incidente in elicottero in California. Nell’intervallo del primo tempo del film, vengo assalito sullo smartphone da questa notizia, lì per lì penso a un fake, poi controllo sull’App di Espn, punto di riferimento degli appassionati di sport Usa e vedo tra le breaking news che la notizia purtroppo è vera, assurdo, pazzesco, non può essere vero.
Kobe Bryant si era ritirato da poco, aveva solo 41 anni, ed è stato uno dei più grandi giocatori della Nba, lo chiamavano “black mamba”, fin da giovanissimo, saltò il college per fiondarsi nel mondo Pro, si dimostrò un asso fino a diventare in poco tempo una delle più grandi star del basket mondiale di tutti i tempi. Idolo dei Los Angeles Lakers con cui ha vinto 5 titoli, alcuni in condivisione con la potenza di Shaq O’Neal, era un campionissimo dall’enorme forza competitiva, dall’ossessione, a volte quasi maniacale per la vittoria e per la competizione, non mollava mai e per questo era ammirato da tutti, anche da chi come me è fan dei Boston Celtics, gli acerrimi rivali dei Los Angeles Lakers. Il 18 dicembre 2017 i Lakers, in suo onore, hanno ritirato sia la maglia n°8 che la n°24 con una cerimonia allo Staples Center presieduta da Magic Johnson. In questo modo è diventato il primo giocatore nella storia dell’NBA a vedere 2 numeri di maglia ritirati dalla stessa squadra.
Oltre ai 5 anelli con Los Angeles, ha vinto due Olimpiadi, 2008 e 2012 con la nazionale di basket USA, è stato 3 volte MVP, season e finali, 2 volte miglior marcatore della lega, 18 volte All Star, è il quarto realizzatore della NBA di tutti i tempi. Il personaggio andava oltre, si campione di basket, ma anche personaggio fuori dal campo conosciutissimo da tutti, la sua simpatia, il suo modo di fare semplice ed educato, la sua italianità dirompente acquisita nel suo periodo italiano, tutto ciò lo portava ad essere amato da appassionati e non della palla a spicchi, Kobe era una vera icona, per generazioni anche differenti di età. Nel marzo 2018 ha vinto il Premio Oscar insieme al regista e animatore Glen Keane, nella categoria miglior cortometraggio d’animazione per Dear Basketball, che ha sceneggiato ispirandosi alla sua lettera di addio al basket, una vera e propria lettera d’amore alla pallacanestro, è stato protagonista di diversi spot Nike, impegnato nel mondo benefico e in attività del sociale per favorire educazione scolastica e sportiva dei ragazzi e verso i più giovani abitanti di Los Angeles in difficoltà economico-sociali.
Il ricordo di Kobe è anche in una grande raffigurazione-murales al Palasport di Fabriano, da bimbo veniva spesso nella nostra città a seguito del padre Joe Bryant intento nelle trasferte cestistiche del campionato di A dove era assoluto protagonista, il bimbo poi sarebbe diventato un fuoriclasse…lui che ha preso l’elicottero per accompagnare la sua giovane figlia Gianna, vera promessa cestistica, ad una gara di basket, ancora si stenta a credere a questa notizia che ci ha lasciato increduli con un senso di vuoto, quasi spaesamento e profonda tristezza…era doveroso ricordarlo nel Milione, Kobe Bryant ora volerà in cielo con la sua bimba facendo sognare con le sue acrobazie gli angeli.
Francesco Fantini