5.600 FIRME PER L’ORATORIO BECCHETTI, LA PICCOLA GERUSALEMME FABRIANESE

di Marco Antonini

Fabriano – Salvare l’oratorio dei Beati Becchetti, il Santo Sepolcro di Fabriano, una piccola Gerusalemme a tre ore e mezzo d’aereo da Israele e valorizzarlo dal punto di vista turistico. Raccolte cinquemila e seicento firme in città e non solo per salvare lo stabile sito nel chiostro di Sant’Agostino. Nell’ambito della nona edizione dei “Luoghi del cuore” questo gioiello ha raggiunto il secondo posto in classifica nelle Marche e il 72° in tutta Italia. L’obiettivo è uno solo: riportare all’antico splendore questa struttura per creare un nuovo percorso turistico nella città della carta. Situato a due passi dall’ospedale, da tantissimi anni, versa in pessime condizioni. Può essere definito il “Santo Sepolcro fabrianese”, una piccola Gerusalemme. Risale alla seconda metà del ’300. L’oratorio, per secoli meta di pellegrini, è chiuso al pubblico dagli inizi del ‘900. Solo nel 1977 fu temporaneamente riaperto per salvare dal degrado le statue lignee superstiti ritrovate ammassate al suo interno poi restaurate e conservate nella Pinacoteca Molajoli di Fabriano. Abbandonato per tanto tempo, ridotto poi a deposito dei morti della vicina camera mortuaria dell’ospedale (che è stata ricavata nella sua parte più vecchia, dai locali del convento annesso alla chiesa di Sant’ Agostino), l’oratorio è oggi in stato di semi rovina a causa dell’umidità e delle carenze manutentive, spogliato del crocifisso e delle statue, di fronte ai quali, i beati, hanno tanto pregato.

“Questo luogo di eccezionale valore nazionale ed internazionale – è la denuncia del Fai, Fondo Ambiente Italiano – non solo è stato dimenticato, ma profanato e lasciato morire”. Una storia iniziata nei secoli passati. Giovanni e Pietro Becchetti, eremiti agostiniani fabrianesi, vissero nella seconda metà del secolo XV: presi dalla devozione per la passione di Cristo ottennero licenza dal Generale dell’ordine di recarsi a visitare i Luoghi Santi, che fin dall’età apostolica furono meta di pellegrini che volevano ripercorrere i passi di Gesù a Gerusalemme. Un buon numero di questi pellegrini creò rappresentazioni simboliche degli avvenimenti della Passione nel proprio paese d’origine, al fine di stimolare la devozione di coloro che non potevano fare il pellegrinaggio, nei secoli passati molto più difficile da compiere rispetto ad oggi. All’interno, infatti, si trovano cinque altari: il primo, con dodici scalini, è dedicato al Crocifisso ed è chiamato Monte Calvario, e ai suoi lati trovano posto due cappelline rappresentanti una il Sepolcro e l’altra la tomba della Vergine. Il secondo altare ricorda l’incontro della Vergine con Gesù durante la via crucis ed è chiamato Valle di Giosafat; il terzo è dedicato alla Madonna del Pianto e ricorda le lacrime versate al momento della deposizione; il quarto è consacrato alla Madonna delle Grazie. Nel quinto altare, aggiunto in seguito, furono sepolti nel 1565 i due beati.

L’oratorio contiene l’Albero della Vita, un affresco tardo gotico di Lorenzo Salimbeni, oggi in pessime condizioni a causa dell’umidità; anche la struttura necessita di un intervento urgente. L’area è di proprietà della Asur. E’ pianta rettangolare, con copertura interna poggiante direttamente sui muri perimetrali. Lo spazio architettonico si sviluppa su tre livelli. Il più alto denominato del Monte Calvario, raggiungibile attraverso dodici gradini, s’innalza di 2 metri e 20 dal piano terra. Gravemente danneggiato dal terremoto del 1768, fu restaurato, ampliato e manomesso nell’antica struttura che, da tempo, attende di essere recuperata e valorizzata come si deve.

 

 

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