L’UOMO, IL SUONO E LA MUSICA
Ciao a tutti i lettori di Radio Gold. ROCK & WORDS sono Fabio Bianchi e Massimo “Max” Salari. Insieme raccontano la storia della musica Rock e dintorni, l’evoluzione e come nascono i generi musicali, tutto questo in conferenze supportate da audio e video . Assieme sono nel direttivo dell’associazione Fabriano Pro Musica. FABIO BIANCHI: Musicista, suona batteria e tromba. Ha militato in diverse band fra le quali i Skyline di Fabriano e l’orchestra Concordia. MASSIMO “Max” SALARI: Storico e critico musicale, ha scritto e scrive in riviste musicali di settore e webzine come Rock Hard, Flash Magazine, Andromeda, Rock Impressions, Musica Follia, Flash Forwards ed è gestore del Blog NONSOLO PROGROCK. Per sei anni è stato vicepresidente di PROGAWARDS, premio mondiale per band di settore Rock Progressivo e sperimentale.
PER CONTATTI: rockandwordshistory@gmail.it o salari.massimo@virgilio.it
L’uomo, il suono e la musica
UOMO E MUSICA
La musica nasce con l’uomo, lo accompagna dai tempi dei tempi, è l’udito che ha fatto il suo naturale percorso. In fondo, il primo suono ritmico che ascoltiamo è già nella pancia della nostra mamma…. il suo cuore. Una volta nati viene il suono, ossia il riconoscere ed associare un oggetto, o una azione a quanto ascoltato. Esso ha una frequenza nel tempo.
Per l’uomo primitivo, l’associazione di suoni è poi d’importanza vitale, il riconoscere ad esempio le situazioni di pericolo o versi di alcuni animali pericolosi. Nasce anche la necessità di esprimersi a suoni, anche per lunghe distanze, il suono come mezzo di comunicazione, far viaggiare il suono al posto delle persone, molto più veloce e sicuro. Molte tribù comunicavano fra di loro percuotendo oggetti, come ad esempio tronchi vuoti o quant’altro. Si riunivano, descrivevano situazioni di pericolo o di allarme, ma a volte anche di festa. Il tronco vuoto percosso lascia così adito anche all’interpretazione del gusto personale, al piacere del movimento, perché il suono ritmico è anche rassicurante. Tutto si riallaccia al ritmo del cuore, quello che abbiamo sentito da sempre, sopra di esso come intensità, il suono ci invita a situazioni di euforia o di agitazione, più lento invece a situazione di tranquillità, calma o di riflessione. Non è naturale e quantomeno non usuale, adoperare ritmi veloci per momenti di meditazione, salvo alterazioni mentali dovute ad altre sostanze esterne non usuali. E’ nella nostra natura.
Nasce dunque la musica, per definizione così descritta: “La musica (dal sostantivo greco μουσική) è l’arte dell’organizzazione dei suoni nel corso del tempo e nello spazio.
Si tratta di arte in quanto complesso di norme pratiche adatte a conseguire determinati effetti sonori, che riescono ad esprimere l’interiorità dell’individuo che produce la musica e dell’ascoltatore; si tratta di scienza in quanto studio della nascita, dell’evoluzione e dell’analisi dell’intima struttura della musica. Il generare suoni avviene mediante il canto o mediante strumenti musicali che, attraverso i principi dell’acustica, provocano la percezione uditiva e l’esperienza emotiva voluta dall’artista.”.
La musica così si sviluppa, nel tempo cambiano i supporti per crearla, l’arte subentra già nell’ era primitiva, quando al suono di percussioni si affinano strumenti appositi, magari anche nati casualmente, ma nel tempo modificati e resi funzionali all’uopo. Un esempio un bastoncino vuoto che soffiandoci dentro produce un suono, in seguito migliorato facendo su di esso dei buchi. Un piffero. Chiudendo i fori con le dita, i suoni cambiano. Ecco il suono al servizio del piacere umano.
La musica viaggia soprattutto nel sistema limbico del cervello e scatena la dopamina, vera e propria droga. Questa non è utile per l’evoluzione della specie, ma fa piacere, come mangiare la cioccolata o fare sesso. Il cervello imparando a concentrarsi sull’ascolto quindi si droga ed inganna il corpo, come la masturbazione, essa non serve per l’evoluzione della specie, ma la si fa ugualmente per il piacere ed ingannare i neuroni (non si sta in effetti copulando).
Quindi la musica non è indispensabile per i termini biologici, ossia non allunga la vita, si può vivere benissimo anche senza, tuttavia è adatta a stuzzicare le nostre capacità mentali.
Per questo esiste anche la musicoterapia, perché riesce a lenire del 15% il dolore fisico(esperimenti fatti sulle persone, con mani immerse nel ghiaccio o ferro ardente che si scalda nella mano, dimostrano che chi ascolta musica resiste un poco di più al dolore). Con il tempo ci si accorge che esiste anche l’Amusia, ossia l’incapacità di ascoltare la musica e di memorizzarla, in fin dei conti è come la dislessia nella lettura. Grazie ad essa, si è capito che musica e linguaggio sono due cose ben distinte nel nostro cervello.
Amusici sono il 5% della popolazione mondiale. Altro fenomeno è la Sinestesia ossia la capacità di associare colori, sapori ed odori alla musica.
Nel tempo le strumentazioni rendono la musica più articolata e complessa, adatta a tutte le esigenze e nasce anche quella di scriverla per dettargli delle regole univoche per tutti.
I gusti della popolazione all’ascolto della musica, sono generalmente legati agli eventi della vita, ai singoli episodi stessi i quali modificano l’esistenza ed il modo di pensare, di conseguenza, essendo la musica un linguaggio anche scritto, è dunque cronaca del periodo.
Un esempio per far capire il concetto, la musica ed i testi di Bob Dylan non sarebbero stati tali senza la “Guerra in Vietnam”.
Tuttavia la musica ritmata per il ballo, ossia quella meno destabilizzante in quanto più ripetitiva, è quella che nei secoli va per la maggiore. La massa in essa si riconosce e si rassicura, nascono per questo anche i balli di gruppo. Si costruiscono posti dove poterla vivere al meglio, come balere e discoteche, dove la musica alta subentra nell’individuo rendendolo euforico e felice, portandolo al ballo liberatorio.
L’uomo mette necessariamente del tempo ad adattarsi ai mutamenti delle cose, c’è chi più degli altri si spinge alla ricerca ed alla sperimentazione, ma in generale questo individuo all’inizio viene emarginato emesso in una bolla precauzionale di indifferenza dalla massa, proprio come per un virus. Eppure è colui che progredisce e fa migliorare il nostro stile di vita, in effetti tutto questo viaggia nella normalità dell’evoluzione della specie.
La musica “complessa” dunque esiste, necessariamente supportata da una tecnica importante, la ricerca di nuove soluzioni, nuovi suoni e situazioni, fanno dell’ascoltatore attento un individuo che gode a pieno della musica, come un prolungamento del suo essere. C’è chi ama trovarsi destabilizzato, ossia che viene portato in nuovi ed inesplorati limbi sonori, e chi invece di tutto questo ne trae fastidio. Non esiste una regola precisa per tutti, resta il fatto che colui che modifica le regole, nel tempo e solo nel tempo, convince la massa che in qualche modo si adegua all’evoluzione stessa, facendola propria e riportandola nei canoni della stabilità, magari con qualche piccola variante. Ognuno per la causa mette del proprio.
Nascono necessariamente i nomi dei generi musicali, questo per dare punti di riferimento all’ascoltatore .Essi sono relegati agli stili ed ai ritmi, ma anche in base alle strumentazioni. Esiste la musica Classica, il Blues, il Rock, il Folk, il Metal, il Reggae, l’elettronica e decine e decine di altri generi.
La musica psicologicamente riesce a modificare anche i nostri gesti quotidiani, per esempio fa spendere di più un acquirente nei negozi, specie quella classica, in cui inconsciamente cifa sentire degli intenditori (ad esempio, si compera lo champagne più caro rispetto quello che costa di meno). Viceversa, una musica forte e ritmata o elettrica, spinge l’acquirente verso la cassa. La musica classica è anche adoperata da repellente per i vandali nelle metropolitane di Londra, non è musica cool e non piace al vandalo. Anche gli animali pur non componendo musica, hanno comunque differenti sensazioni all’ascolto, ad esempio, la mucca con Simon &Garfunkel fa più latte, mentre le galline fanno più uova con i Pink Floyd.
Il suono è dunque parte fondamentale della nostra esistenza e per vivere meglio, dovremmo dedicarci di più ad ascoltare che a sentire, perché ascoltare è dedicare l’attenzione a quel suono, mentre il sentire è un ascolto distratto senza concentrazione (ad esempio sentiamo passare una macchina ma non memorizziamo, in quanto suono già conosciuto). La nostra evoluzione passa anche attraverso l’ascolto, così la nostra cultura ed il benessere che ne traiamo, sforziamoci a capire per trarne vantaggio. MS
RECENSIONE
STEVEN WILSON – To The Bone
Caroline Records – Genere: Alternative Rock – Supporto: 2lp – 2017
Il personaggio Steven Wilson spacca il mondo del Rock Progressivo in due come una mela, o stai su una pacca o su quell’altra. Non ci sono compromessi, neppure da parte dell’artista che nella sua longeva carriera non fa altro che badare a ciò che pensa senza guardare al gusto dei fans. Tanti persi e altrettanti saliti in corsa. Ma allora molti di voi penseranno che questo atteggiamento è il vero sunto del Progressive Rock, il cambiare, ricercare e innestare diversi generi. Lo ha fatto con l’elettronica di fine anni ’80, lo ha fatto con la Psichedelia Pinkfloydiana negli anni ’90, poi con il Metal nei 2.000, i King Crimson nel 2010 ed oggi anche con il Pop. E invece no, questa cosa non gli viene perdonata dai “duri e puri” i sostenitori del Prog classico lo vedono come un “furbetto” e come “distruttore” di un genere (vero, l’ho letto centinaia di volte nei social telematici), gli altri dall’altra parte della mela lo vedono come un “genio”, opinando sul fatto che Prog non sono soltanto le vecchie glorie, ma è soprattutto un atteggiamento in divenire. La verità dove sta? A mio modesto parere risiede in una via di mezzo perché di brani geniali in effetti nella lunga carriera ne ha fatti, questo dato è inopinabile, così come un disco stratosferico dal titolo “The Raven That Refused To Sing (And Other Stories)” nel 2013, tanto per citarne uno. Vogliamo poi parlare dei suoi Porcupine Tree, o i No Man, o i Blackfield o i Storm Corosion? Di cose su Wilson ce ne sarebbero quindi da dire, ma fermiamoci ad ascoltare questa ultima fatica dal titolo “To The Bone”.
Quello che salta subito all’occhio è il cambio di label, da Kscope a Caroline Records e questo mi ha fatto già pensare anche ad un cambio stilistico, che così in effetti è. Non radicale, ma lento, se si ascoltano gli undici brani contenuti nell’album si ha un ibrido fra Progressive Rock, Psichedelia, Elettronica e Pop. Un disco che fotografa l’artista in piena muta. A maggio il singolo “Pariah” apre le danze lasciando il fans di vecchia data alquanto interdetto, ma la cristallina voce dell’ospite Ninet Tayeb è sublime e tutto passa in secondo piano, anche se il brano è sognante, elettronico e Pop, non si può che restarne affascinati. Wilson sa comporre buone melodie, non c’è niente da fare.
Il disco si apre con la title track, ottimo e movimentato Rock in equilibrio fra Pop e Progressive Rock, anche qui l’artista tiene i piedi su due staffe, a conferma di quanto descritto. A seguire la canzone “Nowhere Now”, con un inciso importante e dannatamente indelebile. Ma siamo in territorio canzone, qui lo sperimentare non è di casa e non vuole esserlo, semplicemente dritti all’obbiettivo. Altro momento Pop Rock semplice e con un Wilson inedito (canta in falsetto) è “The Same Asylum As Before”, qui c’è la conferma che sa scrivere anche canzoni semplici, ma questo lo si è visto anche con i Blackfield assieme ad Aviv Geffen. E qui non posso neppure dare torto a chi dice che ci sono incredibili deja vu, in effetti il brano è un puzzle di soluzioni già edite. Toccante e sussurrata “Refuge”, verso lo stile dei No Man, altro suo progetto assieme a Tim Bowness. Questo territorio comunque creato da Wilson è stato saccheggiato da molte band a venire, un nome su tutte, The Pineapple Thief. Giocosa e Pop al 100% “Permanating”, impossibile non trovarci dentro gli Abba e ancora una volta nel cantato fa capolino il falsetto. Qui i “duri e puri” hanno già spento lo stereo. Per il mio gusto personale “Blank Tapes” è una perla gigantesca, arpeggiata, sussurrata come solo Wilson sa concepire, chiaramente in questo territorio è imbattibile. Quando vuole picchiare lo sa comunque fare con classe ed energia, ascoltate “People Who Eat Darkness” e capirete come si può fare Rock senza strafare. Tasto dolente è l’elettronica “Song Of I”, francamente fiacca non perché elettronica, ma priva di incisività nell’insieme, resta quindi sospesa in un limbo terra di nessuno. “Detonation” ha sempre elettronica, ma riporta l’ascolto in composizioni più ricercate, un brano che ricorda anche il Wilson del primo album solista “Insurgentes”, qui chi ha spento lo stereo in precedenza non sa cosa si è perso. Chiude “Song Of Unborn”, canzone che si può benissimo collocare nella discografia Blackfield. Il mio giudizio finale è quindi positivo, ovviamente perché amo gli artisti che si mettono sempre in gioco e poi Wilson ha gusto per le melodie. Tuttavia siamo in una fase di cambiamento ancora non completa, la vecchia pelle si sta togliendo, vedremo cosa ci attenderà nel futuro. La versione di “To The Bone“ in mio possesso è in doppio lp, qui voglio dire il pro ed il contro di questa operazione: Il pro è che essendo suddiviso in due vinili, il suono è più curato dato da un solco meno compresso, davvero buono, anzi, direi ottimo. Il contro è che è in 45 giri, non si può ascoltare musica ed alzarsi in continuo a girare e cambiare facciate e disco, davvero spezza troppo l’ascolto. MS
Ascolta: “Pariah” https://www.youtube.com/watch?v=cNTaFArEObU
SUCCEDE A FABRIANO
Concerto COMPLEANNO DI PEPPE
La rassegna musicale cittadina per ricordare l’amico di tutti Peppe Costarelli. In questa edizione potranno partecipare anche le cover band! Sono aperte le selezioni, chi è interessato a partecipare può inviare un link, un file audio o un video di una performance all’indirizzo e-mail: info@fabrianopromusica.it entro il 30 novembre.
CANZONE CONSIGLIATA DELLA SETTIMANA
Questa volta le canzoni consigliate sono due, per la storica diatriba fra JETHRO TULL e LED ZEPPELIN, la famosa “Stairway To Heaven” che è stata “ispirata” da “We Used to Know” dei Jethro Tull. Plagio? Poco importa, due capolavori comunque.
https://www.youtube.com/watch?v=IS6n2Hx9Ykk LED ZEPPELIN
https://www.youtube.com/watch?v=5EBQ-ljFlt4 JETHRO TULL