PLASTICA, VETRO E METALLO NELLE SPIAGGE MARCHIGIANE

Oltre 2300 rifiuti spiaggiati, frutto della cattiva gestione e dell’abbandono volontario da parte dei cittadini e turisti. È questo il dato preoccupante che rilancia Legambiente sulla questione dei rifiuti solidi in spiaggia. Nel corso dell’indagine “Beach litter”, realizzata e curata per il quarto anno da Legambiente nelle spiagge di Marzocca di Senigallia, Marina di Montemarciano, Torrette di Ancona, Porto Sant’Elpidio Faleriense, Lido San Tommaso di Fermo, della Riserva della Sentina di San Benedetto del Tronto e di Civitanova, i volontari di Legambiente hanno, infatti, trovato spazzatura di ogni sorta in un’area di oltre 30kmq.
Anche quest’anno regina indiscussa rimane la plastica: l’83% degli oggetti trovati è infatti di plastica, seguita a pari merito da vetro/ceramica (4%), metallo (4%), rifiuti di carta (4%), e da tessili (2%), gomma (2%) e legno (1,5%). sono state monitorate dai volontari di Legambiente. A guidare la top ten dei rifiuti spiaggiati più trovati sono piccoli pezzi di plastica fino a 2,5cm che costituiscono il 21,4%. Secondo posto per tappi e coperchi, un mix di plastica e metallo per il 12,3%. Medaglia di bronzo per reti o sacchi per mitili o ostriche (7,6%). Infine, bottiglie o contenitori di plastica per bevande (5,5%) e mozziconi di sigarette (5,4%).

“I rifiuti in mare e sulle spiagge rappresentano un problema per il nostro ecosistema, per la pesca, il turismo e quindi in generale per la nostra economia – dichiara Francesca Pulcini, presidente di Legambiente Marche –. Con questa indagine vogliamo ribadire l’importanza delle politiche di prevenzione e sensibilizzazione per la riduzione degli impatti ambientali ed economici dei rifiuti in mare e quanto sia importante puntare l’attenzione sul confezionamento dei prodotti e sul packaging, che permetterebbero di ridurre di quasi il 20% il marine litter. È fondamentale, inoltre, incentivare su tutto il territorio campagne di informazione che coinvolgano amministrazioni, i cittadini e soprattutto le giovani generazioni, incoraggiando una corretta gestione dei rifiuti. Per questi motivi proponiamo di riunire uno specifico tavolo di lavoro tra le forze economiche e sociali, il mondo della ricerca e tutti i portatori di interesse per affrontare questo delicato tema. Il nostro mare e le coste sono una ricchezza preziosa che dobbiamo assolutamente tutelare”.

I rifiuti, infatti, fanno male all’ambiente, alla fauna, all’economia e al turismo. Tartarughe, mammiferi e uccelli marini, infatti, possono morire per soffocamento dovuto all’ingestione accidentale di rifiuti (in particolare buste di plastica) scambiati per cibo oppure possono restare intrappolati nelle reti da pesca e negli attrezzi di cattura professionale. I rifiuti in plastica, in particolare, sono stati associati all’88% delle ingestioni o degli intrappolamenti; mentre carta, vetro e metallo lo sono per meno del 2%. Molte delle specie che incorrono nei danni causati dai rifiuti marini, sono protette, il 15% è sulla Lista Rossa delle Specie Minacciate dell’IUCN, l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura. Ci sono poi le microplastiche che rappresentano un pericolo di contaminazione della catena alimentare, essendo questi piccoli frammenti di plastica ingeriti dai pesci che poi possono finire sulle nostre tavole. Ridurre nei prossimi anni il problema della plastica in mare salvando gli oceani, i mari e le spiagge non è una sfida impossibile. Al Palazzo dell’Onu Legambiente ha presentato, in occasione della giornata degli Oceani, sette soluzioni da adottare per salvare oceani, mari e spiagge soffocati da plastica galleggiante e rifiuti. Basterebbe estendere entro il 2020 la messa al bando delle buste di plastica non compostabili in tutti gli Stati del Mediterraneo e non. Incentivare una maggiore cooperazione tra i Paesi, diffondere una corretta gestione dei rifiuti, incrementare le campagne di informazione e sensibilizzazione rivolte a cittadini, amministrazioni locali e categorie produttive; potenziare le politiche di prevenzione e la ricerca scientifica e raccogliere la sfida dell’economia circolare. Senza dimenticare il contributo che i cittadini (la cosiddetta ‘citizen science’), organizzati possono dare alla conoscenza dei problemi ambientali.

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