AMARE, AMARE SEMPRE, AMARE TUTTI – Una testimonianza dal Mercoledì della Fede

“Amare, amare sempre, amare tutti, alla fine di ogni giornata poter dire: “Ho sempre amato”. Questa l’essenza del mercoledì della fede dello scorso 8 marzo presso la chiesa della Misericordia in Fabriano. Un evento curato dalla Diocesi di Fabriano-Matelica dove sono intervenuti con una toccante testimonianza i genitori della Beata Chiara Luce Badano con gli amici Chicca e Franz Coriasco, suo biografo. L’introduzione del nostro vescovo Stefano Russo ha avuto come tema centrale la famiglia quale luogo di santità, una comunione familiare,quale quella di Chiara, vissuta come un’occasione per un incontro con Dio sempre più pieno. “Un grande dono nel giorno dell’8 marzo, giornata dedicata alle donne- ha proseguito don Stefano- che la Beata Chiara ha fatto a tutti noi”. La testimonianza della mamma di Chiara, Maria Teresa,  è fedele alla storia, senza infiorarla. L’emozione nel raccontarla è ogni volta più forte nel rispetto della “consegna “che la stessa Chiara aveva lasciato a sua madre prima della sua salita in cielo: “Mamma scriverai la nostra esperienza e la donerai, vedrai che ce la farai”. La determinazione, la dignità e la forza di Chiara nell’affrontare la malattia che l’ha colpita a soli 17 anni, un tumore terribile ed incurabile, ha reso ancora più forti anche i suoi genitori ed amici nel sopportare questo dolore insormontabile. “La nascita di Chiara-continua la mamma-ha fatto avvertire a lei e suo marito ancora di più la grazia del loro matrimonio”. Una bambina serena che invitava la mamma già in tenerissima età a compiere ogni giorno un atto di amore. Raccoglieva e conservava un sassolino per ogni atto d’amore compiuto durante la giornata e alla sera contava con la mamma i sassolini. La bambina ne aveva sempre di più della mamma, come se per lei amare fosse la sua principale missione nella vita. Si respirava già in lei un profumo di beatitudine, in particolar modo fu determinante l’incontro con il Movimento dei “Focolarini”di Chiara Lubich, entrando a far parte dei “Gen”a soli 9 anni. “Da quel giorno Chiara  ha cominciato a camminare con il Vangelo sottobraccio”-racconta Maria Teresa-“lo portava sempre con sé”. Grazie al Movimento incontra Chicca che diventerà la sua migliore amica e confidente. La stessa Chicca ricorda quel viaggio in treno che le ha fatte conoscere e diventare inseparabili, nel nome del Vangelo che le spingeva  ad amare tutti coloro che avevano accanto. Chicca racconta di come Chiara fosse una ragazza normale, che custodiva nel cuore grandi sogni come quello di viaggiare per il mondo e magari un giorno diventare pediatra per aiutare e curare i bambini in Africa. Si divertivano insieme come normali ragazze degli anni ’80. danzavano e pattinavano insieme, si confidavano e si univano ancor di più grazie alla preghiera comune. Chiara era una persona felice, lo è stata anche nella malattia e sicuramente la radice della sua felicità era  perché in cuor suo era innamorata di Dio in modo totalizzante. Il fratello di Chicca, Franz, racconta che in realtà lui aveva sempre trattato Chiara e sua sorella con il distacco tipico dei fratelli maggiori, nonostante lei lo adorasse in quanto si occupava di musica e per Chiara era un modello da seguire. Franz racconta di averla sempre considerata all’epoca “insignificante” ma oggi, dopo 30 anni, Chiara gli ha dato una grandissima lezione: con il tempo si è compreso chi fosse stato veramente importante.

“Oggi per me Chiara- prosegue Franz- è una botte di Montepulciano ed io mi sento un bicchierino di grappa”.Chiara ha scelto di amare il Cristo “abbandonato”, quel Cristo che sulla croce ha gridato:”Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Quel Cristo e quelle grida di Gesù racchiudono tutte le grida del mondo di chi soffre, racchiudono anche le sofferenze di Chiara che ha fatto del dolore un’occasione di avvicinarsi al suo amore più grande. Lo strazio del racconto di una madre nell’assistere e vivere giorno dopo giorno la malattia della figlia, infondere lei coraggio ed essere lei stessa sostenuta dalla forza di Chiara sono stati il momento più intenso della testimonianza. La santità di Chiara si riassume, come ha raccontato suo papà Ruggero, nell’accettazione del dolore e nella trasformazione dello stesso in amore e gioia poiché attraverso questo percorso si realizzava la volontà di Dio. “La nostra è la famiglia più felice del mondo perché sentiamo l’amore di Dio con noi”- prosegue Ruggero- “in alcuni momenti mi sono sentito come un paracadutista che precipita nel vuoto ma  ho sentito Gesù darmi la forza per rialzarmi”.I genitori di Chiara, dopo un doloroso percorso nella malattia, hanno consegnato la loro figlia dalle loro mani a quelle della Madonna: l’accettazione della volontà di Dio ha permesso loro di affrontare questo dolore lacerante quale la perdita di una figlia. La serenità di Chiara nell’abbracciare la morte ha lasciato loro un dono grande, nel momento sella sua salita in cielo Chiara,con viso luminoso e dolce, ha solo detto:”Mamma sii felice, perché io lo sono”.Ed è tornata con gioia ed amore nelle braccia del Signore.

Gigliola Marinelli

Chi è Chiara Luce Badano – www.santiebeati.it

Savona, 29 ottobre 1971 – Sassello, Savona, 7 ottobre 1990. Visse a Sassello con il padre Ruggero, camionista, e la madre Maria Teresa, casalinga. Volitiva, tenace, altruista, di lineamenti fini, snella, grandi occhi limpidi, sorriso aperto, ama la neve e il mare, pratica molti sport. Ha un debole per le persone anziane che copre di attenzioni. A nove anni conosce i ‘Focolarini’ di Chiara Lubich ed entra a fare parte dei ‘Gen’. Dai suoi quaderni traspare la gioia e lo stupore nello scoprire la vita. Terminate le medie a Sassello si trasferisce a Savona dove frequenta il liceo classico. A sedici anni, durante una partita a tennis, avverte i primi lancinanti dolori ad una spalla: callo osseo la prima diagnosi, osteosarcoma dopo analisi più approfondite. Inutili interventi alla spina dorsale, chemioterapia, spasmi, paralisi alle gambe. Rifiuta la morfina che le toglierebbe lucidità. Si informa di tutto, non perde mai il suo abituale sorriso. Alcuni medici, non praticanti, si riavvicinano a Dio. La sua cameretta, in ospedale prima e a casa poi, diventa una piccola chiesa, luogo di incontro e di apostolato: “L’importante è fare la volontà di Dio…è stare al suo gioco…Un altro mondo mi attende…Mi sento avvolta in uno splendido disegno che, a poco a poco, mi si svela…Mi piaceva tanto andare in bicicletta e Dio mi ha tolto le gambe, ma mi ha dato le ali…” Chiara Lubich, che la seguirà da vicino, durante tutta la malattia, in un’affettuosa lettera le pone il soprannone di ‘Luce’. Mons. Livio Maritano, vescovo dicesano, così la ricorda: “…Si sentiva in lei la presenza dello Spirito Santo che la rendeva capace di imprimere nelle persone che l’avvicinavano il suo modo di amare Dio e gli uomini. Ha regalato a tutti noi un’esperienza religiosa molto rara ed eccezionale”. Negli ultimi giorni, Chiara non riesce quasi più a parlare, ma vuole prepararsi all’incontro con ‘lo Sposo’ e si sceglie l’abito bianco, molto semplice, con una fascia rosa. Lo fa indossare alla sua migliore amica per vedere come le starà. Spiega anche alla mamma come dovrà essere pettinata e con quali fiori dovrà essere addobbata la chiesa; suggerisce i canti e le letture della Messa. Vuole che il rito sia una festa. Le ultime sue parole: “Mamma sii felice, perché io lo sono. Ciao!” Muore all’alba del 7 ottobre 1990. E’ “venerabile” dal 3 luglio 2008. E’ stata beatificata il 25 settembre 2010 presso il Santuario del Divino Amore in Roma.