NEGLI OCCHI DI CHI GUARDA – di Laura Trappetti

Viene il giorno che in un laboratorio teatrale un bambino se ne esce dicendo che i giochi che facciamo servono ad imparare a guardare. Non avrei saputo dirlo meglio e così mi rendo conto, che è solo ritornando alla dimensione del gioco, avvicinandosi al lavoro con semplicità, che il Teatro emerge nella sua essenza: agire completamente immersi nel gioco e lasciarsi guardare da qualcuno. Basterebbe questa banale considerazione, per far sì che nelle sale teatrali, a volte vuote e più spesso ignare ed annoiate, gli spettatori spegnessero il telefonino, non chiacchierassero fra loro, recitando lo spettacolo triste di un pubblico stravaccato e ignorante per cui essere lì o nel salotto di casa è più o meno la stessa cosa. Più volte agli spettacoli per le scuole, ho assistito alla scena di bambini catturati e attenti e due poltrone più in là la maestra immersa in uno scambio di sms chissà con chi. C’è da essere grati che spesso gli attori sono così bravi da far sì che i bambini non se ne accorgano, così che non possano cogliere lo squallore di certi esempi. Loro, i bambini, sono molto più avvezzi al gioco per fortuna, non hanno difficoltà ad entrare in sintonia con un linguaggio che invece molti adulti non comprendono più. Non c’è dunque da stupirsi più di tanto se la cafonaggine diffusa ci circonda in ogni contesto. Qualcuno deve essersi dimenticato negli ultimi anni che se non sei capace di guardare, di ascoltare, di dedicarti totalmente a una cosa prima di passare alla successiva, non puoi che vivere tutto distrattamente, con superficialità: la premessa di ogni ignoranza. Grotowski, il grande pedagogo teatrale, chiamava alcuni aspiranti attori, turisti. I turisti sono quelli che vivono il viaggio senza impegno, che non si soffermano, che preferiscono fare foto ricordo invece che guardare. In una realtà sempre più complessa come quella che viviamo, dove il rischio della mistificazione è sempre in agguato, ci sarebbe semmai bisogno di viaggiatori attenti, di persone che sappiano riconoscere i luoghi e averne rispetto. Sarebbe buona cosa che se tali viaggiatori non siamo o non riusciamo ad essere, ci astenessimo dall’indicare la strada ai bambini. Loro hanno già la bussola della curiosità. Lasciamogliela.