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‘CAUCUS’ ALLA VACCINARA: PROFUMO TUO DI PRIMARIE ROMANE…

Roma, 2016. La città eterna è sempre lì, con la sua rammollita ma spassosa routine. Bande di ottuagenari con le mani dietro la schiena continuano a presidiare i cantieri della metro C. Inveendo su tutta la filiera dei santi per la qualità del calcestruzzo e dibattendo su gru, benne e foratelli. Con qualche breve divagazione sull’osteoporosi. Gli storni, che volano in pattuglie da 2,8 miliardi di unità, defecano guano a tutta mandata per la gioia dei centauri. Alcuni dei quali, poi, finiscono all’Umberto I con una tibia opponibile. Sui tram le vecchiette possono infilzarvi il ventaglio nella carotide se non cedete loro il posto. Se non vi spediscono al Verano loro, possono pensarci i pakistani con le micidiali fiatelle “mix” porro-erba cipollina (anche alle 6.45 del mattino). I clochard presidiano la Cloaca Maxima, che due millenni fa rese l’Urbe l’architrave igienica della civiltà, mentre le terree guardie svizzere, nelle loro divise modello Rocco Barocco sbronzo, vegliano il Milite Ignoto nel marmo botticino del Vittoriano. Al pronto soccorso dentistico Eastman, in viale Regina Margherita, si trapanano canini come non ci fosse un domani. Sui prati di Villa Pamphili, invece, si fanno urinare “canini” come se non ci fosse un padrone (che invece c’è). Se poi chiedete a un passante dove sta questo o quel Lungotevere, vi risponderà con una supercazzola atomica. Perché a Roma magari si sa dov’è via Fabriano (quartiere San Basilio, vialetto in mano ai pusher di anfetamine: bene ma non benissimo), però tutti fanno casino coi Lungotevere. Pizzardoni inclusi.

Una routine inscalfibile, insomma. A romperla, però, da qualche settimana ci sono loro: le imminenti elezioni amministrative. Il cui arrivo, di questi tempi, è visto dai romani con la stessa gioia con cui si salutò la pandemia di vaiolo sotto Marco Aurelio duemila anni fa. In questi giorni è già tempo di “caucus” alla vaccinara: prima il M5S online, quindi i gazebo di Salvini, a seguire quelli del PD. Il gaudio però è assicurato: i contendenti al Campidoglio infatti si lasciano andare a dichiarazioni che Rugantino, a confronto, potrebbe sembrare l’ultimo dei dilettanti. Una gara a chi piscia più lontano dai risvolti spacconi (e comici) certi.

Il primo a dare fiato alle trombe è stato il redivivo Ciccio Storace: “Se l’India non ci ridà i Marò, farò chiudere tutti i ristoranti indiani di Roma”. Questo sì che è parlare alla pancia del cittadino. “Spezzeremo le reni al pollo tandoori e disperderemo nel Tevere tutto il riso basmati” – ha chiuso. A destra però il candidato dell’establishment è Guido Bertolaso (ma solo perché Nerone, i cartaginesi e l’ebola non erano disponibili). “Toglierò i cassonetti così i rom non rovistano” – è il primo punto del suo programma. In seguito brucerà tutte le prime case per evitare l’annoso problema dei furti. “Roma è una città terremotata” – ha insistito. Poi gli hanno spiegato che sì, il Colosseo è sempre stato così. Berlusconi è sicuro su di lui. “Per gli aquilani io e Guido siamo come Gesù e la Madonna”. Infatti se si fanno rivedere a L’Aquila uno lo crocifiggono e l’altro lo fanno piangere. Poi c’è il bellimbusto Alfio Marchini: “Non sono né di destra né di sinistra. Semmai guardo al centro”. Al centro commerciale (l’ennesimo da costruire). Esilaranti anche alcuni video dei 200 candidati M5S a Palazzo Senatorio. “Mi chiamo Gemma Guerrini, ho cinque gatte, due cani, due figli e un marito solo”. E anche due piccoli serpenti e un’aquila reale. Solo non si vedono i due liocorni.

Grandi show pure domenica con le primarie del centrosinistra. Alle quali si sono presentati sei candidati e un orso. Orfini al mattino era raggiante: “Le file sono un bel segnale”. Peccato fossero le code alla mensa per non abbienti della comunità Sant’Egidio. Euforia pure per Renzi: “Il PD da sempre coinvolge e apre a tutti”. Per ulteriori informazioni, chiamare Verdini Denis (ore pasti). Attimo di defaillance alle 13: stando agli exit polls, pare che in testa ci fosse Anco Marzio. Alla fine a trionfare è stato Roberto Giachetti, il candidato avvezzo agli scioperi della fame (Renzi lo ha voluto per abituare i romani al digiuno). “Non sta scritto da nessuna parte che la sinistra vincerà” – ha avvisato Bobo. Già. Infatti potrebbe vincere lui. Una cosa è certa: da qui a giugno il cabaret è garantito.

Valerio Mingarelli