CERRETO D’ESI – “UN RICONOSCIMENTO A PORFIRIO CARLUCCI, REDUCE DI GUERRA”

Cerreto d’Esi – Un testimone della storia del nostro secolo a torto dimenticato? Il quesito c’è lo poniamo parlando di Porfirio Carlucci, reduce di guerra, nato a Cerreto D’Esi il 26 dicembre del 1923, dove ancora vive. Tre fratelli Porfirio, Ampelio, Francesco, una sorella Danila, l’unico della famiglia rimasto in vita.

“Ritengo legittimo – dice la nipote Silvana Carlucci – omaggiare il lato umano, quello del migrante in svizzera negli anni ’56/’57 e del reduce di guerra. Proprio per questo ultimo aspetto mi rivolgo in particolare al presidente dell’Associazione Bersaglieri, delusa, ma convinta di sensibilizzare l’Associazione verso un miglior rispetto per chi ha vissuto questi difficili momenti di vita. Appena ventenni lui, suo fratello Ampelio, i suoi cugini ed amici vengono chiamati a combattere per una guerra che hanno sentito solo dai racconti dei loro padri ma molti non ritorneranno e sappiamo tutti perché. Mio zio Porfirio – spiega Silvana – appena ventenne entra nel corpo bersaglieri di Siena 5°reggimento motorizzati il 6 gennaio 1943 ed il 10/6/1943 lascia la famiglia, gli anziani e il suo borgo per andare a combattere per una Italia migliore. Con la compagnia autonoma auto blindi parte per la Grecia. A Tebe viene fatto prigioniero il 31/8/1943 ed internato nel campo di Svebisgminth 4042 con la matricola 44416. Nonostante indescrivibili sevizie e stenti e il duro lavoro nella fabbrica di armamenti, per due anni, riesce a sopravvivere grazie alla sua corporatura forte e robusta. il 2 /6/1945 viene liberato e rimpatriato dagli americani. Il giorno della partenza pesava 84 kilogrammi, al rientro 48: neanche il cane di casa lo riconobbe”.

Non finisce qui la vicenda umana del signor Porfirio. “Negli anni Cinquanta inizia la parentesi da emigrato in Svizzera, da dove rientra in Italia come pensionato, riprendendo la sua vita di agricoltore, le sue passioni. Purtroppo – sottolinea sua nipote – la dura realtà della vita gli sottrae un figlio 50enne lasciandolo con un nipotino di 1 anno, poco dopo muore anche la nuora poi la moglie, l’unica figlia rimasta si trova ancora in Svizzera con la famiglia. Ora a 96 anni, è solo con i suoi ricordi e deve di nuovo combattere… con un altro nemico tedesco: l’Alzheimer. Nessuno – dichiara – si è più interessato a Lui e poiché migrato in Svizzera e non al corrente con le richieste/scadenze non riesce a percepire nessuna pensione di guerra. Qualche anno fa – ci confessa la signora Carlucci – l’ho accompagnato alla ricorrenza del 4 novembre. Sono rimasta allibita nel vedere reduci plurimedagliati e mio zio senza nemmeno una croce. Così, ho subito richiesto tutta la documentazione all’Archivio di Stato e in base a questa documentazione gli hanno concesso la Medaglia al Merito. Per la prima volta ho visto questo uomo, onesto e provetto lavoratore, onorato anche come reduce combattente e veterano di guerra, l’intera assemblea si è levata in piedi commossa. A questo punto, pero, mi sono chiesta: come mai il Corpo Bersaglieri non lo ha mai chiamato a nessun raduno e tanto meno concesso riconoscimenti? Come mai il Corpo degli Alpini al quale mio suocero apparteneva per ogni ricorrenza lo preleva a casa e lo portava in trionfo come testimone di guerra? Per non lasciare nulla d’intentato, ha preso contatto con l’allora presidente di Fabriano che mi rispose: non era tesserato. Questo molto probabilmente per il fatto che era in Svizzera e non sapevano della sua esistenza e dopo anni di tesseramento mi rifiutai di sottoscriverlo ancora in quanto nessuno si è mai degnato di onorarlo. Nel tempo i presidenti si sono susseguiti ma il Corpo Bersaglieri pur passando le ricorrenze ha continuato a non prenderlo in considerazione: ecco la mia amarezza e delusione”. La signora Carlucci ha un desiderio: organizzare una cerimonia in onore di Porfirio Carlucci.