Don Tonino Lasconi festeggia gli 80 anni: A tu per tu con il direttore Gigliola Marinelli
Classe 1943, don Tonino Lasconi ha raggiunto il 20 agosto scorso l’importante traguardo degli 80 anni. La nostra comunità cittadina è grata per l’intelligenza, la visione, la vivacità intellettuale, la presenza costante e l’ammirevole spirito di condivisione con cui don Tonino ha guidato e continua a guidare generazioni di fabrianesi che lo amano ed apprezzano come sacerdote, educatore, giornalista ed eccellente comunicatore. Personalmente è un onore scrivere questa intervista con cui desidero augurare ogni bene al prezioso collega giornalista che tanto ha creduto in questa professione, ricoprendo anche il ruolo di direttore del nostro amato settimanale diocesano.
Don Tonino, hai appena festeggiato gli 80 anni. Sei stato circondato da un profondo affetto e da infinite dimostrazioni di gratitudine, sei tanto amato. Possiamo tracciare un bilancio di tanti anni a servizio della nostra diocesi e comunità cittadina come educatore, comunicatore e guida spirituale?
I complimenti e la stima non dispiacciono. Però essi nascono da esperienze vissute: “Ricordi all’ITIS; “In quel campo scuola?”; “Quella recita a Nebbiano?”; “San Biagio e il terremoto?”; “Il convegno a Reggio Calabria?;“Quel giorno a L’Azione? Tutte memorie che dicono: noi. Il che significa che ho incontrato sempre persone collaborative, creative, schiette, tenaci. A esse la fatica, a me il merito. “Non è giusto però!”.
Confesso un certo imbarazzo nel porgere delle domande ad un esperto di comunicazione quale tu sei. Partiamo subito in quarta marcia, senza peli sulla lingua. Cosa ne pensi del modo di comunicare adottato oggi dal mondo giornalistico, che tu peraltro conosci benissimo, e non solo?
Non da esperto ma da praticante: non la vedo bene. I media ragionano sfacciatamente per schieramenti: se dici bianco, io dico nero, e finisce come è cominciato. Nei social sventola un’unica bandiera: dico quello che mi pare. La proliferazione veloce dei linguaggi non ha avuto il tempo per integrarsi. E cosa porterà l’intelligenza artificiale? Ho chiesto all’intelligentone il commento a un brano di Vangelo. Lo ha fatto e bene in due minuti. C’era un errore. L’ho segnalato. Lo ha trovato in un attimo, chiedendo anche scusa. Ma se non avessi conosciuto la materia, chi l’avrebbe individuato? Chi verificherà la veridicità delle notizie?
Si parla quotidianamente di crisi della carta stampata a causa del sopravvento dei social network e del giornalismo on line. Eppure il settimanale diocesano L’Azione, che tu hai diretto egregiamente, continua ad avere tantissimi lettori ed abbonati. C’è forse un pregiudizio verso queste nuove forme di comunicazione e di informazione a tuo vedere?
I nuovi strumenti di comunicazione possono convivere se c’è la consapevolezza della loro specificità. L’Azione ha resistito perché non si è mai illusa di essere da premio Pulitzer, bensì un servizio a destinatari di un territorio determinato con interessi bene indentificati. Se continua così la spunterà anche con l’intelligenza artificiale.
Nel 1969 hai fatto parte della commissione nazionale per la fondazione dell’Azione Cattolica Ragazzi, sei stato un innovatore sostenendo che la Chiesa deve avere come principio cardine il rinnovamento ed adattarsi al cambiamento della società. Credi che questo principio sia stato adottato o che ci sia ancora qualche “aggiustamento” da compiere?
La Chiesa non deve “adattarsi”. Purtroppo lo ha fatto e continua a farlo, nonostante gli strattoni di Papa Francesco. Deve “misurarsi” con la realtà che cambia, per evangelizzarla con i linguaggi adeguati. Succede troppo poco e preoccupano ritorni ai tempi passati: “Quelli sì!”.
I giovani hanno visto e vedono ancora nella tua figura di sacerdote un esempio ed una guida. Oggi la cronaca ci presenta uno scenario drammatico di sofferenza, solitudine, isolamento, inquietudine e, purtroppo, micro criminalità giovanile, anche nel nostro territorio. Puoi darci una tua personale lettura di questo disagio?
Tempi duri per i ragazzi. Navigano nella realtà come su internet: qua e là. I genitori non hanno autorità e non hanno voglia affrontare problemi per averne. Gli insegnanti, guai se provano ad affermarla. In questo contesto, anche gli oratori parrocchiali sono poco attrattivi ed efficaci. Soltanto i “coach” riescono a motivarli e a impegnarli, perché per lo sport allenatore, ragazzi e genitori concordano. Senza una “rete” tra componenti educative… niente pesci.
Sei un educatore di tutto rispetto, hai formato generazioni di giovani. Oggi la figura del parroco si sta evolvendo, soprattutto i sacerdoti più giovani stanno modificando, se non stravolgendo, la tradizionale concezione del sacerdote, anche dal punto di vista comunicativo e social. Rientra in quella forma di rinnovamento, di quel “guardare avanti” che tu da sempre hai sostenuto?
E’ quello che i sacerdoti giovani dovrebbero fare ma, se devono correre da una parrocchia all’altra, come fanno a rinnovare e, al contrario, a evitare il rischio di tornare al passato, scambiando per novità ciò che i “vecchi” del tempo di Concilio avevano faticosamente superato?
Fabriano è una città che sta subendo da anni una profonda crisi economica ed occupazionale. Da “Città del bianco”, di matrice “metalmezzadra”, ora è in cerca di una nuova identità, volgendo lo sguardo ad un possibile turismo che possa far uscire il territorio da questa fase depressiva. Secondo te come può Fabriano rendersi più attrattiva ed appetibile? Cosa ci manca, in buona sostanza?
Il pensiero di rendere Fabriano un’attrattiva turistica era assillante già da quando ero a L’Azione. E’ ancora un pensiero. Per scendere al fare servirebbe un progetto lungimirante – sottratto alla politica “Penelope” che fa e disfà con l’alternarsi delle vittorie elettorali – per valorizzare quello che abbiamo: il centro storico. Ne ho visti in Italia di belli, animati da botteghe artigianali, negozi, mostre. Il nostro? S. Agostino, S. Domenico, Sacro Cuore chiusi; San Benedetto, difficile da trovare aperto. Dove va un turista dopo aver visto la piazza, il museo della carta, la pinacoteca?
In chiusura, lascio a te un saluto ed un consiglio di buon auspicio alla comunità di fedeli che tanto ripongono in te fiducia ed affetto. Qual è il tuo augurio più grande per tutti noi?
Il mio augurio è non rinunciare al sogno di un territorio e di una Chiesa vivaci, ospitali, creativi.
Gigliola Marinelli