Don Umberto: “Vi racconto i miei primi 20 anni di sacerdozio”
Don Umberto Rotili festeggia 20 anni di ordinazione sacerdotale. Il solenne rito avvenne il 6 settembre 2003 in Cattedrale a Fabriano con il rito presieduto dal vescovo Giancarlo Vecerrica. Con lui fu ordinato don Graziano Malodobry. Sono andato a trovare Umberto, amico prima di tutto, che domenica (foto) ha ricordato il suo anniversario nel corso di una solenne celebrazione in parrocchia.
Don Umberto sfogliamo insieme il libro dei ricordi.
20 anni sono volati: quando fai ciò che ti piace il tempo non pesa. Ho trovato la strada della mia vita. Sono felice di quello che sono e delle sfide che mi aspettano. Sono curioso della vita e del futuro. Ogni giorno trascorso è stato ricco di doni.
Ti aspettavi così questi primi 20 anni?
Sinceramente all’epoca non sapevo cosa aspettarmi dal mio sacerdozio. Ero inconsapevole. I sei anni di Seminario, sei anni, non ti forma a livello umano, ma alla teologia e alla cultura. Purtroppo non ti prepara alle cadute che avrai e alle persone che incontrerai. Non c’era una preparazione psicologica e umana come avviene oggi. Però ho trovato sempre la forza di rialzarmi. Credo che la mia vocazione profonda è stata vissuta appieno. Al Signore ho chiesto quel 6 settembre di essere felice e trasmettere la gioia a tutti coloro che avrei incontrato.
Come sei cambiato tu e come è cambiata la spiritualità?
In 20 anni è cambiato tutto. La vita, la società, anche la nostra Diocesi. C’era una grande presenza di preti che venivano da prima del Concilio, con idee che oggi sembrano lontane anni luce. I tempi sono cambiati, anche la mentalità che per un prete è una delle sfide più complicate deve cambiare e rinnovarsi spesso. Perfino Fabriano è cambiata. Dalla città sicurezza e stabile, a città ricca di incertezza e paura. In tanti sono partiti, molto soffrono, tanti hanno cercato risposte in Dio: purtroppo molti non le hanno trovate. E’ difficile essere sacerdoti oggi, serve rinnovamento quotidiano che ti permette di essere padre e fratello di tutti coloro che incontri nel cammino.
Quel giorno ero in Cattedrale e ricordo la solennità del momento. Già allora c’erano molte aspettative su di te…
Che festa a San Venanzio! Le aspettative mi spaventavano tanto, onestamente. Ero molto conosciuto e non sapevo se la gente avrebbe visto in me un sacerdote visto che avevo vissuto una vita diversa in precedenza. Avevo paura: non sapevo come sarei stato accolto. Per questo chiesi al vescovo di iniziare il mio ministero fuori Fabriano. Andai a Sassoferrato. Poi l’anno dopo tornai a Fabriano. I primi anni sono stati formativi: mi sono allontanato dai modelli di prete che non volevo essere e ho capito cosa il Signore voleva da me. Stare lontano da Fabriano mi ha dato grinta e consapevolezza. Avevo bisogno di essere un Umberto “nuovo”.
Domenica la festa in parrocchia, alla presenza di diversi sacerdoti, del vescovo Massara, delle autorità e di molti fedeli…
Non mi aspettavo così tante persone e la sorpresa del vescovo che ha assistito a tutta la celebrazione. Mi sono emozionato perchè ogni giorno sento l’affetto di tutti. Abbiamo pregato insieme, ringraziato il Signore per questi primi 20 anni, poi abbiamo fatto festa insieme, sul sagrato. Grazie per il senso di comunità che ho avvertito.
C’è una grazia particolare che il Signore ti ha fatto?
MI ha permesso di raggiungere una consapevolezza: trovarmi al posto giusto. Questo il Signore voleva da me e mi ha permesso di fare mille progetti, nonostante le difficoltà. Dobbiamo volare in alto. So che devo tirare fuori il talento da ognuno perchè tutti possono brillare e non posso fermarmi perché i miei parrocchiani hanno bisogno di questa spinta verso la felicità che solo Cristo può dare. La nostra città deve essere illuminata dalla fiaccola divina che ognuno di noi ha dentro. Nessuna vita è perfetta, priva di drammi, di errori, ma la vita è questa e dobbiamo cavalcarla e farla brillare. Non arrendetevi! So che non posso fare tutto da solo. Ho persone fidate, intelligenti, più brave di mese che ogni giorno dedicano a me e alla chiesa il loro tempo. Sono circondato da una marea di persone che ringrazio. E’ un grande dono avere fiducia e stima da parte dei laici che sono diventati amici. Tutti i vescovi che ho incontrato hanno trovato in me qualcosa di bello, a partire da monsignor Luigi Scuppa a cui dissi di voler entrare in seminario, a Roma, fino a mons. Vecerrica che ha presieduto quel giorno la sua prima Messa di Ordinazione di un sacerdote, e a monsignor Francesco Massara che mi ha dato tanta fiducia, fino a darmi l’incarico di direttore del museo Diocesano oltre che vicario di Fabriano. Grazie. So che non sono immune da errori.
Tante tappe per un cammino che non si ferma. Fino ad arrivare alla Misericordia, casa tua.
Prima Sassoferrato che è stata una sfida difficile. Poi a Fabriano, a San Giuseppe Lavoratore. Non avevo esperienza. Seguire don Silvano Lametti, indimenticato parroco, mi ha aiutato tanto. Ancora lo porto nel cuore. Anche Attiggio, Argignano e Bassano sono state sfide belle, per vivere, crescere con persone straordinarie e avviare una progettualità forte, in comunione tra tre paesi. Poi l’arrivo alla chiesa della Misericordia. Sono tornato dove sono nato e cresciuto. Per qualcuno potevo essere il “figlio della fioraia”. Ho iniziato con loro a costruire tanti progetti che hanno fatto diventare la chiesa della Misericordia un punto di riferimento per tutta la città.
E Giuseppina è diventata “la mamma del prete”
(ride). Si, è proprio così e mamma è felicissima e a volte si presenta in quel modo!! La mia vocazione è nata in famiglia. Vedere i miei genitori sempre presenti sono la più bella testimonianza di fede. Mi danno la giusta spinta per andare avanti.
Un sogno nel cassetto?
Vorrei fare ancora tante cose. Nessuno potrà fermami: la consapevolezza che ho maturato e la grazia di Dio mi sosterranno. Continuerò a studiare, a progettare, a dormire poco, come dicono i miei parrocchiani, per inventarmi qualcosa! Il Signore vive in me: non sarò mai solo. Se cado mi rialzerò. A tutti voi dico grazie e una preghiera. Spero di tirare sempre fuori il meglio da me stesso e di essere uno strumento, per tutti, nelle mani di Dio.
Marco Antonini