La Confraternita della Carità e l’Oratorio

Fabriano – Tra i tesori nascosti del centro storico della città di Fabriano, dall’alto valore artistico, spicca l’Oratorio della Carità. Quasi nascosto tra il Loggiato San Francesco e il Teatro Gentile, uno scrigno d’arte quasi inaspettato che sorprende non solo per l’impatto scenico, ma anche per la storia che c’è intorno, la storia delle confraternite, degli oratori. L’origine delle confraternite è di epoca carolingia, ma solo dopo il Concilio di Trento (1545-1563) lo sviluppo di tali associazioni fu ulteriormente favorito dalla chiesa che, nel suo processo di rinnovamento, intensificò l’attuazione di forme caritative e assistenziali sopperendo in tal modo l’assenza di politiche sociali e dì istituzioni civili. La Compagnia aveva una propria organizzazione, statuti, poteva accettare lasciti, possedere beni immobili, amministrare la propria cassa, gestire patrimoni notevoli, avere quindi la possibilità di commissionare opere e arredi sacri di notevole valore con cui arricchire sedi e oratori. L’oratorio fu sede della Compagnia della Carità, la Confraternita della Carità fu fondata a Fabriano dal monaco camaldolese Benedetto, i suoi statuti furono definiti su quelli della confraternita dei Pellegrini costituita da S. Filippo Neri. Nel 1587 personaggi facoltosi e di comprovate qualità morali eressero l’Oratorio su un terreno comunale precedentemente appartenuto al convento di S. Francesco la cui splendida chiesa sorgeva vicino. Ci vollero dieci anni per completare l’Oratorio, la costruzione iniziò nel 1587.
Le pareti sono ornate da splendidi affreschi in 14 riquadri divisi, con decorazioni di stucco, dorature e con pitture murali dell’artista Filippo Bellini.

Filippo Bellini, di Urbino si formò sulle opere del famoso pittore Federico Barocci con influssi indiretti del fiammingo Calvaert operante in Bologna. I dipinti sono stati eseguiti tra il 1598 e il 1602, con qualche interruzione negli ultimi anni di vita del pittore anche per motivi di denaro, visto che poi l’opera si concluse con il pagamento di 50 scudi in più rispetto al prezzo pattuito. Si vede la forte influenza del Barocci, una certa efficacia nella tonalità, nella maniera di tinta e di avvolgimento delle vesti e dei panneggi, negli sfondi trattati attraverso rappresentazione di vicende ed aneddoti, tutto realizzato con lievi e rapidi tocchi e con luci tenui che s’affievoliscono. I soggetti dei 14 riquadri si rifanno a temi tratti dalla Bibbia e dal Vangelo, esemplificando le opere della Misericordia.

Tra queste nel II riquadro Tobia che sopporta i rimproveri di sua moglie Anna, sul fondo tre scene di Tobia con l’angelo, nel III Santo Stefano, primo diacono che indossa la dalmatica, che subisce il martirio della lapidazione, pregando per i suoi persecutori con sullo sfondo il re Saul che conserva le vesti dei lapidatori e lo stesso Stefano che ha visione della Trinità, nel IV il Battista che ammonisce Erode di non convivere con la cognata Erodiade, nel fondo tra arcate un banchetto, nel VII il profeta Daniele interpreta al re babilonese Nabucodonosor il sogno, prevedendo la fine del suo regno, la figura del vecchio davanti a sinistra è l’autoritratto del pittore. Nell’ XI Marta ospita Gesù mentre la Maddalena inginocchiata gli bacia la mano, nel fondo Cristo siede a tavola e s’intravede il sepolcro aperto, nel XII il re di Babilonia Evilmeradach libera dal carcere Gioacchino re di Giudea e gli rende il suo regno, nel fondo Gioacchino fatto prigioniero, nel XIV Tobia rapisce i corpi degli uccisi e li seppellisce nella sua casa, qui vi è un interessante e suggestivo contrasto di luce tra la fiaccola retta dal giovane e l’illuminazione lunare della scena di fondo, questo riquadro è piuttosto impressionante e d’impatto emotivo. Sull’altare vi è la tela della Deposizione dalla Croce, consistenza del colore più intenso che nelle pareti murali, le vesti hanno sempre quel colore tenue quasi sbiadito tipico del manierismo del Barocci, con il raffinato cangiantismo dei colori di brillante intensità, in una spazialità decorativa, con la scena di fondo ricca di figure e movimento. Un luogo, uno scrigno d’arte assolutamente da scoprire, in una Fabriano di inizio Seicento che anche con i suoi oratori sorprende per la bellezza il visitatore.

Francesco Fantini