IL GIORNO DELLA MEMORIA, PER NON DIMENTICARE

Il 27 gennaio di ogni anno si celebra in tutto il mondo il Giorno della Memoria: viene ricordato il 27 gennaio 1945 quando le truppe sovietiche dell’Armata Rossa, impegnate nell’offensiva Vistola-Oder, arrivarono ad Auschwitz svelando al mondo l’orrore del campo di concentramento, uno dei luoghi del genocidio nazista, liberandone i pochi superstiti. L’apertura dei cancelli di Auschwitz mostrò al mondo intero non solo molti testimoni della tragedia, ma anche gli strumenti di tortura e di annientamento utilizzati in quel lager nazista. Chi visita Auschwitz, a circa 60 km Cracovia in Polonia, appena si varca il cancello del campo di concentramento con la scritta Arbeit macht frei, “il lavoro rende libero” si viene travolti dalla storia, da una storia malvagia, terrificante, drammatica, un forte senso di angoscia e smarrimento prendono il sopravvento, si viene travolti dalla paura, dal dolore di un popolo. Impressionante l’atmosfera che si respira, impressionate tutta la macchina che c’era intorno all’olocausto, impressionante quello che la mente umana riuscì soltanto a pensare e purtroppo a fare.

Da allora Auschwitz è divenuto in qualche modo il simbolo dell’Olocausto e di una tragedia che ancora oggi è difficile spiegare. Secondo alcuni dati diffusi dall’US Holocaust Memorial Museum di Washington, nel campo di concentramento morirono oltre 960 mila ebrei, 21 mila rom, 74 mila polacchi, 15 mila prigionieri sovietici e 10 mila di altra nazionalità. Ancora oggi è difficile spiegare cosa sia accaduto ad Auschwitz e negli altri campi di concentramento. Le testimonianze dei superstiti ce l’hanno raccontato e gli studiosi hanno provato a dare un senso a quel male oscuro che si scatenò contro gli ebrei e contro tutti coloro che hanno perso la vita nel genocidio. Non c’è modo più efficace che ricordare quell’orrore, e farlo conoscere alle nuove generazioni, con il racconto di chi l’ha vissuto, come nelle parole di Liliana Segre: “Non ho mai perdonato, come non ho dimenticato”. Una testimonianza forte che la dice tutta.

La data del 27 gennaio è riconosciuta anche dalla Repubblica italiana, è diventata così significativa per ricordare lo Shoah, lo sterminio del popolo ebraico, le leggi razziali, ma anche la persecuzione italiana dei cittadini ebrei e gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte. Tanti i libri e importante la letteratura sul tema, come non citare “il Diario” di Anna Frank, una delle più famose testimonianze dell’Olocausto, anche se di fatto non parla dei campi di concentramento. Fu scritto dalla sua giovane autrice, mentre si trovava nascosta in Olanda, prima che venisse catturata e deportata. Una lista che tratti il tema dell’Olocausto non può dimenticare “Se questo è un uomo” di Primo Levi, best-seller internazionale e uno dei romanzi più intensi sull’argomento. Pubblicato per la prima volta nel 1947, venne però scoperto dal grande pubblico solo a partire dal 1958. “Il Medico ad Auschwitz” è invece la testimonianza di Miklós Nyiszli, ebreo ungherese, una delle più significative della storia dell’Olocausto. Nyiszli fu infatti deportato ad Auschwitz ma lì, visto che era un medico, entrò nella squadra del terribile Josef Mengele, potendo assistere a molte delle sue mostruose pratiche sugli ebrei e sui cadaveri. Un altro grande classico di questo genere letterario è “La notte” di Elie Wiesel, pubblicato per la prima volta nel 1958. Fortemente autobiografico, il libro è anche un racconto crudo e a tratti morboso della difficile esperienza nei campi di Auschwitz e Buchenwald.

Il romanzo “Il bambino con il pigiama a righe” è recente, visto che è stato pubblicato nel 2006 dall’irlandese John Boyne. Questa volta siamo di fronte a una assoluta finzione che però ha avuto un certo impatto sull’immaginario collettivo, anche grazie alla trasposizione cinematografica. Il cinema ha tratto molte pellicole sul tema, significativa certamente è il capolavoro di Steven Spielberg, “Schindler’s List” con Liam Neeson, uno dei film più famosi che hanno trattato un tema così doloroso come l’Olocausto trattando la storia di Oskar Schindler, industriale tedesco, che fa di tutto per salvare i suoi dipendenti ebrei, come non citare “La vita è bella” del 1997 di e con Roberto Benigni. Favola dolceamara di una famiglia ebrea italiana deportata in un campo di concentramento. Il film vinse 3 Oscar e un posto nella storia del cinema. Secondo Primo Levi, è necessario che la memoria dell’olocausto non muoia, ma passi di generazione in generazione, nessuno deve dimenticare le atrocità del sistema nazista e tutti devono riflettere sul pericolo, sempre ricorrente, che i principi del razzismo tornino ad avere il sopravvento e producano di nuovo le barbarie dei lager. L’unica certezza è che il solo modo per evitare che una tragedia di questa portata si ripeta è continuare a preservare la memoria di ciò che è accaduto, onorando le vittime e imparando dal passato, ed è questo il vero significato della Giornata della Memoria.

Francesco Fantini