Immacolata Concezione, il capolavoro dell’Annunciata di Antonello da Messina
L’Immacolata Concezione è il privilegio che la dottrina cattolica attribuisce a Maria madre di Gesù: di essere stata preservata immune dalla macchia del peccato originale dall’istante del concepimento. Questa credenza fu definita dogma di fede da Pio IX, con la Costituzione Ineffabilis Deus, promulgata l’8 dicembre 1854, da qui la festività dell’8 dicembre, ma le sue origini sono molto antiche. In Oriente la festa dell’Immacolata concezione era celebrata già nell’ VIII e IX secolo. Tra i dipinti di Maria Vergine, spicca la bellissima Annunciata di Antonello da Messina. Palermo conserva quest’opera, la più iconica di Antonello da Messina, un olio su tavola, 46×34 cm del 1475. Un’Annunciazione senza angelo che è tutta interiore: lo sguardo della Vergine posto a destra verso il basso, come volesse sfuggire il contatto, la mano sospesa nell’aria come a voler allontanare un interlocutore che però non c’è. Lo sguardo misterioso della giovane donna, è di una bellezza del Sud quasi sensuale, quasi assorto, che rivela anche un certo lato misterioso e riservato. La piega del manto della Vergine, al centro della fronte, detta la simmetria perfetta del viso racchiuso, tra le pieghe del velo tenuto flebilmente giunto dalla mano sinistra di Maria. L’azzurro del manto rimanda alle antiche icone di scuola bizantine. L’Annunciata è il capolavoro della maturità di Antonello da Messina. Il pittore era già stato a Napoli alla metà del secolo, dove aveva incontrato i fiamminghi. Poi in Toscana, nelle Marche, a Roma. Aveva conosciuto Piero della Francesca, non solo sommo pittore della Resurrezione ma anche il teorico della prospettiva. L’anno prima era stato a Venezia dove aveva incontrato un altro pilastro del Rinascimento italiano, Giovanni Bellini. Tutto questo trascorso si ritrova nel capolavoro dell’Annunciata, nella rappresentazione attenta del particolare, nella resa dei volumi, nella perfezione del colore, nell’introspezione psicologica del personaggio.
Francesco Fantini