L’ARTE DEL GENTILESCHI IN MOSTRA E IL SAN CARLO A SAN BENEDETTO
Dal 2 agosto all’8 dicembre 2019, la Pinacoteca Civica “Bruno Molajoli” di Fabriano ospita la mostra La luce e i silenzi: Orazio Gentileschi e la pittura caravaggesca nelle Marche del Seicento, interamente dedicata all’attività marchigiana di Orazio Gentileschi , uno dei più grandi pittori caravaggeschi. La rassegna riunisce le opere che Gentileschi realizzò nelle Marche, ad Ancona (1606-1607) e a Fabriano (1613-1619): si tratta di capolavori come la Circoncisione, la Vergine del Rosario, la Visione di santa Francesca Romana, la Maddalena. Le opere di Gentileschi sono poste a confronto con un gruppo di opere di grandi artisti del Seicento, tra cui un caravaggesco marchigiano, Giovanni Francesco Guerrieri, e altri grandi protagonisti del tempo come Guido Cagnacci, Simon Vouet, Valentin de Boulogne, Alessandro Turchi, Giovanni Baglione, Pomarancio.
La mostra va integrata contemplando il ciclo della passione di Orazio Gentileschi presso la Cattedrale di San Venanzio e anche andando a visitare anche la Chiesa di San Benedetto. Immersi e rapiti da quel raffinato barocco marchigiano della Chiesa di San Benedetto, lo sguardo volge subito alla prima cappella a sinistra della chiesa, consacrata nel 1620 per iniziativa di una Confraternita intitolata a San Carlo Borromeo. Orazio Gentileschi, uno dei maggiori artisti del ‘600, qui vi dipinse un Carlo Borromeo nell’atto di pregare di fronte agli strumenti della passione indicati da un Angelo. Questo dipinto per l’altare maggiore si mostra estremamente suggestivo e d’impatto: San Carlo, nella sua veste rosso-vivo cardinalizia, è con le mani al petto inginocchiato dinanzi ad un altare decorato da una candida tovaglia con ricami, sopra vi è una nuvola sulla quale ben saldo e fiero vi è un angelo con abito corto rosso dalle eleganti ali variopinte, un angelo bello e suadente proprio come era tipico dell’arte del Gentileschi, un angelo avvolto da una sorgente luminosa in un gesto quasi impenitente con cipiglio severo e consapevolezza.
Sembra una figura reale, concreta, molto convincente, con la destra abbraccia con vigore una croce mentre con la sinistra indica al santo un’altra scena: dal fondo scuro del dipinto appaiono altre nuvole sulle quali siedono figure angeliche che mostrano a Carlo Borromeo gli strumenti della Passione: dal velo, alla colonna, alla corona delle spine, al bastone. Struttura narrativa di forte intensità con l’intento di spingere il fedele, sull’esempio del santo milanese, alla riflessione sulla Passione di Cristo. Orazio Gentileschi dopo il ciclo di San Venanzio e la Maddalena Penitente, ora esposta in Mostra, tra il 1613-15 lascia anche quest’altra sua testimonianza in Fabriano, e proprio la non centralità della città nel panorama artistico del tempo, il non doversi per forza confrontare con le opere dei suoi contemporanei ha fatto si che l’artista potesse esprimersi senza essere per forza “alla moda” e siglare così un linguaggio nuovo, alto, nella sua forma di conservatorismo.
Francesco Fantini