Rubriche

NELLE MARCHE ROCK

KURNALCOOL – VI!

Svirgin Records

Distribuzione italiana: ?

Genere: Heavy Metal / Vi Metal

Support: CD – 2009

Nelle Marche si mangia bene e si beve meglio! Questo non spetterebbe a me dirlo, ma ad un critico culinario, però concedetemelo, specialmente per quello che riguarda il “bere meglio”.

Nella regione adriatica c’è la giusta temperatura ed altezza per una riuscita ottima di vini bianchi e rossi, vere poesie per palati, allora non resta che cantare le lodi di questo nettare antico che ha da sempre accompagnato e “modificato” la storia dell’uomo. Si è sempre detto che il vino fa cantare, e c’è chi la faccenda l’ha presa nel vero significato del termine. Verdicchio, Trebbiano, Rosso Conero, Vernaccia, Morro D’Alba, Rosso Piceno e molti altri sono gli ispiratori principi per una band che nella storia del Metal ha spalancato una nuova porta: il VI Metal (VI è in dialetto anconetano l’abbreviazione di vino).

I Kurnalcool sono di Falconara e si formano nel 1986, adoperando l’Hard Rock ed il Metal come mezzo di comunicazione spesso colorito e solo a tratti demenziale. Narrano di storie alcoliche in dialetto ed in maniera goliardica, divertente e sfacciata, forse proprio per questo non visti bene dai molti benpensanti. Chi ha avuto l’occasione e la fortuna di vederli dal vivo hanno capito cosa intendo dire, ad esempio come non restare allibiti durante la “benedizione” al pubblico con tanto di sifone e pompa dell’acqua ramata, irrorando vino a tutti sotto il palco! Altra caratteristica della band sono le due batterie ed i due cantanti, ma attenzione, le buone idee per funzionare devono comunque essere supportate da una professionalità quantomeno sufficiente. Infatti le “Kurnacchie” hanno dalla loro una tecnica individuale invidiabile ed una cura per i particolari non indifferente.

Oggi giungono al loro venticinquesimo compleanno e per l’occasione escono con un libro autobiografico dal titolo “Skioppa ‘Ni Co’”, una sbornia lunga venticinque anni. Nella loro lunga carriera ci sono quattro demo “Bumba Atomica” (1986), “Vattafadantelvì” (1987), “Svinavyl” (1988) “Slongame La Biscia” (1989) e sei cd, “Bumba Atomica” (1997), “Stand By Vì” (1999), “Fuckin’ Giubilive” (2000 – Live), “Unvined” (2001 – Unplugged), “Takki A Beve” (2003) e “VI!” (2009). In questo caso “VI” è a doppio senso, sta per il numero 6 romano in quanto sesta realizzazione e appunto per vino.

La musica si ispira a band Metal classiche tipo Judas Priest , a dell’ottimo Hard Rock orecchiabile e da stadio oltre che ad una buona componente di Ramones, un Punk fruibile e diretto. Oggi la band è composta da John Big George (voce), Ricky Tyger Big White (voce), Michael Trilling (chitarra), Mark Nardiello (chitarra), Andreas Kleinstein (basso), JJ Guasto (batteria) e Max Vortex (batteria). Sono addirittura diciotto le tracce che compongono l’opera tannica, iniziando dall’immancabile “Intro”. Gli Accept donano l’ispirazione sonora a “Vì”, sorta di brano autobiografico nel testo e musicalmente ineccepibile, così come la qualità sonora. Irresistibile l’ironia di “Kurnakkiò”, specchio della società moderna e dei tempi che cambiano. L’amore visto nell’ottica Kurnalcool si trova in “T’Haidadadafà”, mentre “Reperibilità” racconta della scocciatura inevitabile della chiamata lavorativa fuori orario. Gli argomenti sono dunque molteplici, così i piccoli squarci di quotidianità con problemi annessi e riflessioni varie. Da sottolineare “I Wanna Tazz”.

Questi sono i Kurnalcool e “VI!” è l’ennesimo bottiglione della loro cantina e sentirli suonare così dopo venticinque anni fa pensare che in effetti…in vino veritas! MS

“VI”: https://www.youtube.com/watch?v=Jac3-g6us0s

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FARTHERPAINT – Lose Control

Lion Music

Distribuzione italiana: Frontiers

Genere: Prog Metal

Support: CD – 2008

I marchigiani Fartherpaint sono al debutto ufficiale per una importante label , la Lion Music la quale non se li sono lasciati sfuggire. Si formano nel 1995 e sono autori di quattro demo, faticando fra defezioni interne fino a giungere oggi all’attuale line-up. Il quintetto ha le idee chiare, Metal Prog non canonico, contaminato da differenti stili e sonorità, con la voce di Monia Rossi come ciliegina sulla torta. Voce femminile per il Metal Prog , avete letto bene, il mondo dei Farther Paint è vasto, variegato e da come si può ascoltare dalle otto tracce, nulla è dato al caso. Influenze ce ne sono ovviamente, ma non voglio fare nomi per non relegare “Lose Control” in quel calderone che è il Metal Prog attuale, ossia un mondo attualmente molto debitore al Dream Theater style. Ma andiamo con ordine, tanto per cominciare “Lose Control” è un concept album. I testi scritti da Monia parlano prevalentemente di sentimenti e sensazioni, un grido contro tutta quella gente che cerca di ignorare l’individuo. Le tastiere dell’ottimo Gabriele Manocchi ricoprono un compito importante e di assoluta classe. Atmosfere sognanti, malinconiche egregiamente supportate dalle chitarre di Francesco Federici. Attenzione, voglio sottolineare le capacità tecniche di questi artisti, perché mettono cuore e tecnica allo stesso piano. Chissà oggi cosa andiamo a cercare nel Prog straniero, quando in casa abbiamo assi di questo calibro. Il lavoro ritmico supportato da Thomas Bianchi al basso e da Luca Prima alla batteria è un perfetto motore pulsante. Dischi del genere ne ho ascoltati davvero molti, ma se devo essere sincero i Farther Paint mi hanno colpito per l’intelligenza tattica. Un disco fluido che scorre via come una unica suite di 42 minuti, senza un minimo calo di tensione. Loro sanno quando è il momento di staccare, variare, aggredire o accarezzare, il tutto sempre al momento giusto, per questo si fa davvero fatica a recepire “Lose Control” come un debutto discografico.

L’esperienza della band e l’affiatamento fra gli elementi scaturisce un suono ponderato e tutto questo lo si recepisce subito, sin dal primo ascolto.

“Hold Me” è un brano commerciale e di classe, perfetta fotografia dello stile Fartherpaint. In esso si susseguono elettronica,sperimentazione vocale e sprazzi di Prog Metal , quello sorretto da tastiere in fuga e chitarre frizzanti.

Ottimo il lavoro ritmic. Il finale del pezzo abbraccia una dolce melodia sostenuta principalmente dalla chitarra. “No One Is Around Me” sciolina oscure atmosfere nostalgiche, con tastiere stile Clive Nolan, un approccio apparentemente innocuo che si sviluppa in un attacco sonoro devastante. Torna la quiete sul piano di “Chains”, anticamera per “Illusion In My Hands”, classico brano Prog Metal vetrina di stile ed eleganza. Chi ama le fughe strumentali, sicuramente resterà appagato. Ciò che hanno dimostrato i Fartherpaint è il saper gestire le idee, giocando sia sui cambi di tempo che sulle emozioni. “Anger” è un pezzo strumentale con influenze neoclassiche, una specie di passerella per gli artisti in esame, dove ognuno mette in evidenza le proprie caratteristiche, qui siamo vicini al mondo dei Liquid Tension Experiment. Mi ero prefissato di non fare nomi, ma questo è stato più forte di me. Seguono i quasi sette minuti di “Inside The Cage”, si aprono con una rasoiata di riff, per poi smatassarsi nell’oramai classico Fartherpaint style. Il ragno dell’artwork ben rappresenta assieme alla sua tela lo stile della band, l’incauto ascoltatore viene invischiato e avvolto dal sound ora classico, ora moderno. Chiude “My Noise”, un pezzo al limite del commerciale dal ritornello godibilissimo.

Per tutto ciò che ho detto si potrebbe intuire che “Lose Control” sia un capolavoro del genere, forse no, ma la band, pure se all’esordio, mi ha davvero colpito. Coraggiosi , lo avete capito, proprio per questo mi sento di dargli un voto in più. Pecche? Forse il suono della batteria, che non definirei molto “caldo”. Poco importa, lasciatemi gettare la penna, perché il cd è finito e devo ripremere “Play”. MS

“Illusion In My Hands”: https://www.youtube.com/watch?v=XHeSJSOaDys

 

WALLS OF BABYLON  – The Dark Embrace

Autoproduzione

Genere: Power Progressive Metal

Supporto: cd – 2015

Nell’entroterra marchigiano esistono moltissime band, una regione che sta crescendo musicalmente, ultimamente hanno proliferato molto anche nel fabrianese, presentando numerosi artisti anche di buona fattura. In ambito Heavy Metal a Fabriano si sono potuti apprezzare i Death Riders di Francesco Pellegrini, gruppo da molti anni in attività e autore di diversi demo oltre che di due cd ufficiali, “Through Centuries Of Dust” (2011) e “New Captivity” (2013).

Walls Of Babylon sono una creatura del chitarrista leader Francesco Pellegrini e del cantante Valerio Gaoni, una sorta di appendice alla band ufficiale, ma che non va assolutamente sminuita in quanto essa non si discosta molto dallo stile della band madre. Qui si va ad interagire con un Power più “Progressive”, dando libero sfogo alle grandi qualità vocali di Gaoni, ancora una volta in crescendo artistico e in questo caso ancor più a proprio agio. Le canzoni sembrano essergli scritte addosso come un abito, ma in “The Dark Embrace” è tutto l’insieme che funziona. I Walls Of Babylon sono formati oltre che dai citati musicisti, anche da Fabiano Pietrini alla chitarra, Matteo Carovana al basso e da Marco Barbarossa alla batteria.

Nove canzoni strabordanti di energia vigorosa, il Power è così, epico quanto basta ed adrenalinico, da godere ad alto volume. E questo io l’ho fatto ad iniziare da “A Puppet Of Lies”, dove la buona registrazione amplifica il tutto. Ricordo anche che l’album è registrato e mixato nei DR Recording Studio  proprio di Francesco Pellegrini.

Così inizia l’album, synt che elargiscono epicità per incamminarsi nel brano che potrebbe uscire benissimo dalla discografia dei grandiosi Blind Guardian. Voce pulita si incrocia di tanto in tanto con il growl per un risultato d’effetto. Cambi umorali e di ritmo rendono l’ascolto sempre vivo, così gli interventi solistici delle chitarre.

Sale ancora la voce di Gaoni in “The Deafeat” che in alcuni momenti mi rimanda ai Queensryche dei bei tempi. Traspare nella composizione una particolare attenzione al sound moderno, una ventata di freschezza che nel genere Power Prog non guasta. Con “Alone” i Walls Of Babylon tornano ad essere più crudi e derivativi ed il ritornello, come da stile, è sempre orecchiabile e da cantare a squarciagola. Buona la sezione ritmica, così l’idea di arricchire l’arrangiamento con tastiere, il pezzo è uno dei momenti più belli di “The Dark Embrace”. Sale di più il ritmo nella title track, una rasoiata epica ma allo stesso tempo aperta ad armonie ariose.

Il lato più pacato viene rappresentato da “Honor And Sorrow”, canzone di facile memorizzazione e melodica con un buon solo di chitarra a legare il tutto. Una sbirciatina anche nel mondo del Teatro Dei Sogni con “The Emperor” per poi entrare nella strumentale “A New Beginning”. Elettronica  e tastiere ancora una volta rendono l’ascolto variegato, un giusto momento di riflessione ed oscurità dal fascino irresistibile. Segue un (se vogliamo chiamarlo così) classico della band, “Revenge Of Morpheus”. Il disco si chiude con “A Warm Embrace”, brano ricercato e sunto della personalità Walls Of Babylon.

Molti grideranno alla sorpresa ascoltando questo piccolo gioiellino metallico, io invece non pecco di presunzione o altro, quando dico che me lo aspettavo. Mi baso solo su di un elemento, il lavoro ed il sudore annesso che negli anni porta sempre ad un risultato positivo. Oggi la gavetta non esiste più…. male! I Walls sono una realtà inconfutabile, che sa dare dieci giri al buon 50% del materiale analogo straniero che puntualmente ci sorbettiamo spacciato per “capolavoro”. Grandi artisti sono sotto la nostra casa e sta a noi scoprirli, io intanto seguo sempre Francesco Pellegrini, questo ragazzo sa stupirmi ogni volta di più. Alla prossima e rivado con il tasto “Play”.  MS

Contatti: walls_of_babylon@yahoo.com

https://www.facebook.com/pages/Walls-of-Babylon/317090131766967?sk=timeline

“The Dark Embrace”(Pt.1)”: https://www.youtube.com/watch?v=j3UJv_0Zcdw

P.C. TRANSLATE – Lo-Fi Lovers

Tra Bla Records

Distribuzione italiana: Tra Bla Records

Genere: Experimental

Support: mCD – 2006

Chi segue attentamente il mercato musicale nostrano conosce già il nome di Paolo Catena e la sua lunga e travagliata carriera artistica. Dopo diverse vicissitudini, il polistrumentista di Pesaro decide drasticamente di dare una svolta alla sua vita, abbandona il “nome” inglese, che è la traduzione letterale del proprio, per rinascere con un nuovo progetto. Del resto chi lo conosce sa bene che Paolo non è mai stato capace di star fermo in senso artistico.

Fonda la Tra Bla Records e si getta a capofitto assieme alla sua collaboratrice e vocalist Lola Sprint nel nuovo progetto sperimentale P.C. Translate. Infatti proprio di questo si tratta, nuove sperimentazioni, quelle a cui Paul ci ha abituati. Il cd in questione raccoglie dei brani che Catena ha registrato in questi anni, ma col nuovo progetto è già andato oltre e presto avremo nuova musica da ascoltare. “Lo-Fi Lovers” propone fughe repentine fra la Psichedelica, il subconscio, il Prog, ancora del Doom e tutte quelle che sono vibrazioni, che in questa nuova veste vogliono essere positive. La sua chitarra ci racconta storie fantastiche, piccoli affreschi cromatici che mutano durante l’ascolto. “The Song Of Crazy Cow” ha questa magia, la potenza della sua musica risiede proprio nell’estraniare l’ascoltatore dalla realtà, per rapirlo in un mondo di suoni e suggestioni coadiuvate dalla fonetica dei testi puramente inventati. Non deve stupire nemmeno il folklore quasi alla Branduardi di “Classical Solution”, Catena del resto ha sempre amato spaziare continuamente all’insegna della creatività, per questo non ha mai amato i “limiti”, anche se il doom è il genere che più lo ha reso celebre.

Il termine “artista”, che oggi viene usato troppo spesso e troppo spesso a sproposito, calza a pennello per Catena, che ha seguito la propria vocazione musicale contro ogni logica di mercato e sempre controcorrente. In questo nuovo progetto offre un tipo di comunicazione sonora, apparentemente anacronistico, che in realtà è un bagaglio di cultura e sincerità alla quale, in un mondo di uscite piatte, non siamo nemmeno più preparati ad ascoltare.

Sembrerà banale, ma mai come in questo caso mi sento in dovere di ringraziare un vero artista per il proprio operato, senza urlare “al capolavoro!”, perché non è così che si fa del bene a chi ha qualcosa di diverso da dire. Sia inteso, questo disco non è un capolavoro, se mai il capolavoro è l’uomo Catena, che con la sua creatività ci dona arte sincera, scomoda, spesso difficile da accogliere, ma sempre interessante.

Sempre in linea con la sua natura Paolo ha deciso di rendere disponibile gratuitamente la sua musica in Internet al sito: http://www.paolocatena.it/musica.asp

Il mio animo è in fondo come il suo, ingenuo, sincero e lontano dal denaro che, intendiamoci bene, serve per vivere ma non deve snaturare il proprio essere. MS

“Classical Solution”: https://www.youtube.com/watch?v=ZFbV6H8yHKE

ROCK & WORDS sono Fabio Bianchi e Massimo “Max” Salari. Insieme raccontano la storia della musica Rock e dintorni, l’evoluzione e come nascono i generi musicali, tutto questo in conferenze supportate da audio e video. Assieme sono nel direttivo dell’associazione Fabriano Pro Musica. FABIO BIANCHI: Musicista, suona batteria e tromba. Ha militato in diverse band fra le quali i Skyline di Fabriano e l’orchestra Concordia.  MASSIMO “Max” SALARI: Storico e critico musicale, ha scritto e scrive in riviste musicali di settore e webzine come Rock Hard, Flash Magazine, Andromeda, Rock Impressions, Musica Follia, Flash Forwards ed è gestore del Blog NONSOLO PROGROCK. Per sei anni è stato vicepresidente di PROGAWARDS, premio mondiale per band di settore Rock Progressivo e sperimentale. Autore del libro per edizioni Arcana ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 – 2013.

PER CONTATTI: rockandwordshistory@gmail.it   o salari.massimo@virgilio.it