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NO-VAX, (MINORITY) REPORT E IPOCONDRIA CANAGLIA: CIAONE DOTTO’, CI FIDIAMO SOLO DEL WEB

A questo punto vien da pensare cosa sarebbe potuto succedere, alla tanto dileggiata redazione di Report, se avesse parlato di vaccini dannosi somministrati da avvenenti infermiere dell’Est. Che col passar degli anni anni non pigliano un etto, non si appiccicano (a differenza di quei cerottacci delle italiane) e perdonano scappatelle a go go. Non resta ormai che diluire tutto in una brodaglia cazzeggiante, dopo quattro giorni di mischie e alterchi sul tema sì-vax, no-vax, vax a targhe alterne, vaffan-vax, tanto vax la gatta al lardo, vax pensiero, che colpa ne ho se il cuore è uno zingaro e vax… e altre lagnose tiritere. Di certo c’è che il nostro rapporto con salute, cure, farmaci e via dicendo è ogni anno di più una love (o hate?) story a sua volta malata, che va ben oltre la refrattarietà a un richiamo vaccinale. Qualche distinguo comunque urge.

Premessa prima: Report ha pestato una merda. Capita a tutti: a chi porta ai piedi schiaccia granchi di plasticaccia da 1,20 euro e a chi calza fiammanti mocassini Tod’s. La trasmissione che da vent’anni tiene alta la sempre più infeltrita bandiera del giornalismo d’inchiesta di mamma Rai, stavolta ha fatto cilecca. Sintetizzando, in poco tempo e con un collage raffazzonato di voci faziose e nasini storti sulla vaccinazione anti-Hpv, un tema che avrebbe richiesto altra diegesi analitica.

Premessa seconda: i vaccini, con varia gradazione di importanza, sono la più grande scoperta scientifica degli ultimi tre secoli, come peraltro en passant ha affermato pure il conduttore di Report Sigfrido Ranucci. Dall’anti-polio al “morsetto” anti-vaiolo presente sui tricipiti di molti dei nostri genitori, con le vaccinazioni molte patologie devastanti sono state contrastate e in taluni casi debellate. Essere sì-vax, specie se si è genitori, non significa seguire democristianamente la massa pecorona. E’ la storia della scienza medica a suggerirci che bisogna vaccinarsi e ascoltare i medici, non il primo che delira.

Premessa terza: chi ancora parla dei vaccini come grande narrazione drammaturgica scritta ad hoc dalle perfide multinazionali figlie della cattiva matrigna Big Pharma, lui sì deve iniziare ad assumere meno destillati, eliminare gli allucinogeni e limitare i telefilm fantasy. L’Istituto Superiore di Sanità (non la santona che fa i tarocchi in galleria Alberto Sordi a Roma, né la redazione di un mensiletto dei colli Euganei) dice che in tre mesi di 2017 in Italia il tassametro dei casi di morbillo è già vicino a quota 1100, quando in tutto il 2016 se ne contarono 850. Qualcosa vorrà dire.

Finito il prologo, veniamo agli atti. Questa caciara sui vaccini è la punta di un iceberg, quello dell’approccio alle tematiche della salute, sfuggitoci ormai di mano. Ben prima che Report si rompesse entrambe le ginocchia scivolando sulla buccia di banana di lunedì. E siccome da noi, se un giornalista sbaglia, i primi a prenderlo a pallate sono sempre altri giornalisti, fanno sganasciare dalle risate i massmediologi e Marshall McLuhan in provetta sbucati fuori come asparagi nel sottobosco web. I quali, da tre giorni, passano al radar vent’anni di approfondimenti di Report bollandoli come ciofeche (Barbara D’Urso ce la meritiamo tutta). La Rai ha fatto strabene a non chiudere il programma. Così come non doveva depennare ipocritamente Paola Perego per la papera delle donne dell’Est (mia nonna è una fera e non se ne fa una ragione, e quello che dice mia nonna è vangelo). Togliamoci sto sorrisetto mezzo contrito da verginelle: se per un quarto d’ora di disinformazione un format di semi-nicchia (Report non mi pare se la giochi con Sanremo sul fronte dell’auditel) va cassato, allora in Rete a quest’ora dovremmo avere circa un centinaio di siti. E su Facebook un numero di profili sufficienti sì e no per un calcetto.

Il pentolone dell’affaire vaccini bolle da quel dì. Giusto il giovedì santo tal Adriano Zaccagnini, deputato mio coetaneo che in quattro anni di legislatura ha cambiato più casacche di Bobo Vieri a fine carriera (grillino della prima ora, poi gruppo Misto, quindi Sel, poi ancora Misto, ora in Articolo Uno coi fuggitivi del Pd), ha imbastito a Montecitorio una conferenza stampa boh-vax al limite del farneticante. Alla quale ho assistito, in mezzo ad avvocati e medici di grande favella (e poca fama, a dire il vero) e a un chiassoso drappello di giovani mamme toscane avvelenate col governatore Rossi. Proprio lui, quello che i bimbi non vaccinati li vuole fuori dagli asili (come se poi rimanessero tappati nelle loro camerette o venissero deportati tutti sull’isola D’Elba, ma di base non ha torto). E che è nello stesso partito di Zaccagnini, quest’ultimo ora amato dai vari Bersani, Speranza e compagnia lagnante più o meno quanto Higuain lo sarebbe in un bar a Fuorigrotta. Eppure a nessuno è venuto in mente di crocifiggere Zacca sulle scalette di via della Missione.

Dunque la caciara c’era già. Però la “cappelletta” di Report era una ghiotta palla al balzo per puntare il dito contro un programma che ficcanasa troppo e su troppe robe, e ciò spiega il battage politico: l’ennesimo braccio di ferro Pd-5Stelle, le minacce, la commissione di vigilanza Rai, la tirata d’orecchi col canonico “non finisce qui”. La Rai (su questo torneremo in futuro) sarà uno dei campi di battaglia più tormentati nel 2018 in campagna elettorale, e questo era un bel trailer della baruffa.
Per chiuderla. I vaccini sono solo una delle tante follie sulla sanità, che per le strade va. Lo scorso ottobre il rapporto Philips “Future Health Study 2016”, compiuto in 13 paesi tra cui lo Stivale, ci ha svelato che l’85% dei cittadini usa internet per documentarsi, informarsi su cose di salute e in molti casi persino per curarsi. E a gennaio il nostrano ISS ha ammazzato il tre di briscola con l’asse: gli under 30 si fanno diagnosi in Rete nel 75% dei casi, ma soprattutto il 60% del totale dei pazienti non si fida dei medici. E ciaone al caro vecchio medico di famiglia, ormai messo alla stessa stregua di una suocera apprensiva e scassamaroni. Sempre secondo l’ISS, questo afferrare il mouse in mano al primo starnuto è alla base del boom di ipocondriaci (un italiano su quattro in base all’analisi vive in modo ossessivo il rapporto con la propria salute).

Oggi molti italiani leggono i bugiardini dei farmaci con la stessa avidità con cui in America si divorano i romanzi di John Grisham. Un 37,4 sul termometro è epidemia d’Ebola. Un colpo di tosse è subito attacco da armi batteriologiche (e giù di pneumologo). Un’unghia incarnita all’alluce richiede l’amputazione immediata, mentre un indolenzimento alla schiena è quadrupla ernia del disco carpiata con doppio avvitamento a destra. Un nome dimenticato è spia rossa di futuro Alzheimer. Con un banale e tradizionalissimo “cagotto” si diventa aritmeticamente vittime di un tentativo di avvelenamento, così come un semplice ruttino è di certo una nuova (la 231esima) intolleranza alimentare. Tre capelli sul lavandino sono cassazione: è alopecia. Un millimetro quadrato di pelle arrossata ed ecco la psoriasi cronica che bussa alla porta.

E ancora: nelle sale d’attesa coi vecchietti si fa a gara a chi ha più acciacchi e malanni. In caso di doppioni, ce li si scambia come si faceva con le figurine Panini. Di una vecchia puntata di E.R. al massimo si può scollinare all’8° minuto, o è psicosi. “Malattie Imbarazzanti” invece è una sorta di impudica pornografia. Il Moment lo si gratta anche sull’insalata, il Lisomucil lo si ingolla manco fosse Barolo, la Tachipirina la si mette anche nel latte al posto del Dietor. E tutto ciò, il più delle volte, perché? Perché “l’ho letto su internet”. Woody Allen, noto ansioso in tema di salute, dice sempre “meglio ipocondriaco che repubblicano”. Nella Repubblica degli OKI presi a cazzo, qui da noi sarebbe in copiosa e abbondante compagnia.

Valerio Mingarelli