MASSIMO CARDINALETTI: ‘MORRICONE E LO STRANO POTERE DELLA MUSICA’

La vittoria dell’Oscar 2016 del maestro Ennio Morricone per la migliore colonna sonora del film di Quentin Tarantino “The Hateful Eight” ha suscitato il forte desiderio di parlare e conoscere meglio Morricone grazie all’amicizia che lo lega da anni al nostro concittadino Massimo Cardinaletti, esperto musicale e profondo conoscitore delle opere di Ennio Morricone e delle colonne sonore cinematografiche del panorama musicale mondiale.

Massimo, la tua passione per la musica ha radici lontane e tutta la tua vita è scandita da bellissime colonne sonore, la tua passione, che ti ha portato anche a conoscere a fondo un maestro come Morricone. Che cos’è il potere della musica secondo te e, per come lo hai conosciuto, per Ennio Morricone?
Si, è vero. Questa strana curiosità di “ascoltare” un film, talvolta più ancora che guardarlo, forse l’ho sempre avuta fin da bambino. Poi, intorno ai 18 anni, ci fu un film in particolare la cui musica lasciò in me un segno incancellabile e fu in quell’occasione che incontrai per la prima volta il nome di Morricone e lo conobbi personalmente poco dopo, avendogli semplicemente scritto una lettera. E’ forse questo lo strano potere della musica. C’è chi lo subisce come me e chi lo detiene come Morricone. Tuttavia posso assicurare che tutte le volte che ho parlato con lui dei suoi lavori, ho sempre avuto la netta sensazione di parlare con una persona non perfettamente consapevole delle sue straordinarie capacità. Lui ancora oggi attribuisce il suo successo al fatto di aver studiato con tanta applicazione e tanto sacrificio. Come se tutti quelli che studiano tantissimo siano in grado di scrivere musica come lui!

Le sue colonne sonore hanno avuto un successo sempre costante e altamente riconosciuto dalla critica. Come si è evoluto nel tempo il modo di scrivere del maestro nel suo percorso creativo?
Su questo io ho la mia opinione che contrasta un po’ con quella della maggioranza dei suoi estimatori. Credo che l’importanza di Morricone sia quella di aver rinnovato indiscutibilmente il modo di scrivere musica per le immagini e alla fine degli anni 60 e inizio 70, aveva già tracciato tutte (e sottolineo tutte) le linee guida del suo modo di concepire questo settore musicale. Partiamo inevitabilmente dal Western con la trilogia del dollaro, il fischio, la chitarra, il marranzano, la frusta. Poi i ritmi cadenzati e ossessivi del poliziesco, quindi il fascino della voce di Edda Dell’Orso per film di sapore erotico psichedelico, la stessa voce che, utilizzata in modo diverso diventa il simbolo di film epici. E poi il thriller dove impone le dissonanze a lui care fin dai tempi del conservatorio. Ma anche sulle love story e sulla commedia grottesca può considerarsi un caposcuola. Ebbene ciascuna di queste folgoranti idee è stata un esempio per tutti i compositori e ha avuto poi, nel mondo, centinaia di imitatori. E’ chiaro che, quando i colpi di genio ti vengono tutti e subito, l’evoluzione non potrà essere altro che un perfezionamento di queste straordinarie intuizioni

Nel tuoi dialoghi con il maestro sei riuscito a comprendere le tecniche con cui Morricone sviluppa la composizione di una colonna sonora per un determinato film? A cosa credi possa maggiormente ispirarsi?
E’ curioso dirlo ma non si ispira a nulla. Questo è quello che lui sostiene, ribadendo che l’ispirazione non esiste. Tutt’al più esiste la traspirazione di studi e di esperienze. Quando Morricone scrive musica, non fa uso di alcuno strumento. Carta, penna e scrivania. E scrive cose meravigliose con la freddezza di un matematico. Gli strumenti, i suoni, i colori sono già tutti nella sua testa. Qualche volta ha delle intuizioni notturne. Per questo dorme sempre con una penna e un foglio sul comodino. In questi casi si sveglia, scrive e si riaddormenta.

Tra tutte le sue composizioni quale colonna sonora prediligi e perché?
In realtà dovrei riallacciarmi alla domanda precedente sulla creatività. Quindi, andando sempre in controtendenza, dico che le cose migliori rimangono quelle degli anni 60 e 70. Sicuramente dopo ha scritto grandissimi capolavori come Mission, C’era una volta in America, i film di Tornatore ma sono tutte musiche in qualche modo figlie di quelle di allora. Se non ci fossero state quelle meravigliose invenzioni (molte delle quali poco conosciute), non ci sarebbero state le altre. Un titolo che amo particolarmente potrei dirlo: le musiche per il film di Alberto Bevilacqua “La Califfa”.Il mio grande interesse per la musica del cinema nasce tutto da questo film.

Hai avuto la fortuna di conoscerlo non solo come grande compositore ma anche come uomo. Hai qualche aneddoto da raccontare ai nostri lettori per descrivere l’uomo Morricone?
Ti posso dire una cosa che ben caratterizza il suo modo di essere, la sua precisione, il suo rigore morale e professionale. Nel corso del tempo, più volte mi ha accordato appuntamenti in posti differenti. Naturalmente io cercavo di essere sempre puntuale, di spaccare il minuto, come si dice. Ebbene lui era sempre lì prima di me. Incredibile.

Un Oscar come miglior colonna sonora del film “The Hateful Eight” di Tarantino ed una stella nel “Walk of fame” di Hollywood a 87 anni. Qual è il segreto di questa longevità creativa? Esiste secondo te un potenziale erede del maestro? 

Il segreto credo non lo sappia nemmeno lui. Il fatto che a 87 anni scriva quello che scriva è un qualcosa che ha del prodigioso. E con quale lucidità! La generazione di Morricone comunque è stata tutta di altissimo livello. Penso a Trovajoli, Piccioni, Rota, Rustichelli, Ortolani e altri. Ma dove la trovi più gente così! La generazione successiva, quella dei Piovani, è stata molto meno ricca di nomi e di idee. Quella attuale non andrebbe presa in considerazione. Una paginetta scritta da Morricone sarebbe sufficiente a un giovane compositore per farci sette o otto film. Ma non solo in Italia. Anche all’estero non vedo nulla di interessante. Ma forse la colpa non è loro bensì del cinema che è cambiato, delle storie che sono cambiate essendo mutato il contesto in cui si vive e forse anche i rapporti tra attori, registi, scrittori e cineasti. Scola ricordava che, una volta, c’era il Bar Rosati a Roma dove la sera si incontravano un po’ tutti i grandi autori di cinema. C’era cordialità, allegria e libero scambio di idee. I registi di oggi, spesso anche autori dei loro film, invece sembrano essere isolati dentro il proprio guscio, comunicano poco con gli altri. I loro film sono quasi tutti un po’ bui, crepuscolari, intimisti. E poi ci sono meno soldi e forse anche meno interesse per la musica alla quale si da sempre minore importanza. Ma, come diceva David Lean, il compositore è spesso come un medico. Se, a fine montaggio, il film ha dei problemi, la musica è la medicina migliore.

Gigliola Marinelli