IMPERATORI O MANICHEI? di Alessandro Moscè

La scorsa settimana, Radio Gold, attraverso un’intervista all’ex sindaco di Fabriano Roberto Sorci a firma della direttrice Gigliola Marinelli, sottolineava la necessità di ripensare la città, chiusa, ahimè da una visione egotica, dall’atteggiamento di soggetti che sarebbero nient’altro che imperatori di se medesimi, secondo quanto riferito dal past sindaco, come molti lo definiscono. Non credo che Fabriano abbia bisogno di illuminati, né di benpensanti capaci di tracciare la linea per la ripresa da una crisi che è mondiale. Fabriano assomiglia a molte altre città impoverite, senza lavoro, con un futuro difficilissimo da immaginare. Credo però che un’analisi obiettiva debba partire da uno sguardo serio sul passato. Fabriano non ha una classe dirigente, i partiti sono da anni gusci vuoti e la sindrome del protagonismo ha colpito chi l’ha governata per anni sotto l’egida di un potere economico-occupazionale che è stato la vera rendita della politica precostituita. E’ facile dire che si è imperatori del proprio io. Attenzione, chi ha guidato i processi amministrativi è stato il primo artefice di questa scabra tendenza. Lo sguardo retrospettivo conferma una colpa, innanzitutto, proprio della politica governativa, dalla quale lo stesso Roberto Sorci non è affatto esente. Il cortocircuito della crisi ha provocato la fine di un’epoca, ma oggi manca, clamorosamente, un ricambio generazionale semplicemente perché, negli anni, non è stato voluto. Fabriano appare una città disadorna, sfatta. Ma di chi è la responsabilità primaria? Come sottolineava tempo fa il sociologo Francesco Alberoni, la realizzazione di un’intrapresa dipende sempre dall’apporto e dal consenso di molte persone. Uno degli errori più gravi che può compiere un leader è di pensare di aver realizzato tutto da solo, di chiudersi nella sua sicurezza e di non ascoltare le voci che gli danno informazioni, suggerimenti, oppure che lo avvertono degli errori e dei pericoli. Mussolini, che pure aveva capacità di capo, incominciò a precipitare nel baratro quando ammise che sui muri d’Italia si scrivesse la frase: ”Mussolini ha sempre ragione”. Imperatori no, ma manichei sì. L’impressione è a Fabriano si voglia distinguere da più parti, con presunzione inaccettabile, tra bene e male assoluti, sottraendosi, compiaciuti, al giudizio della gente comune. Manca una comunità morale, ecco perché manca un sistema di rete collaborativo. Ma la soluzione, ora la deve dare un nuovo apparato, non il vecchio avamposto. Il padre del modernismo, Baudelaire, scriveva proprio: “In fondo all’ignoto per scoprire il nuovo”. Caro amico Roberto Sorci, un nessuno è indispensabile. Mettiti tu, per primo, al servizio dei più giovani. Togliti tu, per primo, la veste sacrale. Non imperatore, non manicheo, ma “ingegnere di campagna” immanente…