SMS E MINACCE A FABRIANO, CONDANNATO A UN ANNO E SEI MESI

Sms osceni, minacce telefoniche, pedinamenti e anche scenate sul posto di lavoro. Fu un anno d’inferno quello passato tra il maggio 2009 e il giugno 2010 da una quarantunenne macedone che denunciò atti persecutori subiti da un connazionale di 38 anni, F.Z. a Fabriano. Ieri il giudice monocratico di Ancona Luca Zampetti ha condannato l’imputato a un anno e sei mesi di reclusione, pena sospesa, e a risarcire la parte offesa. Il pm Cristiana Cicerchia aveva chiesto una pena di un anno e otto mesi di carcere. Nell’aprile 2009 la donna, 33 anni, aveva lasciato l’ex fidanzato poiché aveva scoperto che era sposato in patria. Questa decisione di troncare la relazione, lui non lo aveva accettata. Nel periodo successivo, il connazionale l’aveva tempestata di sms dal contenuto osceno (“sei la prostituta più grande di Fabriano, non è rimasto nessun ragazzo senza portarti a letto”, “put…” e altre oscenità anche in rima). Gli atti persecutori sarebbero consistiti anche in telefonate dal contenuto minaccioso, in cui lui paventava di rendere pubbliche alcune foto di lei nuda. In un occasione lui aveva telefonato ai genitori della donna, dicendo di essere in possesso di una pistola e minacciando di ammazzarli e di bruciare la loro casa. Dal tenore delle telefonate (lui descriveva le sue abitudini e com’era vestita), lei aveva compreso di essere stata pedinata. Più volte aveva dovuto cambiare numero di cellulare per sfuggire, senza successo, ai messaggi molesti e minatori dell’ex fidanzato. Alla parte offesa, il Tribunale ha riconosciuto il diritto ad essere risarcita di un ammontare da stabilirsi in sede civile. Quelle condotte persecutorie avevano ingenerato nella moldava uno stato di ansia e un timore per l’incolumità propria e dei propri congiunti tanto da costringerla a modificare le proprie abitudini di vita. L’imputato, infatti, si sarebbe spinto fino a farle scenate sul posto di lavoro dove lei lavorava come addetta alle pulizie: in un caso lui avrebbe telefonato anche al datore di lavoro di lei per fare pressioni. Inoltre, sempre secondo l’accusa, l’imputato avrebbe anche cercato di gettare fango sulla rispettabilità della donna, dicendo a vari interlocutori che era una prostituta. Circostanze che indussero la macedone a denunciarlo. L’uomo ha respinto gli addebiti, sostenendo di non aver perseguitato l’ex fidanzata. Probabilmente ci sarà ricorso in appello. Lo riferisce il Corriere Adriatico.