CARO POLITICO PIU’ FORTE TI SCRIVERO’ ANCORA… di Alessandro Moscè

L’appuntamento settimanale con l’editoriale della radio, non è mai facile. Perché il linguaggio deve essere assolutamente comprensibile a tutti, ben diverso da quello che uso occupandomi di cultura, di libri, di costume. Ma questo “incontro” è una palestra esclusiva: molte persone, su Facebook, mi scrivono o commentano ciò che affermo dandomi suggerimenti. Uno spazio assai utile, dove la gente comune si mette a nudo e quando fa notare qualcosa, lo fa spudoratamente, con obiettività. E’ evidente che chiunque non conservi un interesse diretto sulle cose, sia il più onesto nell’esprimere giudizi. Quindi diffido dal qualunquismo per cui su Facebook si affastellerebbero solo sciocchezze. Le critiche più consuete vengono rivolte, giustamente, alla politica tutta. Ed è al politico che mi rivolgo alla fine dell’anno 2014. Ci sono aspetti della vita comunitaria che detesto per due ragioni. La prima è perché sono gravi, la seconda è perché lasciano spesso indifferenti. Constato di parlamentari che saltano 1.041 incontri su 1.043, senza ragione, e che guadagnano 259.696 euro all’anno, 21.641 euro al mese, 721 euro al giorno. Un vero e proprio gesto malsano. Ma tollerato, ahimè. In un libro di Susanna Tamaro, nato dalla pubblicazione degli interventi che teneva con i lettori di un settimanale, ho appreso che Giulia è archeologa e Chiara genetista. Per tutte e due studi brillanti compiuti a costo di grandi sacrifici, borse di studio all’estero e importanti ricerche. Alle soglie dei quarant’anni una vive pulendo le scale e l’altra sopravvive allevando galline e capre. Sono ai margini, in quello spazio sociale che il Censis definirebbe soglia di povertà. La politica è insana perché non conosce affatto la parola chiave -meritocrazia-. Per ragioni che mi appassionano, mi informo tutti i giorni su cosa ci offre il sito dell’Airc. In Italia esistono scienziati brillanti, che hanno fatto scoperte, che aiutano i malati nella ricerca e nella cura dei tumori e che però sono costretti ad abbandonare il Paese perché mancano le sovvenzioni pubbliche. Resto indignato sapendo quanto guadagnano in Parlamento e nelle regioni. Cifre da capogiro, assolutamente sproporzionate rispetto all’entità degli impieghi. Ma il male della nostra contemporaneità è anche il rifiuto dello scandalo. Come se tutto fosse normale, o peggio ancora accettabile. L’insipienza porta a non occuparsi della cosa pubblica, ed è un grave errore di molti italiani. Competenza, professionalità e  meritocrazia: ecco cosa chiedono i più. Che la politica si ammoderni, finalmente, e diventi seria, giudiziosa, non un avamposto per privilegiati da Priorato di Sion. Amici, aprite gli occhi e non lasciatevi ingannare. Buon 2015!

Alessandro Moscè, direttore editoriale