RADIO GOLD RICORDA DON LIBERO TEMPERILLI A DUE ANNI DALLA SCOMPARSA
Ricorrono oggi i due anni dalla scomparsa di Don Libero Temperilli, parroco di Marischio per più di 50 anni. Lo ricordiamo con l’approfondimento di Marco Antonini scritto per il giorno delle esequie.
Pensando alla positività di Don Libero, all’ottimismo, a quel senso di giusto “quieto vivere”e di amore che emanava il suo volto – doti oggi sempre più rare anche nel mondo cattolico – mi sento dal cuore solo di dire a lui grazie. La sua vita è stata semplice. Ha accettato tutto: dalla sofferenza, lunga negli anni giovanili e poi in quelli della pensione, agli incarichi affidati, alle critiche che ogni tanto riceveva e a cui reagiva rapidamente senza serbare rancore. Ogni mio incontro con lui si concludeva con l’augurio: “Coraggio”. Il sorriso che lo distingueva dagli altri testimoniava la sua pace interiore. Un vero uomo immerso in Dio. Amava la Chiesa e vedeva nel vescovo “l’autorità”: così, a volte, lo chiamava. Aveva, infatti, un forte senso di rispetto di lui e l’obbedienza non era solo una parola promessa tanti anni prima ma un impegno e una certezza. Desiderava celebrare l’Eucarestia ogni giorno, anche quando gli acciacchi gli e lo impedivano. Ripenso a quelle volte, appena lasciata la parrocchia di Marischio, che ci ritrovavamo io e lui soli a San Filippo per la Messa feriale. Amava dire: “Non ho mai celebrato da solo, nemmeno da vecchio”. Vedi, Don Libero, hai seminato tanto, in molta gente, che il Signore ti ha concesso grazie su grazie. Penso a Sebastiano che animava i primi tempi nella futura chiesa dei giovani che è stata rimessa a posto da te anziano e poi ad Antonio, Jolanda e Maria Pia che ti sono stati vicini al Sacro Cuore negli ultimi anni. L’amore per quel Santuario si vedeva da lontano e anche li, tanti fedeli, ogni giorno, ti seguivano. “Un pensierino” come dicevi tu, dopo il Vangelo c’era sempre, anche se ad ascoltarti c’erano dieci vecchiette di cui qualcuna con problemi di udito. Era sempre una riflessione concreta, applicata alla vita di tutti i giorni, così come i tuoi tanti scritti su “L’Azione”. Originale come le tuo sculture. Ora, dopo averti ascoltato per tanti e tanti anni, vorrei salutarti scrivendo il pensierino avresti detto oggi in questa occasione e che mi hai suggerito giovedì scorso all’ospedale quando mi guardavi sorridente e mi stringevi la mano con il volto sereno e pronto al grande incontro:
‘La vita è un dono. Grazie Signore per il dono della vita. Ripenso alla sera prima della mia ordinazione sacerdotale quando parlavo con babbo e mamma. Mio babbo era politicamente dalla parte opposta alla Chiesa, eppure mi voleva bene. In questi ultimi anni chiedevo sempre alle suore della Casa del Clero di prepararmi per compleanno gli gnocchi al sugo: mi facevano pensare alla mia mamma che me li cucinava quando ero piccolo. Ogni giorno che celebravo la Messa provavo l’emozione come se fosse la prima. Ho visto tante trasformazioni esteriori negli anni dopo il Concilio. Dalla creazione degli spazi parrocchiali a nuove disposizioni in Chiesa: rimboccandoci le maniche tutto può cambiare. Sono tante le gioie parrocchiali che ricordo, come anche il momento di lasciare perché si sta diventando vecchi e si deve dare spazio ai giovani. Bisogna sempre essere pronti alla morte che non è nient’altro che l’incontro con quel Dio che ho sempre professato. Dobbiamo continuamente dire “Grazie Signore!” Allora ricordatemi nella preghiera, celebrate la Messa per me, conservate il ricordo nel cuore e continuate, anzi fate di più di quanto avete fatto con me, perché la Chiesa siamo noi. Io da lassù, pregherò per voi in attesa di rivederci in Paradiso. Il resto lo farà il Signore!’
Marco Antonini