‘IL GIOVANE FAVOLOSO’ NELL’INFINITO – di Alessandro Moscè
Accoglienza calorosa con lunghi applausi a Venezia, alla 71° Mostra del Cinema, per “Il giovane favoloso” di Mario Martone. La sfida non era affatto facile: mettere sul grande schermo la vita e la natura aspra di Giacomo Leopardi (interpretato da Elio Germano) e renderla appetibile, non retorica, e soprattutto viva. Martone ha raccontato la vita del poeta di Recanati dall’infanzia fino alla morte a Napoli nel segno della cultura e senza cadere nel cattivo gusto del ritrattismo. Sono tra coloro che hanno visto in anteprima la pellicola. Si tratta di un grande film specialmente per due ragioni. La prima è che la ricostruzione scenica, quindi le location, i palazzi storici, le ville private, gli esterni, i paesaggi e i giardini risultano sempre pertinenti, mai esposti all’eccesso. Elio Germano è stato bravo perché non teatrale, con una mimica riuscita, per cui la restituzione del poeta del modernismo non appare manierista, ma realmente impressa sulla pelle. Eretico e ribelle, pensatore e infelice, il recanatese cattura l’attenzione del pubblico semplicemente perché attuale, nella sua immagine malinconica e nella cronaca quotidiana del suo ambiente, uno come tanti. E’ stata azzeccata anche la sceneggiatura che prevede molte declamazioni: Leopardi è un poeta e dovevamo ascoltarlo, non solo vederlo. Martone, a Venezia, ha detto che ci vuole anima e cuore per imbattersi nel giovane favoloso. E’ vero, come è vero che sentimenti e illusioni, senso di inadeguatezza di fronte alla vastità dell’infinito, sono rappresentati in modo misurato. Una trasposizione che coglie l’esistenza, o meglio l’esistenzialità dell’uomo, la segretezza della solitudine e l’ascesi verticale. Nel caleidoscopio filmico appare chiaro anche l’affanno della provincia, il destino del piccolo borgo escludente, il desiderio di libertà e di evasione. “Il giovane favoloso”, salvo qualche impatto visivo ridondante (lo spezzone sotto il Vesuvio, ndr), è un film severo, solenne, lineare. Ci piace anche l’accostamento di Martone, che ieri a Venezia, si è espresso con queste parole: “Come Pasolini Leopardi è un non allineato, un anticonformista poco compreso. Un intellettuale universale. Non c’è bisogno né di aver studiato la storia italiana, né di conoscere le sue opere per seguire la sua storia”. Il giovane favoloso è ancora un ribelle e inquieto romantico. Il nostro marchigiano più illustre, innamorato e respinto dai quartieri popolari e rozzi, che come ognuno di noi occhieggia una Silvia della giovinezza rimasta eternamente presente e che non dimenticheremo”.
Alessandro Moscè