UN MUSO SALVERA’ IL MONDO – di Laura Trappetti

Ebbene sì, siamo circondati! Gattini, cani, trovatelli, musi di ogni tipo affollano il web.  Ci troviamo spesso a sorridere di questa deriva sdolcinata e naif, così poco impegnata, dei frequentatori dei social. Ho letto polemiche a non finire circa la commozione digitale suscitata dal cane poliziotto Diesel, ucciso in un blitz dai terroristi a Bruxelles e la questione può anche risultare legittima: si piange per un cane e si resta indifferenti rispetto alle persone, ai drammi, alla morte di migliaia di esseri umani nel mondo. Però forse c’è di più ed è su questo di più che vorrei riflettere. Cosa rappresenta davvero questa crescente attenzione per gli animali, dai post di padroni orgogliosi, agli appelli per le adozioni, fino al vegetarismo dilagante? Da poco ho riletto un romanzo di Anna Maria Ortese, “Alonso e i visionari” (Adelphi 1996); è la storia di un cucciolo di puma, Alonso appunto e dei visionari che di volta in volta lo avvistano, con lo sfondo della generazione degli anni di piombo. La contrapposizione è fra “gli uomini del lutto” e “una dolcezza di cui disfarsi” incarnata dal puma, perché “l’uomo buono è un uomo perduto, a questo mondo”. Mi piace pensare che, come in questo libro, lo sguardo affettuoso degli umani verso gli animali, sia l’espressione di un desiderio di innocenza, di tenerezza, che ci vengono costantemente negate in una realtà dove la competizione occupa tutto il campo e non lascia spazio per nessuna comprensione e clemenza. Cosa vediamo nei musi dei nostri amici a quattro zampe se non l’immagine di un amore incondizionato che non riusciamo più a tributare neanche ai bambini tristemente lasciati annegare nei nostri mari? Non è forse il simbolo di una natura asservita alle nostre smanie di profitto che in qualche maniera ricompensiamo a suon di coccole, crocchette e foto condivise? Un animale è innocente a prescindere, che sia domestico o belva, non è colpevole di nessuno dei comportamenti che il suo istinto lo porta a compiere. Lo stesso non può dirsi dell’essere umano e se da questa vicinanza, da questa nuova sensibilità animalista, può venirne qualcosa di buono, ben venga. La natura che abbiamo devastato ci chiama a un nuovo impegno, sarebbe ora di rispondere.