Villa Adriana a Tivoli
Tra i siti Patrimonio Mondiale Unesco, ci sono sicuramente le due ville di Tivoli, Villa Adriana e villa d’Este, assolutamente da visitare. La prima di epoca romana, il periodo è quello dell’imperatore Adriano che la volle come sua reggia-residenza imperiale, la seconda invece è cinquecentesca voluta e fatta costruire dal cardinale Ippolito d’Este. Sono quindi due Ville di epoche diverse e va consigliata una visita accurata ad entrambe, magari non nella stessa giornata, per non unire insieme epoche lontane da loro e per poter assaporarne meglio la storia. Nell’articolo parliamo della Villa Adriana. Costruita tra il 118 e 138 d.C. dall’Imperatore Adriano, la villa trovò collocazione ideale su un banco tufaceo delimitato da due fossi, in un territorio verde e ricco di acque ai piedi dei Monti Tiburtini. Il magnifico complesso si distribuì su un’area di circa 120 ettari ma la parte visitabile oggi è di circa 80. Le competenze architettoniche e la sua predisposizione per il bello e la cultura di Adriano incisero sull’impianto della Villa, che venne costruita con tecniche innovative e fuori dai canoni dell’epoca, tra residenze, terme, padiglioni, ninfei e giardini. Il biografo dell’imperatore Elio Sparziano, afferma che nella Villa Adriano volle riprodurre i luoghi e monumenti che più lo avevano colpito durante i viaggi nelle province dell’Impero.
Significativo al centro della Villa, il Canopo. Questa struttura ci riporta all’antico Egitto, evoca un braccio del fiume Nilo con il suo delta, che congiungeva l’omonima città di Canopo, sede di un celebre tempio dedicato a Serapide, con Alessandria, sul delta del Nilo. L’identificazione col Canopum citato nell’Historia Augusta si deve a Pirro Ligorio, architetto napoletano al servizio di Ippolito d’Este. J.C. Grenier vi vide invece la rievocazione simbolica del viaggio di Adriano in Egitto, da cui l’imperatore ricondusse numerosi materiali e statue, e durante il quale trovò la morte Antinoo, il giovanissimo ragazzo per cui l’imperatore perse la testa, di cui Marguerite Yourcenar ci parla nel romanzo “le Memorie di Adriano”.
Attorno alla piscina-canale vi è un elegante colonnato, con copie di famose statue greche, come le statue delle cariatidi, copie romane di quelle dell’Eretteo, che sono rivolte verso la piscina e non verso i visitatori, creando così un riflesso incantevole sulla superficie dell’acqua. Intorno ai bordi della piscina, notiamo anche sculture in pietra di animali marini che vivono nei pressi dell’acqua come i coccodrilli.
L’ampia esedra alla fine della vasca presenta il triclinio imperiale al cui interno si trova lo stibadium, il letto triclinare; vi si tenevano i banchetti, resi spettacolari dagli effetti d’acqua e dagli zampilli che attorniavano i commensali. Tra biblioteche, spazi di lettura, terme, residenze, accediamo al Teatro Marittimo una delle icone di Villa Adriana per la sua particolarità e per l’ottimo stato di conservazione. L’ingresso ha un pronao con portico a colonne a all’interno troviamo un altro portico circolare con colonne ioniche che gira attorno ad un canale circolare al centro del quale vi è una vera e propria isola. Sul lato opposto ovest, il più caldo, si trovava invece un impianto termale in miniatura, con un ambiente riscaldato ed una vasca per i bagni freddi, dalla quale con alcuni gradini si poteva scendere ed eventualmente nuotare nel canale circolare – da cui appunto in nome Natatorium. Particolarmente raffinata la decorazione marmorea con uno straordinario fregio con animali e mostri marini che fu rinvenuto nel Cinquecento durante gli scavi del cardinale Farnese. Da esso nacque il nome “Teatro Marittimo”.
L’isola era il luogo più privato ed esclusivo della Villa, il rifugio segreto dove l’imperatore Adriano poteva isolarsi completamente dal mondo, all’interno di una lussuosissima villa in miniatura dotata di ogni comfort. La straordinaria ricchezza del progetto e delle decorazioni scultoree, fin dal Rinascimento è stata sì oggetto di ammirazione ma l’interesse ha assunto rapidamente carattere predatorio, tanto che le spoliazioni di marmi hanno disperso molte parti della Villa, oggi presenti nelle principali collezioni dei musei di Roma, d’Italia e d’Europa.
Francesco Fantini