Maurizio Verdenelli: La “rivoluzione copernicana” del giornalismo dalla carta stampata all’on line

Non ha bisogno di presentazioni il giornalista Maurizio Verdenelli, importante firma del giornalismo che dalla fine degli anni ’60 ha raccontato fatti e storie che hanno segnato la cronaca nazionale e locale. Dalle sue ricerche dedicate al “caso Mattei”, alla narrazione di incontri professionali con i più grandi imprenditori del nostro comprensorio durante la sua permanenza a Fabriano, Verdenelli ci ha donato queste sue riflessioni di giornalista “sempre sul pezzo” in un momento storico in cui la nostra professione subisce un profondo cambiamento, con l’avvento dell’informazione on line e di un nuovo modo di intendere e vivere il giornalismo.

Direttore, una vita dedicata al giornalismo che ricordi conserva dei primi anni della sua carriera?

Ho iniziato nel 1967 alla redazione di Perugia de ‘La Nazione’. Il responsabile era Nunzio Bassi, un grande maestro. Come dimostrò pure alla Rai come direttore della Scuola Nazionale di Giornalismo Televisivo, con sede a Ponte Felcino (Pg). Suoi allievi sono stati tra gli altri: Monica Maggioni, Gerardo Greco, Antonio Preziosi. A me disse subito: ”Non buttare il cervello all’ammasso, mai farti mosca cocchiera dei potenti”. Mi cestinò un articolo sul 4 Novembre (anno ’67) soltanto perchè avevo citato la presenza delle autorità civili, militari e religiose. “In Italia quasi mai gli uomini delle istituzioni sono autorità in senso lato, giammai morali”. Mi formò Nunzio Bassi da Arona, per sempre come giornalista ‘contro’, alla scoperta della Verità dietro le maschere e le apparenze del Potere.

Con il Messaggero è partito da Roma fino ad approdare nelle Marche come inviato speciale. Che avventura è stata con il giornale?

Una grande avventura. Lasciai La Nazione per Il Messaggero e l’ambita e pagatissima corrispondenza dall’Umbria del Corriere della Sera. Ventotto anni bellissimi. Da Perugia, rinunciando alla redazione di Terni, passai alla sede centrale di Roma. Da qui a Chieti, dove ho diretto per 5 anni la cronaca nella sterminata provincia abruzzese con i primi fatti legati alla prima insorgenza delle Brigate Rosse. Da Chieti poi nelle Marche, a Macerata, responsabile della redazione maceratese e dal 1994 al ‘97 coordinatore regionale. Successivamente sono stato nominato inviato speciale ‘per i Grandi Eventi dell’Italia Centrale’.

Come è cambiato il giornalismo con l’avvento delle testate on line?

Praticamente in… peggio, almeno per ora. Intendiamoci: è questa che viviamo una rivoluzione copernicana nella quale noi ‘vecchi innamorati’ della carta stampata ci troviamo inevitabilmente a disagio. Dal punto di vista della velocità dell’informazione è chiaro che siamo passati dalla diligenza del ‘700 al jet. Per la nostra professione è tuttavia indubitabilmente vero che è un momento molto critico, testimoniato dalla caduta drastica dell’occupazione che ha portato alla cancellazione dell’Istituto di previdenza dei giornalisti ‘G. Amendola’, il fatidico Inpgi fondato addirittura da Mussolini.

Conferenze stampa on line da seguire comodamente da casa, comunicati stampa già pronti per il copia-incolla, poco spazio alla ricerca ed alle inchieste. Secondo lei la nostra professione è più facile oggi più che allora?

Certamente più facile, date le modalità ben sunteggiate. Ma se è certo che è possibile lavorare comodamente in casa, davanti ad un pc, è pure vero che non si va perlopiù ‘sul posto’ per la verifica puntuale dei fatti come indicava maestro Nunzio. M’inchino ancora di più dunque alla memoria di Ilaria Alpi e degli altri Colleghi coraggiosi che, a rischio concretissimo della vita, sui teatri insanguinati delle guerre dove si spara oltre che ai civili, a volontari e cronisti ‘impiccioni’ che cercano come Diogene con la lanterna l’uomo (donne&bambini) e chi soffre per tentarne una possibile salvazione in nome della Giustizia e del Vero.

Ha collaborato e collabora tutt’ora con radio e televisioni. Che differenza c’è tra essere un giornalista della carta stampata ed un giornalista radio-televisivo?

Quasi nessuna. Seppure corrisponda al vero che chi scrive ha un gravame maggiore. Saper cioè interpretare bene, con fatica ed abilità, oltre agli avvenimenti, il pensiero di protagonisti e testimoni aldilà di ogni possibile smentita. Il che resta difficile, come noto. Da aggiungere che sul piano penale (cfr querele per diffamazione) chi scrive rischia molto di più di un collega radio-televisivo. Anche se le ultime esperienze delle trasmissioni tv d’inchiesta -Report, Striscia la notizia, Le Jene- dimostrano visivamente come i colleghi subiscano ‘sul campo’ aggressioni divenute ormai intollerabili da parte di energumeni che cercano di nascondere malefatte ed illegalità.

Parliamo del suo ultimo libro inchiesta “Mattei forever. Di verità si può morire”. Da anni lei si è dedicato a ricerche ed inchieste, anche coraggiose, sulla figura di Enrico Mattei. Siamo ad una sintesi di questa sua attività?

Assolutamente no. ‘Mattei forever’ contiene uno scoop dietro l’altro. Grazie a coautori eccezionali, tra i quali cito subito Emanuele Tacconi, in queste ore inviato Onu a Gaza City sulle orme e nello spirito di Enrico Mattei cui l’ha uniformato il padre Ivano, matelicese di nascita e già dipendente Eni. E con Emanuele, ricordo le altre due maggiori firme: Otello Lupacchini, ex Pg a Catanzaro e Torino, titolare delle inchieste più scottanti dal mistero Calvi alle Br e Cesare Bernabei, già dirigente apicale Ue, figlio di Gustavo, braccio destro di Mattei di cui sono stati scoperte le agende segrete. E per la prima volta si fa il nome del testimone dell’Ultimo Atto del caso Mattei….può bastare?

Qual è la verità sul “caso” Mattei e perché l’imprenditore Enrico Mattei era definito “scomodo”?

Perchè era un capitalista di Stato che aveva a cuore l’interesse pubblico. Perchè aveva un approccio diverso, ‘non predatorio’ (cfr l’attuale Piano Mattei) verso gli sfruttati fino ad allora, “Paesi in marcia” di Africa e Medio Oriente, come li definiva Giorgio La Pira. Ed ancora perché l’Uomo che guardava al futuro aveva lanciato la sfida oltre il petrolio: sul nucleare e sull’elettrico. Una sfida inammissibile per i padroni del mondo. Rimasti tali.

Sabato scorso Matelica ha voluto fare doverosa memoria dell’ex sindaco Maria Fiorella Conti, in occasione della Festa dei Laureati. Lei è fortemente presente ne “La leggenda del santo petroliere”. Quali ricordi?

Si mi è molto caro ricordare la prof. Maria Fiorella Conti che volle dedicare al mio libro su Mattei ‘La leggenda del santo petroliere’ le preziose, esclusive memorie (pure fotografiche) legate ai suoi 5 anni da sindaco sulle orme del Grande Matelicese. Settimane e settimane nella sua abitazione a lavorare su questo enorme materiale, coadiuvati dal fratello Pietro, presente il fotografo Genesio Medori. Fu Lei, poi, il prezioso tramite con il monastero della Beata Mattia e la badessa Suor Rosamaria per una straordinaria presentazione nella clausura del libro (cui intervenne ‘tutta’ Matelica) presenti il vescovo Vecerrica, il sindaco Sparvoli, l’ing. Merloni e via Skype Egidio Egidi. Fu purtroppo l’ultima intervista dell’uomo più vicino al Grande Enrico. All’evento mancò anche la prof. Conti, che rinunciò in extremis dopo aver annunciato la presenza. Vinse tuttavia la sua riservatezza che segnò l’ultimo atto della sua meravigliosa esistenza.

Per molti anni è stato responsabile della comunicazione e marketing della Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana, che ricordi ha di quell’esperienza professionale?

Ottima. Fui assunto da Antonio Parisi Presicce, lavorai con VincenzoTagliaferro. Fondai e diressi ‘Innovazione e Tradizione’ (titolo della testata voluto espressamente dal prof. Galassi) house organ di Banca e Fondazione Carifac. Lanciai il ‘conto coranico’, ossequioso dei precetti economici di Maometto. La banca fabrianese finì su tutti i giornali in Italia e pure in Europa. Un giorno addirittura contemporaneamente su due quotidiani della City londinese. Tantissimi gli eventi e densa la comunicazione a favore pure dell’intero territorio. Ricordo l’esperienza de ‘I testimoni del nostro tempo’. Protagonisti emergenti di ogni settore della vita sociale, economica ed artistica ospiti all’ultimo piano del Palazzo di Vetro della Carifac. Poi il museo Edgardo Mannucci a cura della Fondazione. Che tempi! Ma ora…?

Nel periodo di sua residenza a Fabriano ha conosciuto delle figure imprenditoriali che secondo lei non sono da dimenticare per il loro acume e visione?

Uno soprattutto: il citato prof. Abramo Galassi. L’ultimo dei Grandi imprenditori della schiera fabrianese. Si diceva che avesse impegnato la liquidazione da insegnante nella realizzazione di quello che sarebbe diventato un colosso: Faber. Industriale e mecenate di altissimo livello. Tutti ‘bussavano’ dal Professore. E lui sempre pronto nel nome della Cultura e dell’associazionismo. Inoltre Francesco Merloni. Come dimenticare la storica mostra su Gentile da lui voluta, visitata dal Presidente Ciampi e da migliaia e migliaia di appassionati? Poi naturalmente i fratelli Antonio (molto legato alla città) e Vittorio Merloni, il ‘piccolo’ della nidiata di Aristide che, nel panorama dell’industria italiana, fece diventare per grandezza secondo soltanto a Fiat il marchio Ariston. Logo elaborato nel ’60 sulla coincidente radice linguistica di ARIstide il nome del fondatore e il termine greco ARIston (il migliore)!

Oggi la Città della Carta e dell’elettrodomestico è mutata, sta subendo da anni una forte crisi economica ed occupazionale. Da osservatore attento, secondo lei cosa non ha funzionato nel nostro distretto industriale?

Dopo il 2008, alla prima vera crisi, rivolsi la medesima domanda all’ing. Merloni. “Quando saltò la fonderia Fiorentini, i tanti senza lavoro si misero in proprio. Non c’erano gli ammortizzatori sociali. Nessuno era protetto. La necessità aguzzò ingegno e volontà di rinascere. Nacque così il miracolo economico del Distretto fabrianese…”. Credo che ci sia molta verità in quella risposta di Francesco Merloni. Mi permetti di ricordare in conclusione un Grande fabrianese che non c’è più e di cui fui amico? Alberto Ciambricco, padre (con Mario Casacci) del Tenente Sheridan. In pratica uno dei fondatori della Tv di fortissimo successo popolare. Spero dunque che si voglia tener sempre viva la memoria di Alberto che amava appassionatamente la ‘sua’ Fabriano.

Gigliola Marinelli


Foto: Verdenelli con il Premio Oscar Dante Ferretti


Foto: Verdenelli con l’Ing. Francesco Merloni

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