Sassoferrato, Teatro del Sentino: Sabato 6 aprile in scena “Una compagnia di pazzi”

SASSOFERRATO- In equilibrio precario tra la “normalità” e la lucida follia. Questo, in estrema sintesi, il tema del nuovo lavoro di Antonio Grosso, dal titolo Una compagnia di pazzi, che chiude, sabato 6 aprile alle ore 21,00, la stagione di prosa degli spettacoli in abbonamento del Teatro del Sentino. Una stagione di successo, per la soddisfazione del soggetto organizzatore, ovvero l’Amministrazione comunale, visto che ha fatto registrare una presenza media di spettatori del 97,6% rispetto ai posti disponibili in teatro nei quattro spettacoli sin qui rappresentati.
Drammaturgo, regista e attore di grande talento, Grosso, salito alla ribalta con lo spettacolo diventato un cult, Minchia Signor Tenente, con oltre cinquecento repliche rappresentate in giro per l’Italia, torna in teatro con questa intrigante commedia che affronta un tema forte come la libertà, trattandolo con ironia e leggerezza, ovvero due dei tratti distintivi della sua drammaturgia. Accanto a lui, in scena, un cast di tutto rispetto, interamente al maschile e particolarmente coeso, composto da Antonello Pascale sua validissima “spalla” in tante rappresentazioni, Luigi Pisani, Gioele Rotini, Gaspare Di Stefano e Natale Russo.
La vicenda è ambientata nel 1945, alla fine della seconda guerra mondiale, alle pendici di un paesino ai confini tra la Campania e la Basilicata, dove due infermieri gestiscono un manicomio quasi dismesso all’interno del quale sono rinchiusi tre soli pazzi. La guerra si svolge nelle vicinanze, ma in questo manicomio non succede nulla. Queste cinque persone vivono la loro vita come se intorno a loro non accadesse niente: gli infermieri non si comportano da infermieri, ma con i loro pazienti c’è confidenza, come se convivessero tutti sotto lo stesso tetto.
Umberto, uno dei pazienti, taciturno e sempre incazzato, è un cantante rinchiuso dal regime fascista perché troppo vicino ad ambienti comunisti; Federico è un uomo di sessant’anni che non parla quasi mai, dice soltanto poche parole e quasi incomprensibili, ed è rinchiuso in manicomio perché omicida di un gerarca fascista; Benni è invece un ragazzo che vive da anni in ospedali psichiatrici e manicomi, abbandonato dalla nascita, logorroico e fissato con la pulizia.
Insomma, in questa piccola comunità c’è armonia, anche se questa viene interrotta una settimana al mese dalla presenza del direttore del manicomio, un uomo severo, cinico che sfiora momenti di “malvagità”. Ovviamente gli infermieri cercano spesso di fare da “muro” a questi atteggiamenti ostili, ma senza alcun tipo di risultato. Un giorno, uno dei “pazzi” scopre la presenza di una cassaforte nell’ufficio del direttore. Da qui i nostri protagonisti, pensando che all’interno della stessa ci sia del denaro o pietre preziose, escogitano un piano per scassinarla, scappare con il bottino e conquistare una meritata libertà…
Dunque, una vicenda dai contorni drammatici, dove la follia, la disperazione e la mancanza di libertà giocano un ruolo di primo piano. Ma la convivenza tra i soggetti di questo composito gruppo di persone dà origine a comportamenti bizzarri, a momenti di quotidianità surreali e grotteschi che stemperano l’atmosfera triste che aleggia intorno alla loro precaria condizione. E’ in questi momenti che a prendersi la scena è una prorompente ed esilarante comicità che rapisce e coinvolge emotivamente il pubblico. Si ride, tanto, e al tempo stesso si riflette con questo spettacolo così carico di umanità, poesia e dolcezza, dove la follia può anche insegnarci cosa significhi essere liberi o cosa significhi realmente “amare”.
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CS