Violenza domestica: Un racconto di paura e solitudine inviato alla redazione di Radio Gold

Non è stato facile raccogliere questa drammatica testimonianza. Tutto parte con un messaggio in cui la persona che mi ha contattata, di cui mantengo strettamente l’anonimato, mi ha scritto il 14 ottobre scorso nel terribile giorno in cui ha perso la vita Concetta Marruocco di Cerreto d’Esi, uccisa con quindici coltellate dall’ex marito. Non è semplice raccontare la violenza subita, i maltrattamenti, le angherie e le sopraffazioni specie da parte di chi, all’interno delle mura domestiche, dovrebbe amarci perché legati a noi da un vincolo di sangue. Questa è la storia di una famiglia che si è sentita e si sente sola nell’affrontare un dramma troppo grande per chiunque, un racconto che fa riflettere e nel contempo indigna perché, purtroppo, è una delle tante storie che quotidianamente fanno parte della triste e cupa cronaca di un Paese che conta sempre più vittime di violenza domestica.

Quando sono iniziati gli atti di violenza domestica da parte di tuo fratello?

Nei miei confronti più o meno 5 anni fa, poi lui si è trasferito in un’altra regione per tre anni; due anni fa è tornato e quindi gli atti di violenza si sono presentati in modo più assiduo.

Questi maltrattamenti contro quali altri elementi della famiglia erano compiuti?

Nei confronti di mia madre perlopiù, ma anche del padre quando abitava con lui.

Si trattava di maltrattamenti comportanti lesioni fisiche o anche di forme di violenza psicologica?

Maltrattamenti purtroppo in ogni loro forma. Lui era solito minacciare verbalmente e fisicamente a fronte di una qualunque sua richiesta che veniva negata.  Il motivo, spesso e volentieri, era causato dalla negazione alla sua continua richiesta di soldi. Nel senso “o mi dai i soldi o ti uccido, o ti brucio la casa”.

Durante questi episodi di violenza erano presenti anche dei minori?

In un’occasione è successo. Anni fa mi ha tirato addosso un piatto e io avevo in braccio mia figlia di pochi mesi di vita, ovviamente ho protetto mia figlia girandomi di spalle facendo in modo che il piatto arrivasse sulla mia schiena.

Mi dicevi che tuo fratello sin da piccolo aveva manifestato forme di disagio: quali problemi comportamentali aveva?

Ha iniziato con l’età dell’adolescenza, inveiva contro di noi in modo violento sia urlando che alzando le mani per qualsiasi motivo, spesso futile. Il modo per tenerlo calmo era assecondare ogni sua richiesta. Ricordo ancora quando nel corso dell’ennesima litigata spinse mia madre giù dalle scale, lui aveva 12 anni.

La tua famiglia ha tentato di curare questo ragazzo, anche con l’aiuto di uno psicologo?

Assolutamente sì, abbiamo provato con il sostegno degli assistenti sociali, di psicologi in primis, poi di psichiatri, con l ‘ aggravarsi della situazione lo abbiamo inserito in percorsi rieducativi all’interno di strutture specializzate (comunità terapeutiche). Per essere esatti è entrato in due diverse comunità nel corso degli anni, per un totale di 3 anni e mezzo. Ma purtroppo, ogni volta che è uscito, dopo qualche mese tornava ad essere come prima, anzi si aggravava.

Con la crescita questi disagi si sono quindi amplificati anche a causa di qualche forma di dipendenza?

I disagi inizialmente “psicologici” si sono aggravati poi dall’ uso di sostanze stupefacenti, prima “leggere” poi nell’ultimo periodo pesanti.

Attualmente tuo fratello è in regime di reclusione: come sta affrontando in così giovane età questo doloroso momento della sua vita?

Si esatto, male, ha tentato il suicidio nel primo mese di reclusione. Non accetta di essere “rinchiuso” e non capisce realmente il motivo per cui è lì, lui pensa di non aver problemi, parla della sua violenza come se fosse una normale reazione alla rabbia.

Nel periodo in cui eravate vittime di violenza a chi vi siete rivolti per cercare un aiuto ed un consiglio su come affrontare la quotidianità?

Bella domanda. A tutti! Con tutti intendo CIM, SERT, Forze dell’Ordine, avvocati, tribunali. Tutte le istituzioni esistenti che avrebbero potuto aiutarci.

Parlando con te ho capito che in questa tragedia vi siete sentiti abbandonati a voi stessi, da chi in particolare?

Ci siamo sentiti totalmente abbandonati, da tutte le istituzioni! Il motivo è semplice purtroppo, in situazioni come la nostra è difficile fare un’unica diagnosi, proprio perché a problemi “psichiatrici, psicologici” si unisce poi la “tossicodipendenza” e in una situazione così le istituzioni vanno in blackout. Mi spiego, il SERT richiede sempre il consenso dell’interessato per poterlo inserire in un percorso di cura e disintossicazione, ma nel nostro caso mio fratello si è sempre opposto realmente ad ogni tipo di cura e /o analisi. Ha “falsamente” partecipato a qualche analisi e visita solo negli ultimi mesi e ovviamente non è bastato. Le Forze dell’Ordine hanno pressoché le mani legate quando si tratta di soggetti ritenuti psichiatrici, anche se, come mio fratello, sono ritenuti socialmente pericolosi. Il CIM, oltre a prevedere degli incontri prefissati una volta al mese per somministrare delle cure, può metterlo come è successo in lista d’attesa per delle strutture di cura, ma anche lì tempi infiniti. La cruda realtà è che i soggetti a “doppia diagnosi” sono liberi di compiere qualsivoglia reato grave e non, perché? Perché nessuno fa niente di incisivo, fino a che non succede qualcosa di grave, grave realmente.

La violenza domestica è un dramma che coinvolge moltissime famiglie. In base a questo tuo doloroso vissuto, cosa ti senti di consigliare a chi ha paura di denunciare questi maltrattamenti?

È doloroso, anche noi abbiano provato negli anni tutte le strade possibili, ma DENUNCIATE sempre e subito! È l’unico modo anche se, ripeto, questo richiede delle tempistiche assurde, per poter realmente AIUTARE il vostro famigliare che ha questi disagi psicofisici, e AIUTARE E TUTELARE VOI STESSI.

Durante i permessi di visita a tuo fratello, state ravvisando un miglioramento delle sue condizioni psicofisiche ed un pentimento nei vostri confronti per il dolore che vi ha arrecato?

Stando in carcere ovviamente non fa uso di sostanze stupefacenti e questo sicuramente migliora la sua condizione ma, di fatto, rimangono le sue reazioni violente, da come sappiamo anche lì spesso ha degli scontri con gli altri detenuti. Il pentimento sì, lui si pente, ma lo fa sempre. Ogni volta che ci faceva male poi ci chiedeva scusa, ma poi ritornava sui suoi atteggiamenti.

Si avvicina il Natale, come state affrontando questo periodo dell’anno con un bagaglio di dolore così importante sulle spalle?

Lo affrontiamo come lo abbiamo affrontato negli ultimi anni, male. Quest’anno sai che hai un fratello recluso e invece vorresti vederlo in una struttura che possa realmente curarlo. Sai di aver provato a prendere tutte le strade per salvarlo e non ci sei riuscita, Perché, nell’ attesa di far sentire la tua voce e nella richiesta di aiuto continua, lui ha commesso reati su reati. È giusto che paghi le conseguenze di quello che ha commesso, ma è anche una persona che ha bisogno di essere curata. E se le istituzioni si fossero mosse prima, tanti reati si sarebbero potuti evitare. Ma questa è l’Italia.

Gigliola Marinelli