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Diego Mingarelli: Con Diasen una sfida per un nuovo umanesimo sostenibile

A tu per tu con Diego Mingarelli, Chief Executive Officer di Diasen, l’azienda con sede a Sassoferrato divenuta leader nelle soluzioni green per l’edilizia. Una storia di imprenditoria familiare che parte da lontano e che ha raccolto la sfida di un nuovo umanesimo sostenibile in cui Diasen propone una innovativa relazione tra uomo e natura.

Diego sei stato appena eletto nel Consiglio Direttivo di Aidaf, un’associazione che raccoglie il gotha dell’industria italiana. Come si colloca questa nuova avventura nel tuo percorso personale e aziendale?

Aidaf rappresenta le imprese familiari, un modello imprenditoriale e di governance tipicamente italiano. Le imprese familiari sono un grande patrimonio del nostro Paese, l’espressione originale di quella manifattura diffusa che produce ricchezza, genera coesione e consente alle comunità territoriali di vivere e prosperare. L’impresa familiare è il perfetto esempio di un rapporto di prossimità tra imprenditore, famiglia e collaboratori e da ciò nasce una comunità di lavoro che esprime al meglio competitività e responsabilità sociale. La mia nomina è un riconoscimento al percorso imprenditoriale e aziendale che stiamo sviluppando in Diasen e si colloca in una linea di affinità e coerenza con la mia visione dell’esperienza associativa. Un’esperienza nuova di cui mi sento di ringraziare Francesco Casoli, past President di Aidaf, per i buoni consigli che mi ha offerto e perché mi ha fatto comprendere le grandi opportunità di questa associazione da lui presieduta con grande dinamismo e visione.

Diasen sta ottenendo riconoscimenti internazionali a significare un forte impegno imprenditoriale ed una visione vincente. Vogliamo raccontare ai nostri lettori la storia di Diasen, che parte dai lontani anni Venti?

Diasen rappresenta l’approdo di una vicenda secolare. Tutto nasce con il mio bisnonno Lorenzo Pierantoni che nel 1925 si innamora del sapone e inizia a produrlo. Un autodidatta animato da una grande passione che attraversa il secolo scorso e giunge fino a mio padre Floriano che la innesta in una nuova avventura: la Italsolventi, un’azienda chimica tradizionale. Mio padre, però, era una persona curiosa che amava i contrasti e le intuizioni alchemiche. Inizia a sperimentare miscele di sughero e cemento e capisce che nel mondo della chimica per l’edilizia c’è bisogno di una svolta ecologica. Da questa intuizione poco più di 20 anni fa nasce Diasen e in questi anni abbiamo realizzato una straordinaria transizione ecologica che ci ha resi protagonisti nella ricerca di materiali a basso impatto ambientale e leader nella realizzazione di biomalte e pitture ecologiche molto apprezzate dal mondo più evoluto e innovativo dell’architettura italiana e internazionale.

Quanto l’esperienza del passato ha influito sull’evoluzione e la fortuna dei prodotti Diasen?

In Diasen ci piace dire che il futuro ha sempre radici antiche. Per questo quando ci poniamo di fronte al mercato pensando al futuro, alle sue sfide e ad una innovazione che dobbiamo alimentare senza pause ci rendiamo conto di una lezione di valore che proviene dal passato inteso come deposito di sapere, di esperienze e di identità. A volte, con freddo linguaggio manageriale, si parla di curva di esperienza ma c’è molto altro da considerare: il rapporto con le persone, con il territorio, con l’identità irripetibile del genius loci. In Diasen siamo convinti che l’eredità del passato, anche quello più remoto, sia parte attiva della nostra capacità di innovare e di vivere il presente e il futuro con saggezza, equilibrio e speranza. Ogni volta che i nostri sistemi vengono usati in qualche angolo del mondo sentiamo di aver donato non solo materiali e know how ma anche storia, identità e cultura.

Con Diego Mingarelli la Diasen, a partire dal 2010, si è proiettata in una dimensione internazionale. Quanto hai creduto in quest’azienda per arrivare a risultati così entusiasmanti?

La nostra internazionalizzazione nasce come risposta a un contesto traumatico: il crollo del settore dell’edilizia in Italia dopo la tempesta finanziaria del 2008. Internazionalizzare significava investire per sopravvivere, uscendo dalla zona di comfort del mercato nazionale e cambiando la mentalità di tutta l’organizzazione. Oggi internazionalizzare non è più un fatto di sopravvivenza ma una scelta di crescita a sviluppo che ci ha dato libertà e autonomia. Diasen distribuisce le sue soluzioni in circa 60 paesi. A partire da quelli dell’Europa del Sud, i più importanti per affinità culturale e tradizione del costruire e dell’abitare, ma siamo presenti anche nel Nord Europa, negli USA e in Asia perché la nostra visione mediterranea e sostenibile del comfort e benessere esercita un appeal sempre più globale.

Quando si parla di Diasen si associano i concetti del “Costruire Mediterraneo” e di comfort sostenibile. Possiamo spiegarne il significato?

Costruire Mediterraneo e comfort sostenibile sono concetti forti e correlati dell’identità Diasen. Costruire Mediterraneo significa attualizzare, attraverso tecnologie evolute, la tradizione millenaria degli edifici di questa area del mondo, il loro straordinario adattamento al clima e alle necessità di isolamento dal caldo; significa utilizzare materiali tradizionali e di prossimità e interpretare un’idea del costruire e dell’abitare segnata dalla bellezza e da un approccio che mette al centro l’uomo e i suoi bisogni. Attraverso i valori del Costruire Mediterraneo possiamo alimentare il circolo virtuoso del comfort, il benessere e la salubrità degli spazi in cui vivono le persone. Le nostre soluzioni danno forma a questo diritto al comfort attraverso materiali naturali come il sughero, l’argilla, la calce, la pietra pomice, le fibre di cellulosa. E questo ci consente di entrare in un perimetro di sostenibilità e di rispetto dell’ambiente che è parte integrante del diritto al comfort che ognuno di noi deve esercitare per migliorare la qualità del vivere e gli equilibri ambientali del pianeta.

L’azienda ha le sue radici nell’entroterra marchigiano, a Sassoferrato, dove si trovano la sede e la produzione. Un territorio che da decenni sta soffrendo una pesante crisi economica ed occupazionale. Come sei riuscito a far crescere la tua azienda, raggiungendo importanti traguardi, partendo da un comprensorio così in difficoltà?

Il territorio è una componente distintiva del nostro successo e del nostro business model. Siamo una storia emblematica di quella manifattura diffusa che è parte del panorama produttivo e culturale dell’Italia: migliaia di piccole e medie imprese – spesso familiari – dislocate in modo capillare in tutta la Penisola, dall’entroterra alla costa, da Nord a Sud. Diasen coltiva con passione questo rapporto speciale col territorio e la sua comunità. Una visione che, ad esempio, decliniamo nella selezione delle persone, cercando di tenere insieme competenze, radicamento territoriale e sensibilità ambientale. Di fatto proviamo a rovesciare la mentalità corrente: il territorio che diventa elemento di differenziazione e cuneo identitario. Continuare a pensarlo in negativo, come limite geografico e spazio economico e sociale in declino significa alimentare una profezia che si autoavvera.

Diasen è una realtà che ha fatto della comunicazione aziendale un punto di forza e di crescita. Quanto conta saper comunicare bene e, soprattutto, è fondamentale avere una squadra unita a supporto dell’attività imprenditoriale?

Spesso le PMI fanno fatica a comunicare e a raccontare la propria eccellenza. In questo modo si rischia di confinare l’innovazione, di restringere gli spazi di espansione e di non alimentare quella rete di stakeholders che è fondamentale per creare un ecosistema di impresa, che è quello che abbiamo cercato di fare attraverso la certificazione BCorp. Comunicare significa raccontarsi, spiegare, trovare parole chiave, spiegare chi siamo ma vuol dire anche essere riconosciuti, essere cercati, facilitare la costruzione di relazioni che consentono a un’azienda di crescere e prosperare. La comunicazione non è una funzione aziendale tra le altre o un lusso dei grandi ma una condizione necessaria di competitività. Poi c’è la qualità della comunicazione e questa dipende da tanti fattori: da quanto credi in ciò che proponi, da quanto è diffusa nella comunità di lavoro la consapevolezza della tua eccellenza, dal se e dal come riesci a costruire una squadra in cui tutti remano nella stessa direzione. È l’ecosistema d’impresa che crea la buona comunicazione. In Diasen il buon comunicatore è il bravo interprete del nostro ecosistema più che l’esperto che crea una campagna di successo.

”Le radici profonde del futuro”, è uno dei vostri claim aziendali che mi ha particolarmente colpito. La tua vocazione imprenditoriale a quali sfide condurrà la Diasen nei prossimi anni? Hai nuovi progetti in cantiere?

La sfida in cui siamo più impegnati è quella del comfort sostenibile, ovvero promuovere, attraverso tecnologie e materiali innovativi, il bisogno di benessere delle persone e il rispetto di esigenze planetarie di sostenibilità che interrogano nel profondo il settore del costruire. Attorno a questo perimetro di visione stiamo sviluppando una connessione sempre più stretta e profonda con il mondo dell’architettura perché siamo convinti che la progettazione del futuro sarà impegnata in una quadratura del cerchio: costruire bene e bello per dare dignità all’abitare, garantire la salubrità e il benessere delle persone negli edifici, ricorrere a materiali che rispettino l’ambiente e le esigenze del pianeta. Ne parleremo con i migliori architetti italiani e internazionali in due eventi che si svolgeranno a Milano il 31 maggio e ad Ancona l’8 giugno.

Sei un imprenditore che con la sua azienda rappresenta un orgoglio per il nostro territorio. Dovessi dare un consiglio ad un giovane che vuole tentare una start up o anche ad un imprenditore sfiduciato e messo alla prova da questa congiuntura negativa, cosa suggeriresti in base alla tua esperienza?

Fabrizio De André sosteneva che la gente dà buoni consigli quando non può più dare cattivo esempio. Per questo non mi avventuro in suggerimenti ma credo che in un territorio come il nostro si possa favorire uno sviluppo imprenditoriale: innanzitutto lavorando sulla mentalità per uscire dal cono d’ombra del vittimismo e della rassegnazione che sembrano diventati un fattore strutturale e poi investire su settori che possano intercettare esigenze e bisogni evoluti: digitalizzazione, servizi avanzati alle imprese, professionalità che si muovono nei settori di punta. E poi servirebbe mettere in rete le PMI del territorio. Nel nostro territorio ci sono eccellenze che meritano di essere conosciute e possono spiccare il volo. Diasen, nel suo piccolo, ci prova: siamo un’azienda della chimica green in un distretto metalmeccanico. Sembriamo fuori contesto ma non sapremmo pensare il nostro futuro lontano da qui. Restare e provarci per farcela: forse è questo il consiglio che mi sento di dare in una stagione di grandi cambiamenti e di opportunità che si possono cogliere anche muovendo da un entroterra che è parte di ognuno noi.

Gigliola Marinelli

 

 Diego Mingarelli, CEO Diasen