L’ATTIVITA’ DELLA CORALE “SANTA CECILIA”, PARLA QUINTO BALDUCCI

Fabriano – Il gruppo corale “Santa Cecilia” è stato fondato nel 1953 dal sacerdote M° Don Ugo Carletti come coro liturgico raccogliendo in breve l’eredità della Cappella Musicale della Cattedrale Basilica di San Venanzio di Fabriano operante dalla metà del 1500. Tra soli due anni, uno dei primi cori delle marche compirà ben settanta anni. Quella del gruppo corale “Santa Cecilia” è una storia lunga fatta di concerti e tournee all’estero, il gruppo ha cantato a festival e manifestazioni importanti sia in Italia che nel mondo ed è uno dei fiori all’occhiello della città fabrianese. Il gruppo è composto da circa quaranta persone e, come tutti i cori ha sofferto molto di questa situazione causata dal Covid-19: è tornato operativo il 24 giugno (foto) dopo più di un anno e mezzo di stop. Per parlarci di gruppo corale e situazione generale, abbiamo contattato uno dei componenti del coro di “Santa Cecilia”, Quinto Balducci: “E’ stato un bruttissimo periodo – afferma Balducci – non poter partecipare a nessuna manifestazione ne poter operare in nessun modo è stato un grande dispiacere per tutto il coro. Come tutti i cori abbiamo sofferto di questa situazione e ora abbiamo la forte speranza di ripartire. Sembra cosa da poco conto, ma abbiamo cantato nella Cattedrale di Fabriano lo scorso 24 giugno e abbiamo ripreso a respirare cantando. Erano passati quasi due anni, e proprio per il patrono di Fabriano abbiamo cantato per la nostra città, è stato emozionante”.

E iniziamo a parlare con Quinto Balducci di questo lunghissimo periodo, durato quasi due anni: “In questo periodo la corale si è fermata con tutti i programmi che aveva, non abbiamo mai cantato. Per cui abbiamo fatto lezioni online pur di tenerci in contatto e tenere la voce unita (insomma qualche incontro online come tutti coloro che vivono nel mondo dell’arte e dei cori), ma niente concerti e tutto totalmente sospeso. Prima del Covid-19, avevamo in programma un festival internazionale a luglio 2020 (e tappa successiva a luglio 2021) oltre al Festival Internazionale del Garda, saltato di netto. L’ultimo concerto classico di Natale (concerto di Natale presso la Cattedrale di Fabriano) è stato nel 2019, nel 2020 purtroppo è stato annullato”. Chiedendo dei programmi futuri, nella mente di Quinto Balducci qualcosa c’è già: “Abbiamo intenzione ogni anno di partecipare al “Canticorum Jubilo”, una rassegna musicale itinerante a Fabriano con la partecipazione di cori che vengono anche da fuori: ogni coro suona e canta in posti diversi per ritrovarsi poi in Cattedrale dopo più aver toccato più luoghi di Fabriano. Un bellissimo incontro di corali polifoniche in ricordo di Don Ugo Carletti a Fabriano che cerca ogni anno di coinvolgere il maggior numero possibile di persone attraverso un vero e proprio tour. Ci stiamo poi preparando per partecipare a settembre (siamo già stati invitati e credo proprio che aderiremo all’iniziativa) alla “notte delle Chiese”, un tour in cui si visitano le Chiese fabrianesi in notturna e che sta organizzando Don Umberto Rotili. Ad ottobre invece si terrà la rassegna musicale a Fano, alla quale parteciperemo. Per chiudere speriamo di svolgere il concerto di Natale che è una nuova opera dedicata a Monsignor Raffaele Sirmen (nato nel 1741 e morto nel 1908), il quale era compositore e anche l’organista della collegiata di San Nicolò: in realtà era in programma un anno fa, ma è tutto slittato. Il nostro direttore Paolo De Vito ha ricatalogato e riproposto questa opera e la proporremo al pubblico”.

Sperando di esserci messi alle spalle questo pessimo periodo legato anche al mondo dei cori, Quinto Balducci ci tiene a chiudere con un invito: “Siamo sempre alla ricerca di persone d’aggiungere al nostro coro, non tutti sono appassionati ad una musica simile, ma se giovani o meno giovani volessero accostarsi a questa bella famiglia, noi siamo dilettanti e cantiamo per stare insieme e per star bene in compagnia. Un appello a chi volesse venire a cantare nel nostro coro, sappia che è ben accetto e troverebbe, come la chiamo io, una famiglia”.

Lorenzo Ciappelloni