LA FABRIANESE VERENA RUGGERI IN PRIMA LINEA NELLA RICERCA SUL VACCINO ANTI COVID

Una scelta coraggiosa, con in valigia tanti sogni nel cassetto da realizzare ed una passione per la scienza e la ricerca. Questa settimana raccontiamo la storia della dottoressa Verena Ruggeri, partita da Fabriano nel 2003 per trasferirsi in Inghilterra. Vive a Smarden, un bellissimo e tipico paesino inglese nel Kent, ad un’ora da Londra ed a trenta minuti dalle bianche scogliere di Dover, con il marito, i suoi due figli, un cane, un gatto e, da brava marchigiana, con ben cinque galline. Attualmente è impegnata, con il suo team di ricerca, nello studio, produzione, somministrazione e modalità di conservazione del vaccino anti Covid, in collaborazione con le più importanti case farmaceutiche. L’abbiamo raggiunta per capire a che punto siamo con la sperimentazione e la distribuzione del vaccino, tanto atteso dalla popolazione mondiale.

Dottoressa, da Fabriano all’Inghilterra, una scelta importante dettata sicuramente da una grande voglia di conoscere e di fare nuove esperienze. Cosa spinge una giovane studentessa ad intraprendere questo percorso difficile, lontano da casa e dagli affetti più cari?

La più grande aspirazione per i giovani, quando io ho lasciato l’Italia, era di avere un posto fisso in una delle aziende del fabrianese, come per esempio Merloni o Elica. Lavorare in un ufficio dalle 9 alle 17 e ricominciare il giorno dopo. Credo che in Italia e soprattutto nel fabrianese non ci sia la voglia di far crescere professionalmente i giovani, tutto è statico e probabilmente rimasto un po’ indietro, ecco perché come me tanti miei colleghi di liceo si sono rifatti una vita all’estero. Quando si è giovani si ha la voglia di fare qualcosa di grande, si ha l’entusiasmo, le aspirazioni e purtroppo la nostra città non è al passo con le esigenze di questi giovani talenti che vogliono avere un impatto nella società. La conseguenza di ciò è che persone come me cercano altrove quegli spazi dove affermarsi, decidendo di lasciare gli affetti più cari. Non è una scelta facile, la famiglia non sempre approva, ma i giovani hanno bisogno di radici salde ed anche di grandi ali per volare.

La scienza è stata da sempre la sua grande passione, oggi lavora nell’ambito della ricerca scientifica. Di cosa si occupa in particolare?

Dopo quattro anni, divisi tra laboratorio ed Università, ho deciso di dedicarmi alla parte commerciale della ricerca scientifica. Ora sono Direttrice Commerciale in un’azienda che distribuisce reagenti e macchinari ai vari laboratori di ricerca. Dirigo un team di otto consulenti che aiutano i ricercatori ad ottimizzare gli esperimenti e a costruire nuovi laboratori in base alle loro esigenze scientifiche. Come nel caso dei laboratori per i test COVID. In Inghilterra il mio team è stato, ed è tuttora, il maggior responsabile per la realizzazione di questi laboratori. Inoltre al momento ci stiamo dedicando alla logistica ed alla conservazione dei vaccini COVID

Collaborando appunto con delle grandi aziende farmaceutiche nello studio e produzione del vaccino Covid, può sintetizzare a che punto siamo con la sperimentazione di questo vaccino così tanto atteso dalla popolazione mondiale?

Per poter produrre un vaccino ci sono molti passaggi da fare e di solito l’iter è molto lungo. Dopo i primi studi e sperimentazioni, si passa alla sperimentazione su umani e ci sono 4 fasi principali. Il vaccino viene testato dalla fase 0 alla fase 3, mentre nella quarta fase si richiede l’approvazione per la produzione del vaccino stesso. Per il vaccino contro il COVID, alcuni passaggi prima della sperimentazione umana sono stati saltati in quanto il COVID fa parte della famiglia della SARS, virus molto conosciuto e temuto dalla popolazione. Ciò ha permesso ai ricercatori di fare un balzo in avanti in maniera alquanto veloce. Ci sono diverse case farmaceutiche già alla fase 3 e alcune alla fase 4. Abbiamo tutti sentito la notizia del vaccino Pfizer, questo vaccino è alla fase 4, quindi l’azienda Pfizer ha chiesto l’autorizzazione per poter produrre e distribuire il vaccino. Altre aziende come Moderna e AstraZeneca, in collaborazione con l’Università di Oxford, stanno concludendo, se non hanno gia’ conclusa la fase 3, quindi la richiesta di autorizzazione è imminente. Una volta che il vaccino ha ricevuto l’approvazione della FDA, si passa alla richiesta del Governo per l’approvazione finale e poi si inizia la distribuzione. Considerando quanto sopra ed i risultati positivi dei vari vaccini, possiamo supporre che la distribuzione avvenga alla fine di dicembre/ inizio gennaio (se tutte le approvazioni saranno positive).

Il vaccino Covid necessita di una particolare conservazione, con una temperatura stabilita. Può spiegarci come verrà trasportato e conservato, a livello logistico, in attesa di essere somministrato alla popolazione dagli operatori sanitari?

Il nuovo vaccino va conservato a -70 /-80 gradi. Questo vaccino si chiama anche “seme” ed è molto importante tenerlo a questa temperatura prestabilita. Il vaccino viene conservato in congelatori speciali con temperatura a -80 gradi, dopodiche’ viene trasportato (via aerea o terra) in scatole speciali piene di ghiaccio secco (dry ice). Queste scatole, se non aperte, possono mantenere la temperatura per circa 9/10 giorni. Una volta che il vaccino arriva nei centri sanitari si può conservare per alcuni giorni 4/5 nei normali frigoriferi ad una temperatura dai 2 agli 8 gradi, in attesa di essere utilizzato per l’immunizzazione. Ecco perché non si ha la necessità di questi congelatori speciali per le strutture sanitarie che somministrano il vaccino.

Avete già fissato dei parametri di riferimento per identificare le categorie che avranno la priorità nella somministrazione del vaccino?

Ogni paese sicuramente ha diversi parametri, comunque il fattore principale è l’età e lo stato di salute. Con molta probabilità, si inizierà da persone sopra i 50 o 60 (dipende dal paese) con patologie già esistenti, probabilmente le case di cura saranno le prime a ricevere il vaccino. Questo perché il sistema immunitario è più lento e meno efficace in persone più anziane. Dopodichè si passerà agli assistenti sanitari, alle persone sopra i 50/ 60 anni e poi via via a tutta la popolazione. Come ripeto, questo dipende da paese a paese e da governo a governo, ma le linee guida identificano l’età come il fattore principale per la somministrazione dei vaccini.

Molte persone sono scettiche, altre spaventate per eventuali effetti collaterali dovuti al vaccino. In base agli studi effettuati dalla vostra equipe esistono rischi concreti per la salute dovuti alla somministrazione del vaccino Covid?

Quando si parla di vaccini, come di qualsiasi altra prestazione sanitaria, i rischi e gli effetti collaterali ci possono sempre essere.  Dagli studi emergono vari effetti collaterali, non importantissimi secondo me. I principali sono il dolore al braccio dove viene somministrato il vaccino, più o meno intenso (dipende dalla persona) che può durare qualche giorno. Inoltre c’è la possibilità di sviluppare sintomi simili a quelli influenzali, anche qui per diversi giorni. Il vaccino è composto da due dosi, che vengono applicate ad una settimana di distanza, ed entrambe le dosi possono dare gli stessi effetti collaterali, però è importante che le persone abbiano entrambe le dosi. Purtroppo non posso commentare tutti gli effetti collaterali, che verranno spiegati in seguito dagli addetti ai lavori, ma secondo la mia opinione se il vaccino viene approvato vuol dire che la probabilità di effetti più gravi è minore o minima ma, come accennato, sicuramente i rischi ci sono, come per qualsiasi altra prestazione medica.

Cosa si è sbagliato durante il lockdown e cosa, secondo la sua esperienza, si sta continuando a sbagliare o a sottovalutare?

Il primo lockdown in Italia è stato molto efficace, seppur crudele e dannoso per l’economia. Ha permesso di frenare e diminuire i contagi, dando respiro alla sanità e permettendo così una migliore attenzione nella cura dei malati. Purtroppo, alla fine del lockdown, si è tornati ad una vita quasi normale rimuovendo la maggior parte delle restrizioni. Non si è fatta educazione nè sul virus, nè sulla prevenzione, questo ha portato tanta gente a fare speculazione e negazionismo. Tutto questo ha fortemente contribuito alla seconda ondata e, purtroppo, se questa educazione non verrà fatta si continuerà con il contagio e non finirà certamente presto. Il lockdown è necessario, però c’è anche da considerare il lato economico di un paese, non si può fermare tutto e purtroppo, se non si rispettano le regole per la sicurezza, si rischia di dover stoppare tutto una seconda volta con un paese già economicamente in ginocchio. Quindi la popolazione dovrebbe fare la sua parte nella prevenzione del virus.

Il mondo si chiede quando finirà questo incubo. La comunità scientifica, di cui lei fa parte, ha ipotizzato una data di massima in cui il virus rallenterà la sua corsa?

Non si sono ancora fatte ipotesi in proposito, purtroppo. Abbiamo un inverno lungo ma vediamo la luce in fondo al tunnel. Ci vorranno mesi di duro lavoro per immunizzare tutta la popolazione, ma stiamo facendo passi avanti. Senza contare l’immunità di gruppo che si sta creando. Quindi penso di poter dire che siamo a più di metà strada verso la rinascita.

Tornando a Fabriano, so che mantiene saldi rapporti con tanti amici, uno in particolare è don Vincenzo Bracci, Abate Priore di San Silvestro, con il quale so che si sente spesso. Cosa rappresenta per lei don Vincenzo e quanto conta, vivendo lontano, non dimenticare i propri affetti e le proprie radici?

Vivere lontano dagli affetti, dalla propria cultura, dalle piccole cose che hanno fatto parte di te è molto duro. Ma è importante mantenere il contatto per far vivere quella parte di te stesso che altrimenti verrebbe dimenticata. Quando si è lontani, ma si mantiene uno stretto rapporto con i cari, tutte quelle piccole cose che ci facevano arrabbiare spariscono e si vede solo il bello delle persone, o meglio, si impara ad apprezzare le cose positive e farsi scivolare addosso quelle negative. Don Vincenzo è stato il mio insegnante al liceo, un punto fermo, una persona che ho ammirato dal primo giorno. Una persona che non giudica, che ti sta accanto in punta di piedi, senza disturbare. Mi ha insegnato che la Fede è una cosa personale e non ci sono persone migliori o peggiori, giuste o sbagliate, ma solo esseri umani con fare diverso l’uno dall’altro.

Gigliola Marinelli