OLINDO STROPPA, LA VOCE DELLA RADIO E DEL BASKET SI RACCONTA A RADIO GOLD

Voce radiofonica molto amata della fortunata emittente cittadina Radio Stereo Marche, speaker ufficiale del Fabriano Basket nel periodo d’oro della squadra, organizzatore e presentatore di eventi di successo, comunicatore a tutto tondo nonché capogruppo di Forza Italia e consigliere comunale di minoranza nell’assise cittadina. Olindo Stroppa, “The Voice” per noi amici, ci racconta oggi la sua Fabriano, le sue trasformazioni ed i cambiamenti a cui ha assistito in tanti anni di carriera radiofonica e di impegno politico per la città.

Olindo, sei sicuramente una delle voci più rappresentative di Fabriano. Hai “raccontato” la nostra città attraverso un microfono, com’è cambiata Fabriano in questi ultimi decenni?

Sicuramente negli ultimi decenni la nostra città è cambiata e molto. Sono della generazione che alle 17 si radunava a casa con gli amici per vedere “La TV dei Ragazzi” e non tutti avevano la televisione, che faceva la colletta e con 55 lire ci compravamo 5 sigarette sfuse, che andava a ballare in 5 dentro la 500. Ho avuto la fortuna o più che fortuna la voglia di fondare con un gruppo di amici nel 1976, nel boom delle radio libere, Radio Stereo Marche. Questo mi ha permesso di vivere da una posizione privilegiata i grandi cambiamenti avvenuti in quel periodo. In poco più di un decennio Fabriano, da un’economia agricolo- artigianale, è diventata una delle città più industrializzate d’Italia in rapporto al numero di abitanti, con un reddito pro capite elevato. Eravamo il punto di riferimento commerciale delle città vicine, tutti ambivano a venire a vivere in città, eravamo i “fighetti”, invidiati dai coetanei dei paesi limitrofi, nascevano continuamente attività produttive e commerciali, era un posto dove si viveva molto bene, girava molto denaro, tutti avevano un lavoro, gli abitanti erano felici, questo fino alla fine del secolo scorso. Poi con il nuovo Millennio, che abbiamo salutato con grande entusiasmo, tutto è cambiato. Sicuramente sono stati fatti degli errori nel periodo di massimo splendore, è storia recente e saranno i posteri a giudicare, ma sta però a noi cercare di rimediare.

Il cambiamento ha interessato anche un settore a noi molto caro, quello della comunicazione. Come ti ritrovi in questo nuovo mondo “social” di comunicare? Siamo veramente più social oggi che in passato o è solo un fuoco di paglia e stiamo perdendo la vera essenza del comunicare?

Chiaramente in questi anni è cambiata molto anche la comunicazione, da giovane il telefono lo usavo solo per comunicazioni importanti, la ragazza si chiamava dalla cabina con i gettoni telefonici, per “acchiappare” si doveva fare le vasche lungo il Corso. A dire il vero sono stato un precursore dei social perchè nel 1976, da dentro una stanza dietro un microfono, comunicavo con il mondo esterno, mandavo dediche, auguri, messaggi, informazioni su appuntamenti clandestini attraverso la radio, nel programma dediche che ho condotto per anni, ero il facebook dell’epoca. Poi è arrivato il cellulare e sono diminuite le vasche per il Corso. Uso i social, altrimenti sarei fuori dal mondo moderno, ma prediligo il confronto diretto, il parlarsi guardandosi negli occhi. Oggi si vedono gruppi di amici che si ritrovano per un aperitivo e ognuno chatta sul proprio smartphone, senza scambiare una parola, in assoluta solitudine. Non stiamo perdendo l’essenza del comunicare, stiamo perdendo l’essenza del socializzare che sta contagiando giovani e meno giovani, questo è il punto su cui dobbiamo riflettere, perché si sta perdendo anche il dialogo in famiglia. Secondo me eravamo più social in passato, se per social intendiamo socializzare.

Cosa resta dell’esperienza maturata a contatto dei radio ascoltatori con Radio Stereo Marche e come è cambiata la comunicazione radiofonica oggi?

Sicuramente gli anni della radio sono stati fra i più belli e importanti della mia vita, mi hanno aiutato a crescere, ad entrare in contatto con il mondo circostante, ad essere estroverso anche se già lo ero. Ti svelo un segreto: la radio mi ha dato il lavoro che ho svolto nella vita, l’Informatore scientifico del farmaco. Risposi ad un annuncio di lavoro sul Corriere della Sera, al colloquio parlammo per un’ora di radio, di come si creava un palinsesto dei programmi, solo alla fine parlammo per pochi minuti della mia preparazione scientifica, andai via deluso, dopo alcuni giorni mi comunicarono che la loro scelta era ricaduta su di me. Come è cambiata la radio? Noi avevamo un contatto diretto con gli ascoltatori, ci invitavano alle cene, ai compleanni, alle feste paesane, gli studi erano sempre pieni di persone, ho ancora amici conosciuti lì, qualcuno ci ha trovato la sua anima gemella, per chi ci ascoltava eravamo gli amici della porta accanto. Oggi giustamente è diverso, per noi era un hobby. Ora la radio è un’azienda e come tutte le aziende di successo deve essere altamente professionale, non so se una gestione come la nostra ora avrebbe successo.

Hai vissuto e narrato, attraverso le tue strepitose radiocronache in diretta dal Palaguerrieri, i trionfi e le glorie del Fabriano Basket. La passione per questo sport, simbolo della nostra città, non si è mai sopita. Come vedi la nuova squadra cittadina e come si è modificato l’approccio dei tifosi con il basket locale?

Ho iniziato a seguire il basket negli anni 60, al campetto di San Benedetto. Ci giocavano alcuni miei compagni di liceo. Rapidamente, vincendo tutte le categorie, siamo approdati in serie A 2, era l’anno 1979, trasmettevamo le partite in radiocronache diretta da Radio Stereo Marche. Sono stato lo speaker delle partite al palazzetto per 20 anni, dal 1988 fino all’ultimo campionato di serie A del 2008. Ho vissuto momenti molto emozionanti, conosciuto tanti campioni, urlato per anni “Monroeee… treee…puntiiiii” o la realizzazione di canestri all’ultimo secondo che ci regalavano la vittoria. Come dimenticare momenti della vita così intensi, i caroselli delle auto per le promozioni in A1. I fabrianesi vivevano per il basket, non c’era persona che non ne parlasse. Fabriano era una delle capitali del basket al pari di Milano, Bologna, Pesaro, Cantù. Il basket rappresentava la grandezza della nostra città e ne andavamo orgogliosi. Poi come tutte le cose belle di colpo è finita, ma la passione è rimasta con lo stesso entusiasmo di allora, tanto che attualmente abbiamo il pubblico più numeroso della seria B. Possiamo dire che Fabriano è il basket e il basket è Fabriano. Voglio ricordare due grandi personaggi del nostro basket Giuliano Guerrieri e Giuliano Ceresani.

L’amore per Fabriano ti vede impegnato da molti anni anche in politica. Si riesce ancora a ragionare di politica, con la P maiuscola come tu spesso sottolinei?

Ho sempre messo a disposizione le mie modeste qualità per la città, il basket, il Palio di San Giovanni, le associazioni, sono fabrianese ed amo la mia Fabriano. Da oltre 20 anni sono impegnato in politica (sono da rottamare!) che per me è la più alta espressione di volontariato. La Politica, quella con la P maiuscola, dove valgono i valori, il confronto, il bene comune, la serietà e l’onestà morale ed intellettuale, i contenuti. Oggi abbiamo quella con la p minuscola, da vendere agli elettori a qualsiasi prezzo, quella dell’apparire, del populismo, dove basta dire quello che vogliono sentirsi dire e poi domani dimenticarlo, di chi urla di più, dove si prediligono le comunicazioni sui social rispetto al contatto diretto. Sicuramente questo è il motivo per cui i cittadini e soprattutto i giovani si stanno allontanando dalla politica. Io sono un “piazzarolo”, mi piace stare con le persone, bisogna ricominciare a parlare con la gente, ascoltarla, cercare di risolvere i veri problemi che la affliggono come la sanità, il lavoro, le famiglie in difficoltà economica e naturalmente la cura del territorio. Mi arrabbio quando vedo la città non curata: è come vedere una bella donna con i vestiti lerci.  Per il bene dei nostri figli spero che si ritorni alla Politica con la P maiuscola.

I fabrianesi nell’ultima tornata elettorale hanno scelto il cambiamento, lo stesso è accaduto a livello nazionale. Ritieni questo nuovo modo di “fare politica”, anch’esso molto social, il cambiamento giusto per Fabriano ed il nostro Paese?

Se hanno scelto il cambiamento la colpa è la nostra che non abbiamo ascoltato i loro bisogni e non siamo stati in grado di dare soluzioni. Sull’utilizzo dei social io li uso, non se ne può fare a meno, credo comunque che non siano fondamentali per comunicare. Nelle parole dette bisogna metterci la faccia, troppo facile nascondersi dietro una tastiera, è importante conoscere i propri limiti, nessuno è tuttologo e se necessario saper fare un passo indietro. La politica non si può fare attraverso i social, se fosse cosi sarebbero inutili il parlamento e le amministrazioni locali. Comunicare con i social fa perdere il contatto con la realtà e la nostra città in questo momento non ha bisogno di politici che basano le loro decisioni mettendo al primo posto questi mezzi di comunicazione. Purtroppo oggi alcuni nostri governanti vengono scelti tramite un click e questo significa la fine del dialogo, del confronto. Si sta dimenticando che i cittadini ci hanno scelto perché hanno fiducia in noi, ci hanno delegato ad amministrare il bene pubblico e questa fiducia non si può ottenere tramite un like. Penso che, passata la grande euforia per la novità, si ritorneranno ad apprezzare il valore, la professionalità e la serietà.

Cosa ti preoccupa e cosa temi per la nostra città? Partecipando ai consigli comunali, alle commissioni consiliari e alla vita politica cittadina cosa ti delude o ti lascia perplesso?

Mi preoccupa la crisi economica, la mancanza di lavoro, la fuga dei giovani, le famiglie in difficoltà. Temo l’invecchiamento della popolazione ed una mancanza di ricambio generazionale. Mi delude la mancanza di una programmazione politica che cerchi di risolvere i principali problemi del territorio, la mancanza di confronto, gli atteggiamenti spesso arroganti di chi governa la città. Abbiamo dato la massima disponibilità alla collaborazione con proposte importanti, quali la costituzione di un’area di crisi complessa e di un’area vasta montana, è ancora tutto fermo al palo e a breve verrà discusso in Regione il nuovo piano sanitario. Mi lascia perplesso questa tranquillità dei cittadini, da far sembrare che la realtà venga vissuta come un sogno.

Stiamo investendo molte energie nell’Annual Meeting delle Città Creative Unesco 2019. Credi che sia un’opportunità per Fabriano e, soprattutto, pensi che la città sappia cogliere questa occasione?

Sicuramente sarà una grande opportunità per Fabriano, che richiederà grandi investimenti, non vedo però un grande coinvolgimento dei cittadini, mancano ancora quattro mesi all’evento e probabilmente è ancora presto. Saremo per una settimana sulla ribalta internazionale. Mi auguro che tutto non finisca con il calare del sipario, come avvenuto in occasioni precedenti vedi Poiesis, la Mostra del Gentile, la Mostra da Giotto a Gentile a proposito, che fine hanno fatto le cappelle Gotiche? Le hanno dimenticate anche i fabrianesi? Spero che, facendo tesoro delle esperienze passate, questa volta il finale sia scritto in maniera diversa. E’ troppo presto per dire se saremo in grado di cogliere questa occasione, starò a vedere fiducioso.

Gigliola Marinelli