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ANDREA POETA: “VI RACCONTO LA STRAGE DELLA MIA FAMIGLIA NEL 1943”

Domenica 8 Ottobre, una data storica, il passato si è preso il futuro di due bambini morti tragicamente nel 1943 per lo scoppio di una bomba. Ricorderemo il 74° anniversario con una Messa celebrata nella Chiesa di Serradica. Il ritrovo è fissato presso la piazzetta del paese, davanti il Monumento ai Caduti di Guerra, alle ore 10.30. Dopo la celebrazione è prevista la commemorazione alla presenza del sindaco Santarelli, del vicesindaco Arcioni e della deputata M5s, Patrizia Terzoni.

Il racconto di Andrea Poeta

La strage della Famiglia Poeta, accaduta l’8 Ottobre 1943 a Serradica una piccola Frazione del Comune di Fabriano. Quel drammatico giorno il destino di quattro bambini cambiò per sempre: zia Antonia Poeta (28/05/1934 – 08/10/1943 di anni 9 occhi chiari, castana, morta dilaniata dall’esplosione della bomba, sorella maggiore di mio padre), zio Mario Poeta (10/06/1939 – 08/10/1943 occhi azzurri, biondo, di anni 3 morto dilaniato dall’esplosione della bomba fratello minore di mio padre), Francesco Poeta (mio padre Cavaliere della Repubblica 12/12/1936 – 02/01/2011 all’epoca aveva 6 anni, con lo scoppio della bomba, gli si perforarono i polmoni, e avendo la bocca piena di terra, riuscì a respirare con i fori creati dalle schegge che gli perforarono il torace, sopravvisse a quella disgrazia sia per i fori che aveva nel torace, sia per il fatto che la sorella Antonia con il suo corpo gli fece da scudo; perse un occhio e una mano, ebbe la freddezza comunque di provare a coprirsi il viso per tentare di salvarsi) e zio Antonio Poeta (cugino di mio padre, nel ’43 la sua famiglia si rifugiò a Serradica per sfuggire ai pericoli della guerra…. mio zio, all’epoca aveva 4 anni, perse completamente la vista).

Quel giorno era una mattina nebbiosa (forse messa lì da madre natura per coprire quel triste evento) e regnava comunque la quiete di una spensierata mattinata di gioco di quel venerdì 08 Ottobre ’43. Mentre giocavano con una palla fatta di stracci annodati con una corda, questi quattro innocenti bambini, trovarono un oggetto tondeggiante a loro sconosciuto sotto un mucchio di fascine, quello stesso oggetto di li a qualche frazione di secondo, segnò per sempre il loro destino (era una bomba a mano tedesca, con il detonatore, legato con un filo di ferro alle fascine, in modo che il primo che le alzava o muoveva, l’ordigno sarebbe esploso). Un boato forte come un tuono echeggiò nella vallata, (dai racconti dei testimoni) si sentì da Salmaregia (frazione di Nocera Umbra) a Cancelli (frazione di Fabriano), e il pianto straziante di mia nonna Maria Fiammenghi e delle urla dei testimoni si sentivano limpidi e forti fino a Cacciano (frazione di Fabriano). Francesco, Antonia, Antonio e Mario, erano esamini a terra, non rispondevano a nessuna sollecitazione esterna, respiravano se pur a fatica solo Francesco e Antonio, per Antonia e Mario, non c’era più nulla da fare, morirono sul colpo, i loro resti, erano sparsi un po’ in terra, e i loro vestiti, si attaccarono per la forza dell’onda d’urto ad una recinzione con brandelli di carne penzolanti. Quei bambini furono portati all’Ospedale di Fabriano con un carretto, e la scena che videro gli operatori del pronto soccorso, fu una delle scene più lugubri mai viste, quei corpi di quei quattro bambini, deturpati e dilaniati per sempre tanto da essere irriconoscibili.

Sia zio Antonio sia mio padre Francesco, furono operati dal dottor Corrado Cavina affermatissimo medico e primario chirurgo di Fabriano dell’epoca e successivamente con l’aiuto di un medico militare americano, gli furono ricostruite tramite plastiche facciali le parti deturpate del viso e del cranio lese dallo scoppio. Essi, vittime sacrificali della seconda guerra mondiale, vittime dello scoppio di una bomba a mano tedesca (le famose bombe tedesche con accensione a sfregamento Kugelhandgranate), messa li chissà da quale carnefice mano. Quella nemica mano mise definitivamente fine ai sogni che avevano quei bambini, sogni di speranza e pace. Noi tutti, viviamo liberi grazie al sacrificio di questi martiri, molti furono i morti in quel periodo in Italia e molti ce ne sono stati anche fino ai nostri giorni, persone che si sono sacrificate per la nostra libertà. Questa strage è stato un terribile momento per la nostra famiglia che la ha cambiata per sempre. Nemmeno nella nostra immaginazione, possiamo immaginare una simile violenza, io stesso da piccolo sono sempre cresciuto con l’effige del figlio dello storpio, in certe situazioni, dovevo rimanere alla porta, a volte è capitato di rimanere fuori dalle case anche sotto la pioggia. Sono orgoglioso di esserlo stato e di vivere con questo timbro, datomi solo dall’ignoranza e dalla cattiveria gratuita di alcune persone (erano alcuni anziani degli anni 80 del paese a dirmelo). Per questo evento che ha dovuto subire la mia famiglia, sono equiparato Orfano di Guerra. Questi martiri sono sepolti nel cimitero di Serradica e Cacciano (lo stesso cimitero che nonostante le numerosissime segnalazioni, cade a pezzi e avrebbe bisogno di urgenti interventi da parte del Comune) e i miei zii riposano li, con mia nonna Maria Fiammenghi, mio nonno Luigi Poeta e mio padre Francesco Poeta.