ESTATE 2017, IL GRIDO D’ALLARME DELLA COLDIRETTI FABRIANO

di Gigliola Marinelli

Un’estate da dimenticare, quella del 2017, per il settore agricolo fortemente penalizzato dalla siccità e dalle avverse condizioni climatiche. In ambito agricolo la crisi economica del territorio e l’emergenza occupazionale hanno spostato l’interesse verso l’agricoltura come nuova possibilità di sviluppo. Ne parliamo con Luigi Busco, responsabile Coldiretti dell’ufficio di Fabriano-Sassoferrato.

L’estate 2017 è stata contrassegnata da una forte siccità, un caldo eccezionale con un azzeramento delle precipitazioni: che impatto hanno avuto queste avverse condizioni climatiche nella produzione agricola del territorio montano?

La mancanza di pioggia sta portando la vendemmia a un calo del 20-30 per cento, mentre quella di olio potrebbe essere addirittura dimezzata. A Cerreto d’Esi, zona del verdicchio, rileviamo la percentuale di danno più alta. La raccolta di mais e girasole  ha confermato inoltre le previsioni di un crollo  del 30 per cento, così come per la frutta.  Ridotta della metà anche la produzione di latte di pecora  e quella di fieno per gli animali.

Quali forme di tutela offre Coldiretti agli imprenditori agricoli che hanno subito danni di produzione a causa della siccità?

Coldiretti ha da subito denunciato la situazione in Regione chiedendo l’avvio delle procedure per la dichiarazione dello stato di calamità. Oltre a ciò, abbiamo sollecitato una deroga per evitare agli allevatori di perdere i fondi comunitari legati all’attività di pascolamento. Nel momento in cui nei campi  non ci sono fieno né erba a causa della siccità, non ha senso portarvi le greggi. Da qui la richiesta  di un riconoscimento dell’eccezionalità della situazione in modo da ottenere una deroga che eviti alle aziende di perdere anche i fondi Ue.

Da decenni il comprensorio fabrianese è stato identificato come territorio di cultura “metal mezzadra”, una sorta di equilibrio tra occupazione dei lavoratori nelle industrie e nelle campagne. Oggi, con la crisi economica ed occupazionale delle grandi industrie,  è possibile individuare nel settore agricolo una svolta per arginare la piaga della disoccupazione,specie tra i giovani?

A causa della crisi economica, molte piccole e medie imprese industriali e artigiane si sono trovate in forte difficoltà e spesso sono state costrette a cessare l’attività con conseguenti licenziamenti di personale. Nel fabrianese diverse maestranze poste in mobilità o licenziate sono tornate a dedicarsi a tempo pieno all’azienda agricola di famiglia con l’agricoltura che, secondo alcuni testimoni privilegiati, svolge oggi una funzione di vero e proprio ammortizzatore sociale, anche se ad oggi solo in pochi hanno intrapreso una nuova attività in questo settore.

Coldiretti è da sempre attenta alle giovani imprese, quali sono le novità e gli incentivi offerte ai giovani che scelgono di diventare imprenditori agricoli a titolo principale?

Le opportunità per i giovani che vogliono avviare un’impresa agricola sono legate oggi principalmente al nuovo Piano di sviluppo rurale, con bandi aperti per promuovere l’insediamento di agricoltori under 40 ma anche gli investimenti. Invito dunque tutti i ragazzi che sognano  di avviare un’azienda agricola a rivolgersi agli uffici Coldiretti dove troveranno tutte le informazioni e una consulenza qualificata. Con il Psr abbiamo di fronte un’occasione, forse irripetibile,  per sostenere il grande sforzo di rinnovamento dell’agricoltura provinciale e la competitività delle imprese, con lo sviluppo di un’agricoltura sempre più multifunzionale al servizio della società.

Riguardo l’imprenditoria femminile in agricoltura e nel mondo rurale, a che punto siamo nel nostro territorio?

Una donna su quattro sceglie oggi la campagna per avviare la propria impresa. A caratterizzare le imprese rosa è soprattutto la capacità di avviare attività innovative e “alternative” rispetto alla produzione tradizionale, valorizzando il concetto di multifunzionalità, dalla vendita diretta all’offerta di servizi per la collettività.

In base ai dati forniti annualmente da Coldiretti, attualmente si riesce nel territorio montano a vivere di agricoltura come attività primaria ed esclusiva?

Nonostante le tante difficoltà legate ad operare nelle aree interne, l’agricoltura non solo è capace di creare reddito ma può rappresentare la risposta alla necessità di rilanciare le zone montane, oggi a rischio di crisi e spopolamento.

Quali sono le problematiche principali che gli agricoltori lamentano di più presso le vostre sedi?

Senza dubbio il problema principale è rappresentato dai danni causati dai cinghiali e dagli altri animali selvatici alle colture e agli animali allevati.  Un fenomeno che sta rendendo sempre più difficile l’attività delle aziende agricole, senza che la pubblica amministrazione  sia stata capace di porvi un freno. Con il numero di cinghiali ormai fuori controllo e le campagne ridotte ad allevamenti a cielo aperto, occorre un cambio di passo, con l’attuazione di piani di abbattimento tutto l’anno, anche nelle aree protette. Ma occorre anche dare la possibilità agli agricoltori di difendere le colture minacciate, permettendo a quelli muniti di tesserino da caccia di abbattere i cinghiali all’interno delle proprie aziende. Oltre al problema cinghiali vorrei sottolineare che anche i prezzi alti dei prodotti rendono poco redditizia l’attività, se non mirata a settori specifici.