ELISA CHIORRINI, DA FABRIANO A GERUSALEMME

Fabriano, da sempre, è collegata con la Terra Santa. Sono tanti i fedeli che sono andati in pellegrinaggio sulle orme di Gesù. In queste settimane abbiamo approfittato del breve ritorno in città di Elisa Chiorrini, biblista della nostra Diocesi, da anni residente per studio in Israele, per il punto della situazione. (Nella foto Elisa con don Aldo Mei durante un pellegrinaggio)

Elisa come prosegue la tua attività pastorale in Terra Santa?

La mia attività a Gerusalemme si divide tra studio e insegnamento. Sto completando la tesi per il dottorato in Scienze Bibliche e Archeologia presso lo Studium Biblicum Franciscanum. Lo studio verte sulla Lettera di Giacomo dal punto di vista semantico. Cerco cioè di approfondire il significato di alcune parole e di capire perché siano state scelte dall’autore biblico, per poter comprendere sempre meglio il messaggio che la Parola di Dio ci comunica. Da quest’anno poi è partito in via sperimentale un progetto di collaborazione tra la nostra Diocesi e lo Studium Biblicum che prevede il mio impegno nell’insegnamento alla facoltà gerosolimitana. In questo anno accademico mi è stato assegnato il corso annuale di Morfologia Greca. Il servizio di guida dei pellegrinaggi è possibile nel tempo libero. Privilegio i gruppi della Diocesi o delle nostre parrocchie. A volte accompagno piccoli gruppi a Gerusalemme per visite in singoli santuari o in luoghi archeologici particolari.

Come è la situazione in Israele? Sono sicuri i pellegrinaggi?

Sì, sono sicuri. La situazione in Israele è complessa, ma è privilegiata se paragonata alle guerre e alle tensioni che infiammano il Medio Oriente. Ultimamente il fanatismo islamico sta fomentando una serie di attentati terroristici a Gerusalemme e nel resto del Paese. Tuttavia l’impegno delle forze dell’ordine per la sicurezza è elevato. I santuari o i percorsi dei pellegrini non sono stati mai teatro di scontri o di violenza. Il messaggio di pace e la preghiera che ogni pellegrino porta in Terra Santa sono preziosi. I cristiani, si sa, portano Gesù Cristo, e il Signore è colui che costruisce ponti e promuovere la giustizia e il rispetto: questo è un messaggio potente. Incrociare i pellegrini nel cammino tra casa e facoltà m’incoraggia e mi dà speranza. E di certo non soltanto a me.

Cosa ti colpisce della quotidianità di quella Terra che la stampa non ha ancora raccontato?

La stampa ha raccontato molto e non credo di dire novità. Mi colpisce la capacità della maggioranza della gente di non perdere mai l’equilibrio di fronte alla violenza e di non cedere mai il diritto a una vita normale. Mi colpisce la capacità di ricostruire e di innovare, di continuare a parlarsi. Non viene meno la disponibilità a convivere con chi la pensa o agisce diversamente. Poi mi colpisce l’importanza che la religione ha nella vita quotidiana e l’impegno per la salvaguardia della propria identità religiosa. Questi ultimi sono due aspetti che noi cristiani d’occidente rischiamo di perdere, nonostante la fede – soprattutto e per eccellenza quella cristiana – sia da sempre una parte fondamentale dell’uomo, necessaria per l’equilibrio della persona e fruttuosa per la famiglia e la società.

Come è cambiata la tua vita da quando sei entrata nell’Ordo Virginum e cosa ti senti di dire a coloro che stanno esaminando la propria vocazione?

La consacrazione è stata come un sigillo sull’impostazione della mia vita, ha orientato e definito nella concretezza della vita l’impegno che sentivo di dedicare al Signore nella Chiesa. L’Ordo Virginum è una forma di consacrazione laica, pienamente inserita nel mondo, perciò la mia vita quotidiana non era cambiata dopo questa scelta. Poi c’è stata la decisione, presa insieme al Vescovo e alla famiglia, di andare a Gerusalemme a studiare la Sacra Scrittura. Lasciare all’improvviso la famiglia, il lavoro, il paese, quella quotidianità della quale ormai ero sicura, questo sì, è stato un bel cambiamento. Credo che non avrei potuto farlo senza la prospettiva di speranza e di fede che la consacrazione mi ha donato. E senza il sostegno e l’incoraggiamento della mia famiglia e della nostra Chiesa. A chi sta esaminando la propria vocazione vorrei dire due cose. Primo, di non aver paura, perché di certo dal Signore si riceve sempre molto di più di ciò che si dà e perché la provvidenza esiste davvero. Secondo di pensarci bene, certamente, ma poi, se si è incoraggiati da chi ci accompagna nella famiglia e nella Chiesa, di non aspettare un’infinità di tempo prima di decidersi. Il tempo è prezioso e vola, e la pienezza della vita non può aspettare. Questo vale per tutte le vocazioni: per chi si consacra o per il sacerdote, per chi si sposa o per chi attende un bimbo.

Marco Antonini

 

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