‘IMPOSSIBILE TORNARE AGLI OSPEDALI DI UNA VOLTA’

La rivoluzione sanitaria di Ceriscioli ha riunito l’entroterra forse, da troppi anni, diviso. Il governatore incontra oggi il ministro della Salute Beatrice Lorenzin per l’apertura del tavolo tecnico sulle assunzioni nel settore. Un primo risultato del percorso di riforma avviato con una serie di delibere relative alla chiusura dei punti nascita e della trasformazione di 13 piccoli ospedali in Ospedali di Comunità. “A febbraio – ha spiegato il governatore a margine della seduta del Consiglio regionale – dovremo presentare la riforma e i nuovi fabbisogni di personale. Grazie alle norme della Legge di Stabilità, potremo avere una dotazione di personale superiore al 100% del turn over, ma per farlo è necessario indicare il nuovo assetto sanitario regionale”. Massima apertura ai sindaci ”se fanno proposte e non solo proteste alla ricerca di facili consensi, perché è impossibile tornare ai vecchi ospedali di una volta”. Per questo – ha detto ancora – è impossibile accogliere la richiesta dei primi cittadini della Area Vasta 1 che hanno chiesto di cancellare tutta una serie di atti e di fatto l’intera riforma sanitaria. ”Si vuole tornare agli ospedali di polo, che sono contro la legge. Come presidente della Regione, capisco che è difficile far passare delle riforme impopolari, ma necessarie per rimettere in piedi il sistema. Ma se un amministratore fa una proposta deve rimanere all’interno del quadro normativo esistente”. E l’entroterra che dice? Sassocorvaro, Cagli e Fossombrone sono sul piede di guerra: le strutture verrebbero trasformate in Ospedali di Comunità con circa 15-20 posti letto gestiti da medici e infermieri senza reparti e specializzazioni. “La sanità è morta anche nel pesarese, la terra del Governatore” hanno detto i sindaci riuniti per approfondire la delibera che ha declassato gli ospedali. Nell’anconetano la situazione non cambia. Sassoferrato aveva dato l’ok alla trasformazione in Casa della Salute a patto che non venisse smantellato l’ospedale di rete di Fabriano, unico punto di riferimento specializzato lontano dalla costa. E così non è. Al Profili, con i suoi 387 parti effettuati nel 2015, non è servito a nulla nemmeno l’intervento della presidente della Camera Boldrini che aveva interpellato, a sua volta, il Ministro della Salute. E alla lettera del Sindaco Sagramola – inviata dai sindaci dell’Ambito 10 anche al Prefetto – non sono seguite reazioni nemmeno dopo il blocco per 6 ore della SS76 fa per un incidente mortale. “Siamo vittime – ha dichiarato il primario fabrianese Lamanna che aveva invitato ad una disobbedienza sanitaria – della politica e della burocrazia. Chi studia i decreti non conosce la conformazione della penisola”. L’ultima spiaggia è il ricorso al Tar che verrà depositato, forse, questa settimana. I cittadini, intanto, hanno lanciato on line una petizione (e domani, giovedì 14 gennaio, un incontro pubblico alle ore 18 presso la sala Avis di Fabriano) per evitare il depotenziamento dell’ospedale. E la Democrazia Cristiana, con Claudio Biondi in testa, chiede l’indizione di un referendum abrogativo per dare la parola ai cittadini. La stessa idea che vorrebbero portare avanti i sindaci di Fabriano, Osimo e San Severino in base all’articolo 42 della legge regionale coinvolgendo i 20 comuni toccati dalla rivoluzione sanitaria. Nel maceratese il comitato di San Severino Marche presenterà oggi un esposto al Prefetto per manifestare la contrarietà al provvedimento regionale che ha disposto la chiusura dal 31 gennaio del punto nascita dell’Ospedale Eustachio (che nel 2015 ha effettuato 542 parti). Il Comune, intanto, ha affidato a uno studio legale l’incarico di ricorrere al Tar. Il sindaco Martini è pronto a presentare un esposto alla Corte dei Conti e ha chiesto alla Regione la documentazione in merito ai controlli nel reparto di Ostetricia di Macerata per avere la certezza che la struttura possa ricevere l’utenza dell’intero entroterra”. Polemiche e proteste anche a Osimo. “Il Salesi di Ancona – dichiarano alcuni medici – ha avvertito sull’impossibilità di ricevere le partorienti di Osimo, idem Jesi”. Il problema, quindi, non riguarda solo le vie di comunicazioni inadeguate ma anche la gestione delle neomamme in quelle strutture che non hanno spazi e personale per aumentare la propria attività.

Marco Antonini