PARIGI: UNA SETTIMANA DOPO – di Alessandro Moscè

Dopo i sconvolgenti fatti di Parigi abbiamo aspettato a dire la nostra. A mente fredda è più facile stilare un giudizio compiuto, per quanto provvisorio. Il presidente François Hollande ha ragione nel sostenere che la Francia è in guerra. 129 morti non sono un dato statistico, ma una spaventosa tragedia. Bisogna reagire e dare una prova di forza, è vero. I terroristi del califfato sono ben strutturati e pur non avendo un loro stato ufficialmente riconosciuto, è come se lo avessero. Non solo. Agiscono con repentinità e solo un’operazione di intelligence internazionale può dare risultati nella caccia agli assassini. Il terreno nel quale si muovono è indefinito, quindi ogni città occidentale diventa un obiettivo sensibile e non controllabile fino in fondo. L’Europa non è un continente coeso, ma un ente sfilacciato, conflittuale per ragioni prettamente economiche. Manca un’idea di stati uniti sull’esempio americano, per cui è complesso avviare una linea d’azione condivisa. Sono le ragioni del profitto che determinano la politica del vecchio continente. Nessun interesse ideale e solidale, dunque. Non basta. Quando si parla di guerra islamica è vero che non si può alludere a tutto l’Islam, ma è anche vero che i moderati non collusi, che non userebbero mai un kalashnikov o una granata, e che non si lascerebbero mai esplodere, non combattono efficacemente una guerra di libertà. L’Europa sembra non avere al fianco l’altra parte del medio Oriente, chiusa in sé, isolata. E’ destabilizzante rivedere le immagini della strage francese. La sfida democratica si preannuncia lunga, lunghissima. Gli uomini del califfato ricordano alle nazioni degli infedeli che rimarranno inamovibili di fronte alle loro aggressioni e rivendicheranno con il fuoco e il sangue l’onore del profeta, i morti e i feriti dai raid dei crociati nelle terre musulmane. Si aggiunge un altro elemento inquietante, finora poco sottolineato. Alcuni attentatori erano francesi, segno che la jihad ha messo le sue radici in casa nostra. La religione della morte viene ormai esportata con facilità, ma il fiore marcio nasce qui da noi. La povertà, l’emarginazione e il nichilismo dei giovani possono tramutarsi in orrore e distruzione.

Alessandro Moscè