QUAL E’ LA SCUOLA MIGLIORE? – di Alessandro Moscè

La discussione è infuocata. Ma in cosa consiste la riforma della scuola? Quali sono i punti chiave? Proviamo ad elencarli. Sono assunti i supplenti e spariscono i precari; per gli scatti di carriera serve il merito; inglese, arte, musica ed educazione fisica sono materie di primo piano; è inclusa la formazione digitale; è prevista l’alternanza scuola-lavoro mediante gli stage; le spese per l’iscrizione dei figli sono detraibili; si va verso una maggiore integrazione degli stranieri; c’è un piano strutturale di formazione per gli insegnanti; sono inseriti più insegnanti di sostegno. Ma la scuola insorge e sciopera. Perché? Non sono state ascoltate le istanze che provengono dai presidi, dagli insegnanti e dagli stessi alunni. Proprio in questo contesto nasceranno le prossime manifestazioni grazie all’ausilio dei social network che hanno già reso possibile la grande mobilitazione generale e i numerosi flash mob organizzati nelle città italiane. Le date che chi vuole partecipare alla protesta deve ricordare, sono il 18 e il 19 maggio: due giornate di sciopero e manifestazioni contro la buona scuola (mentre il ddl sarà discusso nei prossimi giorni alla Camera). Non va dimenticata la più volte paventata possibilità del blocco scrutini, ma bisognerà capire come evolverà questa situazione altrettanto preoccupante. A detta di chi è parte del sistema della formazione si starebbe andando incontro ad un indebolimento della scuola statale, che corre il rischio di essere trasformata da “bene pubblico” a “bene di mercato”. Complice una campagna di comunicazione a senso unico attraverso Internet e i talk-show che non mascherano di certo i contenuti della riforma messa a punto dal governo. Sul banco degli imputati anche il ruolo dei presidi. I dirigenti vengono inquadrati come manager in un modello di “scuola-azienda” che non piace ai più. Avranno responsabilità enormi, con il consiglio di istituto e il collegio dei docenti ridotti a semplici organi consultivi. Nel frattempo i soggetti privati potranno diventare partner degli istituti. Ma a quale prezzo? Cosa vorranno in cambio? E siamo sicuri che ci saranno privati pronti ad investire nelle scuole? In realtà si vuole dare piena autonomia ai dirigenti, anche nel reperimento dei fondi, per fare fronte ai tagli, secondo chi protesta di più. Non è questa l’autonomia scolastica che vogliono gli insegnanti. Così si certifica il fatto che lo Stato non può sostenere la scuola, ed è un atto anticostituzionale, affermano in coro gli scioperanti. Senza dimenticare gli sgravi fiscali per coloro che iscrivono i propri figli agli istituti paritari, aggiunge all’unanimità il mondo della scuola.

Alessandro Moscè