IL PRESIDENTE E IL PREMIER: STILE DIVERSO E STESSA SOSTANZA – di Alessandro Moscè

Quanti di quegli applausi rivolti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella saranno stati sinceri nel giorno del suo insediamento? Quanti di quelli che si erano alzati in piedi per applaudire la proposta di eleggere Romano Prodi la scorsa volta, facevano parte dei 101 franchi tiratori? La politica nasconde Il baro dietro il battere delle mani, verrebbe da dire. Eppure il discorso di Mattarella, il Presidente dal rigore marmoreo, è stato apprezzabile nella sua sostanza. La scommessa consiste nel ricucire socialmente il Paese, nel riavvicinare le generazioni e nel tutelare le fasce più deboli condividendo, al tempo stesso, i valori storici ancorati ad una visione suprema della legalità. Non sarà un grande comunicatore come Renzi, ma Mattarella parlerà con i fatti. Parlerà, soprattutto, quando sarà necessario, non deborderà in esternazioni inutili o affettuose. Interverrà a garanzia della legge e della sua applicazione. Non alzerà mai i toni. Sarà un arbitro imparziale, ha detto esplicitamente, e confida sin da ora nella correttezza dei giocatori. Sergio Mattarella è l’esatto opposto dell’italiano di oggi: diretto, ipervisibile, chiacchierone, in vena di protesta. “La crisi ha aumentato le ingiustizie”, ha ammesso. E’ stato questo uno dei punto focali del suo discorso. L’ingiustizia non solo legale, ma anche e soprattutto sociale. Troppa disparità tra benestanti e poveri, troppe categorie che affondano, molte che sono sul baratro. Non esiste più la classe intermedia. Manca un’azione corale e solidale per tutelare l’Italia. E’ stata citata la disoccupazione galoppante, il sostegno alle famiglie angosciate, il lavoro ai giovani (assente, specie nel Mezzogiorno), le donne (stop alla violenza su di loro), i disabili (occorre rimuovere le barriere che ne limitano i diritti), la crescita e l’innovazione. Ma anche la speranza, lo sguardo sul futuro, la necessità di correre sulle riforme, il rispetto della Costituzione, che si difende attuandola insieme e dei diritti civili da riconoscere tanto nella sfera sociale quanto in quella personale-affettiva. Insomma, un discorso a largo raggio dove il pensiero principale è andato a quegli italiani che non arrivano alla fine del mese. Era anche il senso delle sue prime, stringate parole appena dopo la proclamazione. Immaginiamo che il diritto al lavoro sia un aspetto cruciale e che lo sarà sempre di più, nel settennato di Mattarella. Affermazioni, le sue, che dimostrano un’attenzione alla crescita e l’accelerazione delle riforme perché porti un beneficio non da poco sul piano economico Con un altro stile, ma nell’insieme l’inquilino di Palazzo Chigi e l’inquilino del Quirinale convergono pienamente.

Alessandro Moscè