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INTERVISTA ALL’ING. SANDRO BISONNI, ESPERTO DELL’AMBIENTE, SUL CASO COSMARI E CSS

Ing. Sandro Bisonni, la raccolta differenziata vede la provincia di Macerata molto virtuosa. I dati parlano chiaro ma con l’attuazione del progetto PRGR e del CSS sarà quella più penalizzata nella fase successiva del trattamento dei rifiuti? E se si perché? Si è proprio cosi, tutta via si ritroverà, con molta probabilità a ricevere, tutti i rifiuti combustibili sotto forma di combustibili solido secondario, presso il cementificio di Castelraimondo. Dico questo perché leggendo il PRGR dove si prospettano tre scenari, quello enerziale, quello recupero materia e quello della valorizzazione energetica. A me piace chiamarlo di più incenerimento dei rifiuti definendo quello della valorizzazione energetica il “migliore” secondo i tecnici che hanno sviluppato questo piano. Dice anche che la combustione del CSS, è compatibile con il cementificio, quindi, se ci riflettiamo un attimo, non ci sono alternative, l’unico cementificio della regione Marche, e forse anche fuori della regione, è a Castelraimondo. Forse anche fuori Regione a causa del decreto Sblocca Italia varato dal Governo Renzi. Se facciamo due conti si nota che forse la potenzialità del cementificio supera la produzione di CSS totale di tutta la regione Marche, perciò per rispettare la legge si dovrà reperire questo CSS anche fuori Regione.

Può spiegare ai nostri lettori cosa significa CSS e come funziona? La Legge Italiana definisce il Css come il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di specificazione individuate dalle norme tecniche Uni Ce Ts 15359 e successive modifiche. In buona sostanza è quello che avevamo prima che chiamavamo CTS, cioè un combustibile proveniente da rifiuti che vengono triturati a cui vengono controllati parametri ad esempio il cloro e il mercurio. È La stessa cosa di prima sostanzialmente a cui hanno cambiato la parola. In Italia si è soliti cambiari la parola per non cambiare la sostanza.

Conseguenze sulla salute? Io non sono un medico, non ho titolo per esprimermi compiutamente, però c’è da dire una cosa. Tutti i processi di combustioni producono degli inquinanti, se poi questi processi di combustione vanno avanti per una decina di anni, perché questi impianti per essere ammortizzati hanno bisogno di una vita media di 20 o 30 anni possiamo capire con facilità che l’impatto sul territorio e probabilmente sulla salute delle persone possa essere significativo

La problematica della digestione anaerobica, da molti minimizzata, lei cosa ne pensa? Bisogna fare chiarezza per non cadere nel gioco di parole di cui parlavamo prima. Spesso in questi giorni si sente parlare di DIGESTIONE ANAEROBICA, ma in realtà la digestione anaerobica è solo una parte dell’impiantistica che in genere si installa. Per Digestione Anaerobica si intende quel procedimento che grazie a dei batteri in assenza di area si riesce a far fermentare sostanze organiche per formare del gas, quello che comunemente è CHIAMATO BIOGAS. Questo gas viene conservato in dei depositi, e qui si dovrebbe dovrebbe aprire una casistica su tutto quello che potrebbe derivare di possibili incidenti di questi depositi, ma tralasciando per ora questi aspetti, il problema semmai è quello che viene dopo.

Cosa ne facciamo di quello che viene dopo questo Biogas? Possiamo usarlo per produrre energia elettrica. Se dunque vengono sommate tutte questi elementi, questo processo non si chiama Digestione Anaerobica, ma si chiama molto più semplicemente CENTRALE A BIOGAS. Se invece da questo biogas si filtrasse o depurato e da questo Biogas si ottenesse del Biometano allora saremmo di fronte ad una situazione diversa , perché il Biometano è molto più pulito ed essere utilizzato.

Il ruolo dei cittadini e delle istituzioni, quale il suo parere per risolvere la problematica? Dopo tanti anni di impegno in ambito ambientale, mi sono convinto che le cose si possono cambiare solo ATTRAVERSO UNA SOLUZIONE POLITICA. Spesso i comitati interrogano le istituzioni però le istituzioni rispondono con molto ritardo o a volte le istituzioni non rispondono affatto, e da ciò deriva il fatto che questi gruppi si rivolgono alla Magistratura, però l’Italia ha dei tempi lunghissimi, e comunque i Magistrati possono solo applicare le leggi, ed è per questo che spesso la problematica non si risolve. Se invece si passasse attraverso un coinvolgimento della popolazione, che tra l’altro la normativa europea e italiana prevede, attraverso campagne informative della popolazione, allora la popolazione potrebbe camminare accanto al proprio sindaco per cercare di risolvere i problemi e non trovarsi amare sorprese sotto casa.

Alternative pratiche al metodo del CSS ci sono, se si quali? Marche a rifiuti zero, un alternativa possibile e fattibile, c’è ne vuole parlare. Alternative alla combustione dei rifiuti ne ESISTONO TANTISSIME. Gli stessi tecnici della regione Marche che hanno scritto il piano regionale per la gestione dei rifiuti, ne individuano altre due: uno il conferimento in discarica, che ovviamente io non condivido, l’altra è il recupero delle materie. Questa seconda opzione è quella che andrebbe percorsa partendo cioè dalla – riduzione , riuso, reciclo totale – di tutti i materiali. Marche RIFIUTI ZERO non è un utopia, è un obiettivo fattibilissimo, se si considera che già sei comuni realizzano una raccolta differenziata sopra 80% e moltissimi comuni sono sopra il 65%. Ciò significa che abbiamo già, ad oggi, la tecnologia capace di recuperare l’ottanta percento dei nostri rifiuti, bisogna coprire solo quel 20 % rimanente e questo è fattibilissimo, ovvio non è un processo veloce, necessario un percorso che impiegherà degli anni, ma che deve essere intrapreso perché se non si inizia mai sarà difficile raggiungere l’obiettivo. Esiste una proposta di legge depositata in parlamento che si chiama ‘Legge rifiuti zero’, che prevede tutta una serie di azioni rivolte al riuso dei materiali al riciclo al totale utilizzo dei materiali, che permetterebbe se fosse applicata il raggiungimento dell’obiettivo del 98%. Quel 2% che rimarrebbe fuori, potrebbe essere recuperato come si fa già in altre realtà, mischiando quel che rimane con un po’ di plastica e facendo una matrice a prevalenza plastica per produrre un granulato che servirà per produrre oggettistica. Quindi in realtà, l’obiettivo del rifiuto zero non è utopia, esiste già una proposta di legge, manca solo la volontà politica di farlo. 8

Ma ha senso incenerire? No, non ha senso. Il primo motivo è per la famosa legge che recita: Nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Quando noi andiamo a bruciare un rifiuto, ricordiamoci che non lo stiamo affatto distruggendo, lo stiamo semplicemente trasformando da solido a gassoso, e mentre il rifiuto solido con la tecnologia che abbiamo a disposizione è gestibile, un rifiuto gassoso è completamente ingestibile. In questo modo si creano discariche in cielo, a discapito del nostro ambiente e di quello che respiriamo. Il secondo motivo è prettamente economico. E’ dimostrato che conviene molto di più recuperare il materiale per poi rivenderlo, che bruciarlo. Bisognerebbe imparare a chiamare i materiali con il proprio nome, ossia la carta come carta, vetro come vetro, plastica come plastica e non più come rifiuti, ci renderemmo conto del valore di questi materiali hanno. Il terzo motivo è sociale, vi è un rapporto di 1 a 10 su un impianto di incenerimento e un impianto per il recupero del materiale e riciclo, ossia per ogni soggetto impiegato in un inceneritore, in un impianto di recupero materiali ne servono 10 creando anche un vantaggio dal punto di vista occupazionale e sociale. Il quarto motivo è l’impatto che hanno questi impianti sull’ambiente e sulla nostra salute. Questi impianti non servono a nulla, e sono dannosi, andrebbero evitati e dal mio punto di vista realizzarli non ha alcun senso.

Gessica Menichelli