CAMMINANDO CAMMINANDO… di Alessandro Moscè
C’è stata sempre un’usanza, a Fabriano, come in ogni altra città di provincia: la passeggiata, spesso in compagnia, lungo il corso principale. L’abitudine, anche a causa dell’irruenza con la quale è subentrato il mondo virtuale nella case degli italiani, specialmente dei più giovani, sembrava essersi persa quasi del tutto. E invece, sabato scorso, ci siamo accorti che il “ritorno al passato” ha intrapreso il suo corso. C’era la Notte Blu, c’erano le esibizioni degli scalatori del Palazzo del Podestà, i ballerini, i cantanti, ma Fabriano sembrava aver cambiato pelle rispetto alla ferialità dei suoi giorni anonimi. Siamo entrati nei nuovi negozi aperti al pubblico. Erano affollati, specie dai ragazzi. Sono esercizi pubblici alla moda, che piacciono sin dal primo impatto. Ci siamo tramutati in turisti estemporanei della nostra città e abbiamo assaporato un gusto antico, in questo caso del flâneur di casa nostra. Il vocabolo, come è noto, è stato introdotto dal poeta Charles Baudelaire, uno dei padri del modernismo europeo, e indica colui che si muove, disincantato, per le vie cittadine. L’impressione è che ci sia qualcosa di diverso, ma non di inedito. Ci viene in mente la stessa passeggiata del poeta triestino Umberto Saba, limitata nel tempo e nello spazio, in particolare la sera, quando la folla era meno numerosa e l’operazione di appropriazione della città risultava più facile. Nel nostro caso abbiamo fatto l’esatto opposto. La passeggiata è stata lo strumento per tentare di osservare e comprendere Fabriano mediante il possesso da esercitare sui suoi luoghi più noti. L’impressione è che siamo ancora animati, noi cittadini, dalla voglia di riscoprire la fabrianesità. Ci aggreghiamo in associazioni per salvaguardare un fiume, ci uniamo nel segno di una passione come le nostre origini, o perché, semplicemente, ha un senso uscire tra la gente. Non è un caso che nei momenti peggiori lo spirito comunitario si ritrovi più facilmente. Registreremo di nuovo la recessione economica, l’imprenditorialità continuerà a faticare, i disoccupati e i cassaintegrati non potranno sorridere, ma Fabriano respira. Dal loggiato San Francesco, rivitalizzato dalla fiction, al corso cittadino con un palco dove catalizzare l’attenzione, non c’è scoperta migliore che il luogo per eccellenza contrapposto al nonluogo coniato da Marc Augé, che definisce due concetti complementari ma assolutamente distinti: da una parte quegli spazi costruiti per un fine ben specifico (solitamente di trasporto, transito, commercio, tempo libero e svago) e dall’altra il rapporto che viene a crearsi fra gli individui e quegli stessi spazi. Nonluoghi anonimi, privi di vissuto perché privi di conversazioni. Dobbiamo, viceversa, riversarci sui luoghi antropologici, relazionali e storici. Non più clienti della nostra città, come in un qualsiasi centro commerciale, ma proprietari di un’identità esclusiva dove si annida il piacere di fare gruppo. La strada maestra è dunque tracciata…