Fabio Biondi, Diatech: Un incubatore di aziende per incentivare i giovani ad aprire nuove attività

Una riflessione sul fare impresa e sulla situazione del distretto industriale fabrianese a tu per tu con il dottor Fabio Biondi, Presidente del gruppo Diatech Pharmacogenetics, leader in Italia nella ricerca e nella commercializzazione di kit diagnostici per test farmacogenetici ed operante nel campo della medicina molecolare attraverso un network di società consociate.

Presidente, dalla fine degli anni ’90 è al timone di Diatech. Ripensando ai primi anni della sua avventura aziendale che ricordi le affiorano subito alla mente?

Inizialmente grandissime difficoltà dovute soprattutto al fatto che entravamo in un mondo tecnologico ancora poco conosciuto nel mercato italiano. Avevamo sviluppato, per esempio, un test per la diagnosi del Papilloma Virus che era predittivo/indicatore, in alcuni casi, di una potenziale evoluzione in cancro. Questa situazione è stata totalmente accertata solo 15 anni dopo, tanto che ora esiste un vaccino introdotto nelle indicazioni. In sintesi oltre alle normali difficoltà che si intercettano nello sviluppo di una impresa, si aggiungeva il fatto che il mercato non fosse ancora pronto alla commercializzazione dei nostri prodotti.

A tutti coloro che in questi anni le hanno chiesto perché la scelta di una sede aziendale in Vallesina e perché nelle Marche lei ha sempre risposto che “stare qui non è un limite”. E’ ancora fermo su questo principio?

Si! Trattandosi di un business fortemente innovativo, quasi del tutto assente in Italia, qualsiasi sede sarebbe stata adeguata. Jesi ha inoltre il vantaggio di essere vicina ad aeroporto, autostrada e Università.

La sua azienda ha sviluppato importanti ricerche in ambito farmacogenetico. Può spiegare ai nostri lettori di cosa si occupa la farmacogenetica?

La scienza della farmacogenetica, riconosciuta da qualche anno, è una nuova disciplina che studia l’efficacia dei farmaci sulla base del profilo genetico. Noi la applichiamo in ambito oncologico, ma viene utilizzata anche per malattie mentali, metaboliche e genetiche.

Il rispetto del codice etico è uno dei principi ispiratori della Diatech. Secondo lei esistono dei confini etici anche nella farmacogenetica?

Direi che sono alla base. Questa disciplina consente di predire l’efficacia dei farmaci di nuova generazione che vengono utilizzati in oncologia. L’accesso alla medicina di precisione permette la discriminazione dei profili genici associati alla malattia tenendo conto della individualità del paziente e, in alcuni casi, riducendo anche gli effetti collaterali. Considerando che le terapie di ultima generazione sono costosissime, ci sono inoltre dei risparmi sul Sistema Sanitario Nazionale (SSN), che è in grado di “targhettizzare” meglio i pazienti.

Nel 2015 è stato insignito del prestigioso Premio Nazionale Gentile Da Fabriano nella sezione “Officina Marchigiana”. Che ricordo ha di quel giorno e di quel premio che ancora oggi sostiene fortemente con la sua azienda?

Grande emozione, sia perché sono fabrianese sia perché è un premio che negli anni è stato conferito a persone che hanno contribuito nei rispettivi campi alla crescita della nostra Nazione. Devo dire che sostenere questo Premio come sponsor e come membro della Giuria è per me motivo di orgoglio e credo anche che sia un aiuto per l’immagine della nostra Città, visto il suo profilo culturale di alto spessore.

La situazione del territorio, in particolare del distretto fabrianese, desta da anni forte preoccupazione. Le aziende chiudono, la mancanza di occupazione sta generando disagio sociale e non solo economico, rischiamo di perdere anche una classe dirigente, i giovani cercano sbocchi professionali altrove. Cosa non ha funzionato a Fabriano?

Fabriano ha subito, come del resto diversi distretti della comunità europea, la grossa crisi del 2008. Gli effetti della globalizzazione ci hanno messo in competizione con Paesi emergenti con un costo del lavoro molto più basso. Il territorio si è trovato di conseguenza privo di una identità industriale consolidata, aggravata da uno stato di isolamento geografico e mancanza di infrastrutture. Ne sono la prova i pochi investimenti fatti sulla tratta via treno Ancona- Roma e la statale 76 che, dopo 40 anni, non è ancora completa; senza scordare i disagi di un aeroporto che continua a funzionare in maniera discontinua.

Alle ultime elezioni amministrative della Città della Carta ha sostenuto Progetto Fabriano che ha portato poi all’elezione del sindaco Daniela Ghergo. Dopo quasi due anni di mandato, che bilancio possiamo fare di questo nuovo corso amministrativo?

Per me sostenere Progetto Fabriano è stata una esperienza nuova e direi anche emozionante. Daniela Ghergo ha messo a disposizione della Città la sua competenza e conoscenza amministrativa. In questi due anni c’è stata una radicale ristrutturazione della struttura comunale; si sono risolte diverse situazioni emergenziali legate ai servizi cittadini. Spesso viene messo in evidenza quello che non è stato fatto, ma per onestà e per una questione culturale dobbiamo anche valutare quanto di positivo è stato realizzato. Non dobbiamo infatti dimenticare la disastrosa situazione che il Sindaco si è trovato ad affrontare a inizio mandato. Oggi, dopo che sono state risolte, dal mio punto di vista, alcune criticità, possiamo guardare con serenità ad una ripartenza. Occorre sicuramente la partecipazione di tutti i cittadini e forse anche un pizzico di positività.

Nel settore attività produttive ha dato qualche consiglio agli amministratori fabrianesi soprattutto nell’ottica di un’apertura della Città verso l’esterno?

La reazione, a mio parere, dovrà passare attraverso attività culturali, potenziando le scuole e incentivando la creazione di nuove imprese tecnologiche, alimentari e turistiche. Proprio vicino Fabriano abbiamo degli esempi positivi che sono nati in maniera spontanea: nelle migliori botteghe sul territorio Italiano ho avuto modo di trovare diversi marchi di pasta artigianale provenienti da piccole industrie collegate alla Valle che va da Cerreto D’Esi a Camerino. Su Jesi Est incidono diverse software-house che collaborano su scala globale. La discussione continua verte su come incentivare ulteriormente queste iniziative spontanee all’interno di una progettualità organizzata. Un esempio di cui si è molto parlato e sul quale stiamo trovando una soluzione potrebbe essere un acceleratore o incubatore di aziende, dove i giovani sono assistiti ed incentivati ad aprire nuove attività in un contesto protetto.

Presidente, in chiusura, quale suggerimento può dare agli imprenditori che in questo momento di difficile congiuntura economica soffrono e pensano anche di chiudere le proprie aziende nel nostro territorio?

Noi siamo marchigiani, abbiamo del sangue piceno che scorre nelle nostre vene; per abitudine forti e determinati a risolvere trovando delle soluzioni. Venti anni fa le Marche erano insieme al Friuli e l’Irlanda le 3 aree che crescevano di più in Europa. Fare l’anamnesi di quella che è stata nella storia la chiave del nostro successo, sarà la risposta più adeguata alla nostra situazione. Lei per esempio ha creato una piccola ma “agguerrita” azienda di comunicazione! L’era del posto fisso che ci accompagnava per tutta la vita è ormai tramontata.

Gigliola Marinelli