Un progetto da mezzo milione di euro per i boschi del Fabrianese
Tra biodiversità, turismo e didattica, oltre mezzo milione, stanno per essere investiti nei boschi fabrianesi, il bosco di Valleremita a Fabriano e il Bosco di Valle Scappuccia a Genga e, quindi, anche nel Parco naturale regionale della Gola di Frasassi e della Rossa, polmone verde delle Marche. Il progetto si chiama S.I.L.V.A, acronimo di Sistemi Innovativi Laboratori Valorizzazione Ambientale, ricorda la parola latina usata dagli antichi romani per la foresta, pone le due aree come le pioniere di un intervento all’avanguardia di biodiversità e di maturazione sistemica del bosco, perno di buone pratiche per creare nuove consapevolezze, nuove professioni, nuovi sviluppi nell’economia del turismo e del tempo libero. L’ente Capofila è l’Unione Montana dell’Esino Frasassi e gli altri operativi che cofinanziano sono il Comune di Fabriano, Natura in movimento, Appennino Valleremita, l’Università del Camminare, la Fondazione Itinera che, da anni, nel comprensorio lavorano per diffondere bene e meglio la conoscenza del patrimonio boschivo. Coinvolto anche Reg. Coop. Soc. nella finalità sociale del progetto con l’inserimento lavorativo di soggetti appartenenti a categorie svantaggiate che le aiuterà ad acquisire un know-how specialistico spendibile nel mercato dell’economia green. La forza del progetto è anche nel supporto di due importanti partner sostenitori, le comunanze agrarie delle Tre Parrocchie e di Campodonico, Belvedere e Casali.
«Il progetto Silva – ha dichiarato nel corso della conferenza stampa di oggi (foto) – il presidente dell’Unione Montana Esino Frasassi Ugo Pesciarelli – ha una particolare valenza per tutto il territorio. Perché nel partecipare al bando Habitat 2020 della Fondazione Cariverona ci siamo presentati con tutti gli attori del territorio e quindi, con un’identità territoriale unica. Il che nel suo principio, nella sua filosofia, va a concretizzare quelle politiche che stiamo portando avanti di valorizzazione dell’ambiente e d’integrazione sociale, culturale e turistica ed economica. Questo progetto, nella sua visione – entra nel merito – mira ad attivare comportamenti, buone pratiche ed innovazioni nell’approccio al bosco e al patrimonio forestale con delle linee strategiche che tutelano l’habitat e ne fa un elemento qualificante del paesaggio e un fattore determinante per un turismo eco sostenibile. Altrettanto importante è l’azione strategica che mira alla sensibilizzazione delle nuove generazioni sulla fragilità dell’ecosistema e corsi formativi per fare crescere la consapevolezza e far maturare nuove competenze nel settore del green. Un aspetto non meno secondario è l’integrazione socioeconomica con inclusione di soggetti più svantaggiati con pratiche di agricoltura sociale. Infine, lo sviluppo di buone pratiche di ecoturismo sostenibile mettendo in risalto la tradizione la storia del monachesimo che ha segnato questo territorio alle radici della nostra identità».
Il progetto movimenta quasi 550mila euro di cui 415mila euro sono elargiti nell’ambito del prestigioso bando Habitat 2020 con cui la Fondazione Cariverona sostiene con un fondo di 5milioni “progetti sostenibili capaci di valorizzare e tutelare il patrimonio naturale con un approccio orientato alla creazione di occasioni di sviluppo per le comunità locali ed alla capacità di creare reti e collaborazioni virtuose”.
«Si tratta di uno dei 14 progetti finanziati di cui 3 nel territorio dell’anconetano – precisa Elena Capodaglio di Marchingegno, la società che ha ideato l’ambizioso progetto per l’Unione – ha saputo rispondere a questa finalità. Si tratta di un progetto di ampio respiro, che non mira soltanto ad evidenziare il bosco come una risorsa ma a favorire il ritorno ad una visione coesa delle sue tante risorse e, quindi, a far riemergere la foresta come un sistema. Ossia come era percepito una volta con cambiamenti sul piano ambientale sotto la guida dell’Università di Camerino; socio culturali con una serie di cantieri scuola, corsi, attività educative, escursioni tematiche sugli antichi mestieri del bosco, l’habitat, la natura, percorsi per il tempo libero e attività esperienziali rivolte a soggetti con disabilità. Ed anche a sviluppare un volano economico nell’area con nuove professioni, educatori collegati al green e alle buone pratiche focus del nuovo polo formativo che sarà annesso all’ex abbazia di S. Biagio in Caprile a Fabriano, creando un sistema strutturato di competenze specializzate sulla gestione delle risorse boschive». La “Cooperativa Natura in movimento” coinvolgerà il Centro di ricerca e formazione sull’outdoor education dell’Università di Bologna.
S.i.l.v.a. dà inoltre rilievo alla cultura monastica benedettina che caratterizza questo lembo di terra e appoggia una serie di itinerari eco-culturali, oltre 200 km in una decina di tappe dell’Università del Camminare che vanno a testimoniare la storia della presenza dei monaci e l’influenza delle Abbazie.
Unicam
Fondamentale è l’intervento dell’Unicam. «Dal punto di visto scientifico – spiega il prof. Andrea Catorci professore di “Ambiente e gestione sostenibile delle risorse naturali “ – introdurremo una biodiversità d’interventi. Cercheremo di dimostrare che possiamo fare silvicoltura diversa integrando per rispondere ad esigenze più moderne. Siamo ancora legati alla silvicoltura in Appennino al legno da ardere e nei progetti più audaci facciamo il cippato. Vorrei anche ricordare che la storia dell’Appennino è molto complessa. Nel 1850 avevamo un 15 % del nostro attuale patrimonio forestale. Solo una parte piccola dei nostri boschi ha superato 150 anni. Il che significa che nel mondo degli alberi è un irrequieto adolescente con tutti i problemi dell’adolescenza e si traduce con una povertà faunistica estrema. Infine, oggi siamo molto attenti alle questioni dell’emissione di carbonio e giustamente vediamo nelle nostre foreste una risorsa importante. Il problema è che non è possibile procedere a tagli ogni 20 anni, rimette in circolazione l’anidride carbonica di cui il suolo è il vero depositario. Pertanto, dobbiamo dare al bosco una funzione che si adatti al Terzo Millennio. Qui, vogliamo sperimentare una cura di invecchiamento, un progetto di maturazione sistemica e siamo i primi in Appenino. Nel nostro futuro, purtroppo, gli alberi non si riprodurranno con l’efficacia che conosciamo e non cresceremo come siamo abituati a vederli crescere. In queste due aree sperimentali invecchieremo i boschi portando il legno al bosco non togliendolo. Implementare l’ecosistema significa implementare la sua capacità di resilienza ai cambiamenti climatici portando anche api, insetti».