SP 16 chiusa, entroterra isolato, la rabbia del sindacato

La presa di posizione della Fiom Cgil

Sassoferrato – Si vivono, da oltre un decennio, processi di desertificazione industriale e spopolamento dell’area montana della provincia di Ancona, sentiamo continue promesse su come si possano incentivare le aziende importanti a rimanere e ad investire sul fabrianese, viviamo complesse, durissime e costose vertenze di cui le persone si fanno carico per provare a salvare il proprio posto di lavoro e restituire un futuro dignitoso ai propri figli, poi i fatti vanno sempre ed immancabilmente nella direzione opposta.

La chiusura della SP16 che collega Sassoferrato a Fabriano, ci riporta ad una condizione di completa mancanza capacità di pianificazione, all’interno delle esigenze del territorio. Si è isolata completamente un’area industriale, come la Berbentina, dove lavorano importanti aziende che contribuiscono alla ricchezza del territorio e del Paese, con milioni di euro di fatturato quotidiano. Per diversi mesi sarà ancora più difficile raggiungere la Faber, la Sirius, l’Antonio Merloni, la Ritrama, la Diasen e tutte le loro filiere: poi quando si aprono le crisi aziendali, tutti ci spiegano che faranno di tutto per rendere il territorio attrattivo ma così si rischia invece di creare alibi per chi non aspetta il minimo pretesto per spostare produzioni in altre parti del mondo. La logistica è uno dei costi più importanti che pesano sulle produzioni, a maggior ragione nell’area fabrianese dove sono superiori in quanto zona disagiata.

Ogni giorno centinaia di mezzi pesanti di traffico nazionale ed internazionale, centinaia di macchine che trasportano oltre mille persone, raggiungono la zona esclusivamente per motivi di lavoro: i soli dipendenti delle maggiori aziende arrivano da almeno 3 province diverse, dovendo percorrere strade secondarie dove non è stato neanche ripristinato il fondo stradale nei tempi dovuti, senza illuminazione e segnaletica orizzontale, proprio durante la stagione invernale, durante la quale per diverse ore del giorno è presente ghiaccio ( si ricorda che molte aziende lavorano anche con turni notturni). Non si sarebbero potuti organizzare i lavori in un diverso periodo dell’anno? E’ noto che almeno un terzo degli infortuni mortali sul lavoro sono legati al c.d. “rischio strada” quindi le azioni di prevenzione andrebbero in direzione diametralmente opposta rispetto a quanto invece deciso. Si sono già verificati alcuni incidenti che fortunatamente non sono sfociati in tragedie, e questa è la cosa più importante; viviamo in una fase convulsa di isteria complessiva dei mercati per cui le grandi multinazionali si stanno riorganizzando con spostamenti improvvisi delle produzioni dei volumi produttivi da una parte all’altra del globo.

Un territorio che vuole sopravvivere e rilanciarsi ha bisogno di una diversa progettualità, di una pianificazione coerente con le esigenze delle persone che ci vivono e di chi ci lavora: adesso le Istituzioni mettano in campo immediatamente azioni concrete e coerenti per tamponare le emergenze che sono nate dalle scelte fatte e si finiscano al più presto i lavori di manutenzione e messa in sicurezza che comunque erano noti da anni.